Fresco di Oscar per “Una donna fantastica”, il 45enne regista cileno Sebastiàn Lelio torna con un’altro film al femminile, tratto dal romanzo di Naomi Alderman e sceneggiato dalla polacca Rebecca Lenkiewicz (“Ida”). E per il suo debutto in lingua inglese sceglie un cast hollywoodiano: Ronit (Rachel Weisz), fuggita dalla famiglia a New York, torna a Londra per la morte del padre, un rigido rabbino che l’ha cancellata dalla sua vita. E lì ritrova Esti (Rachel McAdams), un amore del passato che riesplode
Un padre che muore a Londra, una figlia che torna da New York per assistere al funerale. Tutto nella norma, inizialmente. Ma le note dissonanti si sentono in realtà fin dalle prime immagini di Disobedience, il nuovo film di Sebastián Lelio, 45enne regista cileno premio Oscar per il miglior film straniero nel 2018 con il toccante Una donna fantastica, che si era già fatto notare qualche anno fa con la commedia Gloria.
Scopriamo ben presto che la figlia Ronit (Rachel Weisz) è più imbarazzata che addolorata di fronte a questa morte, tanta è la strada che ha percorso per allontanarsi da quella famiglia e da quel mondo. E la sua fuga dall’altra parte dell’oceano, dove è diventata un’apprezzata fotografa, era di quelle che non prevedevano ritorni. Quanto al padre, Rav Krushka (Anton Lesser), rabbino in una comunità di ebrei ortodossi, l’aveva semplicemente cancellata, quella figlia ribelle, e infatti lo vediamo rivolgersi ai fedeli lamentando con voce malinconica e sguardo rassegnato il fatto di non aver avuto figli, pochi istanti prima di accasciarsi al suolo e chiudere gli occhi per sempre.
Accanto a lui, quello che è diventato una sorta di figlio adottivo, Dovid (Alessandro Nivola), il più brillante dei suoi allievi, destinato a prendere il suo posto all’interno della comunità. Proprio lui decide di far sapere a Rachel della morte del padre, e proprio lui accoglie la pecorella smarrita, invitandola addirittura ad alloggiare in casa sua, insieme alla moglie Esti (Rachel McAdams). Forse il suo è solo il banale tentativo, che qualunque pastore farebbe, di mantenere unito il gregge senza lasciare indietro nessuno. O forse – ci si chiede, man mano che il film procede – dietro alcuni atti che si riveleranno sconsiderati c’è il bisogno di mettere alla prova se stessi e i propri convincimenti, nell’illusione che possa essere facile uscire vincenti nella sfida fra chi possiede la fede, e si fa forte di questo, e chi non la possiede, che agli occhi del primo appare debole e disperso, privo di una bussola morale.
Ma chi ha rinunciato alla fede dei propri avi, scegliendo la strada scomoda della disubbidienza anche nel momento in cui significa solitudine e biasimo altrui, in realtà per sopravvivere si è dovuto dare una nuova bussola e un altro sistema di valori, e da questa quotidiana scelta di coraggio ha tratto una forza che non si lascia sconfiggere. Certo, per Ronit il prezzo è stato lasciare indietro un pezzo di sé, quell’essere figlia cancellato con un fanatico tratto di penna, persino nel testamento, dal padre.
Nella sua fuga di tanti anni prima, Ronit aveva abbandonato anche Esti, la ragazza che amava e corrispondeva il suo sentimento, ma che non era riuscita a scrollarsi dalle spalle il peso delle convenzioni, dei dogmi religiosi, dalla paura del giudizio altrui. Come in ogni storia di ubbidienza e disubbidienza, c’è chi fugge e c’è chi resta, chi sceglie la libertà e chi sembra incapace di farlo. Ma sotto la cenere il fuoco spesso continua a covare, e una scintilla può forse far divampare incontrollabili incendi.
In Disobedience – che è il suo esordio in una produzione internazionale di lingua inglese – Lelio si accosta al tema della libertà e dell’essere donna facendosi aiutare da un romanzo di Naomi Alderman (il primo di questa scrittrice, diventata famosa grazie al più recente Ragazze elettriche) e dalla sceneggiatura della polacca Rebecca Lenkiewicz, già autrice del notevole Ida. Il risultato è un film molto interessante, capace di raccontare con precisione l’atmosfera soffocante di una comunità religiosa che predica la tolleranza e il libero arbitrio ma si rinchiude in una tetra litania di riti del tutto impermeabili alle esigenze del singolo individuo. Anche se il punto vero, in questo film dalla messa in scena assolutamente controllata, ma non per questo refrattaria alle emozioni, è l’universale quesito relativo a quanto di noi, delle nostre scelte, dunque della nostra vita, sia davvero libero dal peso paralizzante del giudizio altrui. Un peso che tutti sono destinati a sentire, sia quelli che restano, sia quelli che fuggono.
Disobedience di Sebastián Lelio, con Rachel Weisz, Rachel McAdams, Alessandro Nivola, Cara Horgan, Mark Stobbart, Anton Lesser