“L’uomo che inventò il Natale” del regista anglo indiano Bharat Nalluri racconta la crisi esistenziale, creativa ed economica che il grande scrittore inglese affrontò dopo il successo di “Oliver Twist”. Ma se la parte biografica del film appare un po’ scontata, più vive sono le fantasie artistiche in cui l’autore del “Canto” incontra i suoi futuri personaggi, in testa l’avaro più famoso della storia della letteratura
Nel cinema contemporaneo è un fenomeno ormai abbastanza diffuso fornire – o almeno tentare di farlo – sguardi dalle più diverse angolature su grandi artisti del passato. In scia a questa tendenza si pone Dickens – l’uomo che inventò il Natale del 53enne Bharat Nalluri, nato in India ma di residenza e carriera britanniche, specialista di film d’azione – ha portato sullo schermo Spooks, fortunata serie tv inglese sul terrorismo – e autore di un documentario sullo tsunami asiatico del 2006: qui il celebre scrittore inglese, terminato l’american tour, torna alla nativa Inghilterra e alla sua crisi esistenziale/creativa/economica.
Nonostante l’idea di fondo non sia da sottovalutare, la resa finale soffre di alcune lacune, che riguardano diversi aspetti: una generale carenza di coerenza grammaticale dell’immagine, una drammaturgia lacunosa (a tratti anche frettolosa e/o confusionaria) e una diffusa tendenza a inseguire determinati cliché narrativi. Ad esempio la presenza dello scrittore in crisi (interpretato da Dan Stevens, già star televisiva delle prime tre stagioni di Downton Abbey nel ruolo di Matthew, il sensibile erede dei Crowley, e protagonista con Emma Watson del recente live action targato Disney di La bella e la bestia) che improvvisamente trova l’ispirazione, caratterizzazione che rischia di essere l’ennesima mistificazione circa l’arte (o il mestiere, che dir si voglia) di scrivere.
Comunque bisogna dire che se la parte biografica e “familiare” (nonostante la presenza di Jonathan Pryce nel ruolo del padre) non esce mai dal professionale bozzetto d’epoca, il momento migliore del film inizia con l’apparizione dei personaggi che andranno ad abitare il Canto di Natale di Dickens – gran best-seller a fine pellicola – incarnando materialmente una sorta di effetto musa e andando a sintetizzare lo stile dell’autore di Oliver Twist, che mescola la bellezza dell’immaginazione con la crudezza del mondo reale. In questo senso a risollevare il morale dello spettatore e dello scrittore è soprattutto l’eterno Christopher Plummer nei panni dell’avaro poi redento Ebenezer Scrooge, fantasma che appare nella fantasia dell’autore, ma in realtà il personaggio più tangibile dell’intera pellicola.
In sostanza quest’opera di Nalluri, forse più adeguata a un target televisivo che cinematografico, è un film che si pone buoni propositi – tra cui fare cenno con una certa solerzia alle problematiche sociali che sono al centro della produzione letteraria dello scrittore – ma alla fine dei conti strizza l’occhio più al piccolo che al grande schermo. Dickens – L’uomo che inventò il Natale è evanescente come polvere di fata: appena lo sfiori, svanisce.
Dickens-L’uomo che inventò il Natale, di Bharat Nalluri con Dan Stevens, Christopher Plummer, Jonathan Pryce, Simon Callow, Miriam Margolyes, Donald Sumpter, Cosimo Fusco, Bill Paterson, Annette Badland, Morfydd Clark, Justine Edwards, Ger Ryan, Eddie Jackson