Lo scozzese di origini italiane Armando Iannucci firma un nuova versione della straordinaria vita del personaggio creato da Charles Dickens. Ma nel descrivere le crudeli leggi del capitalismo inglese ottocentesco si fa strada uno humour trascinante. E grazie a un cast che sovverte la verosimiglianza storica prende corpo uno spettacolo assai godibile, realistico e immaginario insieme
Nella plumbea Inghilterra di metà Ottocento, dominata dalle feroci leggi della rivoluzione industriale, David Copperfield, che torna ora in una nuova versione cinematografica firmata da Armando Iannucci, nasce senza padre, affidato alle amorevoli cure di un’accogliente governante e di una madre troppo fragile, che infatti si fa venire la pessima idea di convolare a (in)giuste nozze con il crudele signor Murdstone. Il losco figuro si installa a casa Copperfield con l’arroganza di un generale alla conquista di un paese nemico, pronto a tutto pur di trasformarlo in una docile colonia. Il piccolo David disgraziatamente non riesce in alcun modo a farsi benvolere dal patrigno e, dopo l’ennesimo atto di ribellione, viene allontanato da casa e mandato a lavorare in una terrificante fabbrica di bottiglie.
Scaraventato in mezzo alla plebe londinese, costretto a vivere in una casa miserabile e a sopportare ristrettezze e soprusi di ogni genere, il giovane protagonista si salva, cresce e progredisce grazie al suo spirito stoico e al suo buon cuore, a una buona dose di immaginazione e ogni tanto anche a qualche colpo di fortuna. Il tutto portandosi sempre appresso un piccolo scrigno che custodisce tanti pezzetti di carta, ai quali fin da piccolo ha affidato disegni e parole, frasi e battute che ha rubato al mondo. Il suo unico e prezioso patrimonio personale, finché non sarà in grado di raccontare in prima persona, sul palcoscenico di un teatro, la sua straordinaria vicenda umana e intellettuale.
Per chi è stato bambino qualche decennio fa il classico di Charles Dickens era una sorta di lettura obbligata, quindi molti ricorderanno che David Copperfield è una sorta di controfigura del suo autore. In questo romanzo uscito a puntate tra il 1849 e il 1850 lo scrittore inglese, ormai ricco e famoso, trasfigura la sua infanzia e prima giovinezza: il padre incarcerato per debiti e lui costretto a lavorare in condizioni di semi-schiavitù in una fabbrica di lucido da scarpe. Dickens racconta con mirabile sincerità gli enormi costi umani dello sviluppo industriale europeo, riuscendo nonostante tutto a infondere ottimismo e speranza nel lettore. Perché David è l’eroe che resiste a tutto e non si arrende mai, e soprattutto non smette mai di guardare il mondo con acuta intelligenza e irresistibile ironia.
In mano all’ottimo Iannucci (scozzese di origini napoletane) questo magnifico romanzo ottocentesco, che stavolta arriva sullo schermo come La vita straordinaria di David Copperfield, riprende nuova vita e si dimostra perfettamente adatto a raccontare anche il nostro presente, tra vecchie e nuove schiavitù, incessanti migrazioni e miserie globalizzate. Il regista si è imposto grazie allo humour surreale di Morto Stalin se ne fa un altro e alla perfida ironia della serie Veep – Vicepresidente incompetente, e per questo adattamento sceglie di puntare sulla dimensione politica del racconto ma anche e soprattutto sulla vis comica, che percorre e innerva tutto il film trascinandoci in una sorta di grande cavalcata, a tratti angosciante ma più spesso buffa, e sempre trascinante.
Se il risultato è eccellente, molto dipende anche dal cast, che allinea una fitta schiera di attori straordinari: da Dev Patel a Peter Capaldi, da Hugh Laurie a Tilda Swinton. Con un’ultima indispensabile avvertenza: Iannucci ha deciso di applicare con radicale disinvoltura il principio del color-conscious casting, coinvolgendo attori di tutte le origini e assegnando i ruoli senza rispettare le nostre tradizionali abitudini mentali (e in gran parte anche la realtà storica). Il primo impatto, inutile negarlo, è piuttosto spiazzante, perché David Copperfield non ce lo siamo immaginato proprio mai con la pelle scura dell’attore di origini indiane Dev Patel. E ci sembra inevitabilmente strano, di primo acchito, che la madre ricchissima e snob del nobile e bianchissimo Steerfort, compagno di disavventure scolastiche del protagonista, abbia il volto della nigeriana Nikki Amuka-Bird.
Ma basta poco, il tempo di rilassarsi e lasciarsi trascinare dentro questa lanterna magica capace di produrre uno spettacolo assolutamente realistico e al tempo stesso del tutto immaginario. Da cui si esce storditi e incantati, e pieni di inguaribile ottimismo. Perché forse altre regole del gioco sono possibili, anche nella grande (e cinica) industria dell’entertainment.
La vita straordinaria di David Copperfield di Armando Iannucci, con Dev Patel, Hugh Laurie, Tilda Swinton, Aneurin Barnard, Benedict Wong, Rosalind Eleazar, Peter Capaldi, Gwendoline Christie, Ben Whishaw, Nikki Amuka-Bird