Direttore d’orchestra, compositore, pianista, musicologo e appassionato di computer, Elijax autore dell’EP “Disco Sinner” ci spiega perché tra Respighi e un sintetizzatore analogico non c’è una grande distanza
Quando si dice il ‘’parto dell’anima’’. Nel caso di Elia Andrea Corazza, in arte Elijax, l’anima elettronica del compositore si fonde con la sua formazione classica. La musica che il compositore ci restituisce col suo primo EP Disco Sinner ha un cuore classico pulsante e tutto il corredo sonoro del mondo dell’elettronica.
La sua composizione procede per superfetazione. Avete presente Roma in tutta la sua vetusta contemporaneità? Antiche architetture che si stagliano tra scheletri d’acciaio, colonne romane con capitelli classici come sequoie ai bordi di strade asfaltate. Sembra che l’uno non disturbi l’altro. Si tratta invece di reciproca compensazione dalla quale scaturisce una oggettiva bellezza.
Elijax è direttore d’orchestra, compositore, pianista e musicologo. I tre brani di Disco Sinner (quattro per la precisione, l’ultima traccia è sia in remix sia in extended version) hanno un’aspirazione iniziatica. Il brano che dà il titolo all’EP è una danza sensuale e un tributo alla musica disco degli anni Ottanta reinventata in chiave moderna: sintetizzatori analogici entrano in collisione con sonorità più dure caratteristiche del contemporaneo dubstep. Mea Culpa ha un’essenza contemplativa. Le melodie sono accattivanti con inattesi cambi di tempo affidati ad una batteria acustica, un solido basso elettrico, una marimba e gli immancabili sintetizzatori.
Si conclude il ciclo con la purificazione di The Perfect Trilogy. Ballabile e basato su dei pattern di voce lirica e cori in contrappunto con sintetizzatori e strumenti classici. Nella versione estesa dello stesso pezzo ci si immerge in un’atmosfera cinematografica, i tempi sono quelli della colonna sonora e il viaggio fluttua attraverso tutti i contenuti dell’EP.
Elijax da dove nasce il desiderio di dedicarsi alla musica elettronica?
La passione per la musica e il computer è nata quando ero molto piccolo, intorno ai quattro o cinque anni. La mia prima tastiera (una piccola Casio elettronica), sulla quale iniziai per gioco a suonare pezzi che sentivo alla radio, come il Rondò alla Turca di Mozart e Per Elisa di Beethoven, mi fu regalata da mio zio. Non sapevo ancora leggere la musica e mi basavo sull’orecchio per appropriarmi dei pezzi che mi affascinavano. Alla stessa età arrivò il mio primo computer, un Commodore 16 che acquistò mio padre per Natale. Imparai a scrivere sulla tastiera del C16, ben prima di andare a scuola. Dal manuale di istruzioni copiavo i programmi che poi modificavo a mio piacimento sotto lo sguardo sbigottito dei miei familiari. Alle elementari passai al C64 e divenni ben presto uno “smanettone”: scambiavo giochi con i miei compagni di scuola e programmavo io stesso delle semplici applicazioni.
Come è avvenuto il passaggio da passione a combinazione vincente?
Computer e musica sono sempre stati i miei fedeli compagni. Ultimato il liceo avrei dovuto iscrivermi al corso di Informatica all’Università. Potete immaginare lo stupore (e la preoccupazione) dei miei genitori quando gli dissi che invece mi sarei iscritto a Musicologia e agli studi di Direzione d’orchestra e di Composizione al Conservatorio. Reputo che il computer sia un mezzo necessario per fare musica. Ci offre infinite possibilità sia per ricreare delle sonorità acustiche, sia, cosa che ritengo ancora più affascinante, per cercare sonorità nuove. Internet infine ha reso il mio contatto con il pubblico immediato. Le esperienze di elettro-acustica e l’evoluzione del computer, mi permettono di lavorare su apparecchiature stabili ed efficienti, con una qualità impensabile anche solo dieci anni fa. In Disco Sinner ho usato tecnologie all’avanguardia: sintetizzatori, alcuni strumenti acustici, ma anche la voce umana. Mi rivolgo al pubblico della Rete oggi più che mai esigente e attento alla qualità sonora.
Come musicologo ha fatto importanti ricerche su Ottorino Respighi: come mai questo autore?
Mi avvicinai a Respighi tramite lo studio di Stravinskij, anch’egli grande compositore del Novecento. Entrambi lavorarono per i Ballets Russes di Djagilev, ridefinendone la musica (e la cultura) agli inizi del secolo scorso. Di Stravinskij, oltre all’immensa cura orchestrale, mi ha colpito la ricerca ritmica.
Respighi e questo EP: c’è un collegamento?
Mi appassiona capire come funzionano le cose e appropriarmi del loro meccanismo per ricrearle. Ecco perché il computer. Ecco perché studiare Respighi è stato fin da subito illuminante: quando le sue partiture vengono suonate succede qualcosa di magico. È merito della sua somma perizia di orchestratore: oltre alle ottime idee musicali, la sua padronanza degli strumenti è altissima. La migliore scuola per capire la sua orchestrazione è stata lavorare in prima persona alle edizioni e dirigerne le musiche, dopo averle scoperte negli archivi di tutto il mondo.
Il prossimo passo?
Il mio prossimo progetto elettronico prevede la rivisitazione in chiave moderna di alcuni grandi classici della tradizione musicale occidentale intrecciando sound digitale e strumenti della tradizione classica nella loro forma d’arte più nobile.
Immagine di copertina di Job Savelsberg