“Appuntamento con l’Artista”, il progetto di residenza ideato da Paolo Palmieri e Maria Antonietta Collu per gli spazi di Palmieri Contemporary a Celle Ligura, torna per la sua sesta edizione con la mostra conclusiva di Ermanno Brosio e Reto Pulfer, gli artisti invitati per questa edizione a cura di Antonio Grulli. Aperta fino al 6 giugno 2025, la conclusione di questa residenza diventerà, come nelle precedenti edizioni, una pubblicazione che raccoglie le conversazioni tra tutte le figure coinvolte nel progetto e una selezione di scatti realizzati da Marcello Campora.
Da qualche anno ormai, il collezionista e gallerista Paolo Palmieri ospita nella sua casa a Celle Ligure artisti internazionali e non tramite residenze della durata di circa due mesi. Questo intensivo periodo di ricerca, lavoro e interazione con il territorio, culmina in una mostra che intende dare una restituzione tangibile delle attività e opere realizzate dagli artisti nelle settimane precedenti.
L’ultima mostra, inaugurata il 6 dicembre e visitabile fino al 6 giugno, è frutto della residenza di due artisti che, anche se figli di diversi percorsi e generazioni, hanno una grande complicità. Ermanno Brosio (Rivoli, 1995) e Reto Pulfer (Berna, 1981) utilizzano come medium privilegiato quello dei tessuti. Nonostante il materiale possa svilupparsi in molteplici campi di utilizzo, entrambi gli artisti lo esplorano in modo prettamente pittorico.
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tecnica mista, 193 x 197 cm
Pulfer, artista internazionalmente riconosciuto, crea tramite i tessuti degli ambienti immersivi, in cui ci si può perdere, nascondere o assistere ad atti performativi. Ricordano le tende che i bambini costruiscono nel mezzo della loro cameretta in cui leggere o giocare inosservati dagli adulti, ma anche le tende degli sfollati di guerra, di intere famiglie che lottano per la sopravvivenza, di chi non ha nulla con cui ripararsi e un panno diventa l’unico scudo contro un mondo di atrocità e dolori. I tessuti di Pulfer non sono mai neutri, sono sempre dipinti, strappati e ricuciti tra loro andando a creare forme inedite, rattoppati con stoffe, scritte, ornati di fili intrecciati o tinti con pigmenti in modo apparentemente casuale.
Brosio, giovane artista, si forma come pittore all’Accademia di Belle Arti di Brera. L’influenza della sua educazione, nonostante a prima vista possa apparire poco evidente, è molto forte. La maggior parte dei suoi lavori costruiti con tessuti, indumenti, toppe e oggetti applicati, danno vita a superfici ibride spesso tese a un telaio che vanno a sostituire la canonica tela sulla quale solitamente si dipinge a olio. Alle composizioni più essenziali dove gli indumenti vestiari recuperati rimangono pressoché intatti o quantomeno riconoscibili, si affiancano opere nelle quali è impossibile scorgere la provenienza dei materiali utilizzati, modificati in modo talmente drastico, spesso anche pittoricamente, da diventare un prodotto molto distante dall’origine del capo.
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Entrando nella sala dell’abitazione ligure dove è disposta la mostra, ci viene proposta un’esposizione di pittura dove non c’è pittura. O forse c’è, è solo intrinseca ad altro.
La stessa sala in cui sono allestite le opere è il luogo in cui gli artisti hanno in grande parte lavorato. Sbirciando da ogni finestra dello spazio è visibile il mare, una distesa bluastra raggiungibile in pochi minuti tramite una scorciatoia segreta che unisce direttamente l’abitazione alla spiaggia più vicina. Il legame con il territorio nei lavori realizzati è molto forte, d’altronde è difficile non lasciarsi contaminare da un contorno così suggestivo.
Le visite mattutine al mercato ortofrutticolo del paese e le passeggiate sulla spiaggia sono state parte di una routine giornaliera per gli artisti. Mangiano valangate di cachi e farinata, fanno bagni gelati nel mare invernale per poi lasciarsi asciugare dai fiochi raggi del sole novembrino.
Brosio nel corso delle sue passeggiate raccoglie materiali di scarto abbandonati da persone o spinti dalle onde sulla battigia, decidendo di affidargli il ruolo di protagonisti delle sue opere.
Lo scheletro di “Boccioni: amante dei motori, esaltatore della modernità e delle mitragliere” è ciò che resta di un ombrellone in disuso su cui l’artista è intervenuto. Ciò che resta è un’espressione calzante per descrivere le matrici delle sue opere, come la serie intitolata “Ogni avvenimento ce ne faceva desidera ancora un po’, qualcosa di più lieve, più ordinario (I, II, III)” che scaturisce da ciò che resta di vecchi tendalini. E poi i suoi lavori più pittorici, legati a un telaio, come “Stiamo retrocedendo verso Versailles” dove alla ‘tela’ fatta con ciò che resta di una vecchia camicia vengono applicate etichette, mollette e spolette vuote. In “Ogni emozione o sensazione ha i suoi trasmettitori” invece incrociamo un altro elemento caro alla pratica di Brosio che condivide con il collega Reto Pulfer: le parole. Per entrambi gli artisti la parola scritta assume un ruolo fondamentale nelle opere.
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La maggior parte dei lavori di Pulfer presenti in mostra, a parte qualcuno più ‘tradizionale’ composto da tessuti e fili, sono fumetti. I protagonisti sono per di più ortaggi, gli stessi che la mattina andava a comprare al mercato, elementi che lo hanno accompagnato e ispirato durante tutta la residenza. Questi ortaggi si confrontano su diversi argomenti, principalmente sulla vita a Celle Ligure e sulle persone che la costellano. Commentano testi che leggono e parlano del loro aspetto, sono sarcastici e molto intelligenti nella loro leggerezza.
Percorrendo gli spazi della mostra, gli stessi che per settimane sono stati vissuti dagli artisti, emerge una chiara sintonia che umanamente e artisticamente si è creata tra i due. Quest’ultima, insieme ai singoli lavori, va a formare quel punto di congiunzione fondamentale che dovrebbe avere ogni esposizione collettiva.