“Bad Roads” dell’esordiente (alla regia di un film) drammaturga ucraina Natalya Vorozbyt, racconta quattro episodi collocati nella guerra “a bassa intensità” degli scorsi anni al confine tra la Russia e il suo paese. Dove come sempre le prime vittime di violenza e sopraffazione sono le donne. Tratta da una piéce in scena dal 2017 in vari teatri europei, la sua impressionante versione per immagini è stata premiata alla Mostra di Venezia 2020. Prima di correre per l’Oscar al miglior film straniero
Sono ancora e sempre le donne le prime vittime delle guerre, anche se, come
accade oggi in Ucraina, sono soprattutto gli uomini a combatterle. Oggetto di
violenze dall’una e dall’altra parte, come lo sono state per anni, per secoli.
Subiscono torture, umiliazioni e Il loro corpo diventa lo strumento, il principale
veicolo della loro oppressione. Lo conferma ancora una volta un’opera prima
diretta da una donna, Natalіja Vorožbyt, nata a Kiev: si intitola Bad Roads – Le
strade del Donbass: nel settembre del 2020 era alla Settimana della Critica delle
Mostra di Venezia, dove fu premiato, e l’anno dopo ha rappresentato il suo paese alla competizione per l’Oscar al miglior film straniero.
La guerra del Donbass di cui si parla, che nel racconto è lo sfondo di quattro distinti
episodi, all’apparenza tra loro non collegati direttamente, era, come si diceva
ipocritamente negli anni scorsi, “a bassa intensità”. La Russia non aveva ancora
invaso e bombardato le città e le campagne del paese facendo strage di civili e
bambini, e dopo il conflitto del 2014, concluso da un trattato di dubbia
applicazione, gli scontri fra i ribelli filorussi della parte orientale del paese e
l’esercito regolare di Kiev erano sporadici. Ma non per questo risultavano meno
evidenti i segni della violenza e dell’odio reciproco, sempre più affioranti nelle
relazioni tra le diverse parti della società.
Il film nasce da una piece teatrale della stessa autrice, oggi 37enne (drammaturga
prima di tutto, almeno finora), in scena dal 2017 al Royal Court Theatre di Londra
che tre anni prima ne aveva allestita un’altra, mentre già nel 2009 la Royal
Shakespeare Company ne mise in scena una terza. Oggi Bad Roads è uno
spettacolo che si può vedere in molte capitali europee, da Londra a Parigi. Al
cinema gli episodi raccontati sono passati da 6 a 4 e soprattutto sconvolge quello
centrale, senza dubbio il più potente, in cui una giornalista viene sequestrata da
una pattuglia di uomini in divisa, ribelli filo-russi probabilmente, ma non è poi così
importante l’appartenenza, essendo chiaro il messaggio universalistico del
racconto, che in qualche modo travalica anche la localizzazione del conflitto, in
termini geografici e culturali.
Yulija (Maryna Klimova, attrice straordinaria e quasi
esordiente, come molti interpreti nel film) viene sottoposta in un bagno sudicio e
devastato oltre ogni limite a sevizie quasi intollerabili anche per lo spettatore,
mostrate con una regia apparentemente fredda, implacabile, teatrale quasi, ma che
in realtà rende plasticamente palpabile la disumanità di questi uomini narcisisti e
sadici, che godono della sofferenza di corpi inermi e ancor più dell’esercizio di un
potere incontrastabile, da piccoli caporali. Bad Roads ci mostra tutto questo con
l’inevitabile brutalità delle immagini, mitigate in alcuni momenti da accenni di
pudore, perfino da una sorta di lirismo, fino a ritrovare la sua spietata oggettività
nella vendetta finale della donna, liberatoria per lei e per chi vede, ma ovviamente
non meno violenta.
Gli altri tre episodi, in cui si mescolano intenzioni drammatiche e momenti pure
ironici, spaziano da uno scontro, duro ma solo verbale, a un posto di blocco tra un
gruppo di militari e un preside ubriaco, al confronto tra tre ragazze che si
raccontano le relazioni orribili con i loro “fidanzati”, orribili e fantomatici, fino al finale in cui s’incontrano una coppia di contadini dai probabili istinti omicidi e una
signora assai più ricca che ha investito una loro gallina e vorrebbe ripagarli. E nelle strade del Donbass che fanno da sfondo al film (e al suo titolo italiano) ci si può
imbattere nelle diverse risposte, nelle azioni più o meno disperate con cui le
persone sopravvivono al caos della guerra; perché lì, già più di qualche anno fa, non
c’erano e non ci sono spazi sicuri, e nessuno può dare un senso a ciò che sta
accadendo. Così la forte dimensione quotidiana del film, una quotidianità
mostruosamente sconvolta dalla guerra, è chiaro, permette di mostrare la banalità
del male nella sua forma più reale e al tempo stesso anche “storica”.
“Con Bad Roads voglio spaventare coloro che pensano che questa guerra sia
molto lontana da loro e non li riguardi. La guerra è vicina, non sei mai pronto”,
diceva la regista presentando due anni fa il film a Venezia. Quando l’Europa
dell’Ucraina non se ne occupava, non capendo i segnali più che preoccupanti che
venivano da quelle parti. L’invasione del 24 febbraio scorso ha interrotto le riprese
del suo secondo film da cineasta, Demons, anche quello incentrato sulla relazione
tra Russia e Ucraina. Di recente, sui social media, con grande intelligenza Natalia
Vorozbyt ha commentato: “Speravo che questo mio film avesse valore solo come
riflesso del passato. Non mi dà alcuna soddisfazione la sua rilevanza in questo
momento”.
Bad Roads – Le strade del Donbass, di Natalia Vorozbyt, con Maryna Klimova, Yuri Kulinich, Igor Koltovskyy, Andrey Leliukh, Anna Zhurakovskaja, Yuliya Matrosova, Sergei Solovyov, Oskana Voronina, Zoya Baranovskaya