Expo chiude, supera i 20 milioni di visitatori, resta la domanda: cosa fare del sito, mentre c’è polemica sullo smantellamento e sui costi di bonifica. Un giro di opinioni tra esponenti della cultura milanese
Chiuso, finito. I cancelli chiuderanno definitivamente stasera, 31 ottobre, Exp02015 dopo la cerimonia di chiusura (qui i dettagli e qui il sondaggio tra i visitatori ) e rilanceranno la domanda, senza più possibilità di rinvio, sul futuro dell’area. E dopo Expo? Cosa fare dell’immenso sito che ha ospitato i padiglioni dell’esposizione? Se il commissario Giuseppe Sala ha assicurato che Palazzo Italia, Padiglione zero e Albero della vita riapriranno in primavera, già sullo stesso smontaggio dei padiglioni (a chi tocca, quanto costa, che fine faranno a parte quelli che i paesi si riprendono o per i quali è già prevista una second life) si registrano molte incertezze (qui si racconta come non si sappia neanche chi porterà via le scrivanie), mentre i costi di bonifica paiono lievitare (qui si dà conto della polemica tra Arexpo ed Expo su chi pagherà la differenza tra i 6 milioni a bilancio e i 72 ai quali si è arrivati). E siamo solo al primo passaggio, mentre resta aperto tutto il tema dell’eredità immateriale di Expo e del lavoro fatto sulle grandi e globali questioni della nutrizione e dello spreco e si rincorrono le ipotesi di utilizzo dell’area: campus universitario, cittadella dell’innovazione, polo di ricerca sui temi di Expo, il Corriere della Sera ha lanciato una sfida di idee ai lettori. Insomma da qualunque verso la si pigli (qui l’inchiesta di Macao e Robin Hood sul lavoro dentro il sito), la chiusura dei cancelli apre una delicatissima fase per il sito di Expo. Per conto nostro abbiamo lanciato la domanda sul suo futuro ad alcuni operatori della cultura e dello spettacolo della nostra città: ecco le loro risposte, in un ventaglio variegato non solo di opzioni e idee, ma anche di opinioni sull’Esposizione universale.
Pensando a Milano e all’interesse dei milanesi, quale sarebbe secondo lei la migliore destinazione d’uso per l’area di Expo, dopo la sua chiusura?
1)Dobbiamo partire dalla considerazione che l’area di Expo è un luogo da cui sono passate negli ultimi mesi 20 milioni di persone e su cui si sono concentrate energie costruttive e progettuali molto significative che non possono essere dimenticate. La presenza di migliaia di nuovi alberi, il corso d’acqua, il tracciato esistente, il cablaggio evoluto, la permanenza di alcune strutture espositive lo rendono un frammento di città pronto ad essere integrato all’esistente. Questa area deve diventare una cerniera urbana fondamentale nel processo di costruzione del territorio metropolitano della Grande Milano. L’obiettivo sarà quello di lavorare sui margini per passare dal concetto di sito chiuso a frammento aperto di città, dando forza alla dimensione pubblica e comunitaria di questa area. Cercare oggi una funzione dominante credo sarebbe un errore perchè la realtà è molto più complessa e fluida, ma la necessità di considerare questa area come un “bene comune”, un patrimonio collettivo su cui caricare funzioni variate come centri di ricerca pubblici e privati, spazi per start-up e innovazione, luoghi per il tempo libero e la qualità della vita, oltre che residenze speciali (studenti, giovani famiglie, anziani ma tenuti insieme e non separati in isole specifiche), centri per il commercio evoluto, potrebbe dare ricchezza a un luogo che deve crescere nel tempo come un altro, nuovo frammento di quella grande metropoli che è la Milano d’oggi. (Luca Molinari, curatore e critico, professore Storia dell’Architettura Contemporanea Seconda università degli studi di Napoli)
2)Per favore, non ci facciano un teatro: le risorse economiche pubbliche sono state determinanti per il grande successo di Expo, ma quelle attuali a disposizione non sono sufficienti neppure per strutture esistenti, come l’Elfo – struttura di straordinario rilievo artistico e forte impatto sulla vita culturale in città – che sta rischiando la sua esistenza per il taglio dei finanziamenti degli spettacoli dal vivo. Lo abbiamo detto anche presentando la nostra stagione. (Elio De Capitani, Teatro Elfo Puccini)
3)Io sono un editore, lavoro nell’ambito della cultura, quindi quello che mi sento di auspicare e di immaginare è un riutilizzo, appunto, culturale del luogo. Mi piacerebbe vedere, per esempio, una bella e grande biblioteca. Nel 2000, con Antonio Padoa Schioppa e altri, abbiamo fondato l’associazione “Milano Biblioteca del 2000” per supportare il progetto, nato negli anni novanta su un’idea proprio di Antonio, della realizzazione di una grande nuova biblioteca moderna, anche digitale per la città di Milano. Una biblioteca che fosse all’altezza delle esigenze di una città con un’area metropolitana di 7milioni di persone e che vuole (e deve) poter competere con gli altri grandi centri metropolitani d’Europa e del mondo. Lo spazio individuato per questo nuoco centro culturale era l’ex stazione ferroviaria di Porta Vittoria. Nel corso del tempo, purtroppo, il progetto è stato drasticamente limitato e ridotto per questioni principalmente economiche rispetto allo studio di pre-fattibilità del 1998. Ora, si potrebbe riprendere in mano questa idea e realizzarla nello spazio dell’area Expo: sarebbe un luogo facilmente raggiungibile con il passante e la metro dal centro cittadino e sarebbe un buon luogo di aggregazione culturale per i ragazzi, in una di quelle che potrebbe essere una delle migliori biblioteche d’Europa; attorno alla quale potrebbero svilupparsi una serie di attività collaterali legate ai più svariati ambiti culturali, non solo quelli strettamente relativi al libro. (Rosellina Archinto, editrice)
4)Una cittadella universitaria dove accogliere le facoltà scientifiche, ora nei vecchi edifici di Città Studi, creando con il nuovo centro universitario del vicino quartiere Bovisa un polo veramente unico. Per questo motivo mi piace anche la proposta di Assolombarda di affiancare anche una cittadella dell’innovazione, con aziende e imprese, anche start up, votate alla ricerca che bene devono integrarsi con il tessuto universitario. Ovviamente il tutto corredato da case per studenti e professori e da un grande parco. Il mio sogno è una pista ciclabile che colleghi le due poli universitari Rho e Bovisa per arrivare fino al centro di Milano. E’ possibile, lo so perché abito in Bovisa. (Stefano Losurdo Segretario AGIS Unione Regionale della Lombardia)
5)Secondo me, anche sulla base dell’esperienza che ho accumulato come presidente dell’Accademia di Brera, un utilizzo consono dell’area sarebbe nell’ambito dell’edilizia universitaria, soprattutto residenziale. Magari anche affidandosi a privati (perché per loro sarebbe comunque un affare), purché costruiscano quelli che un tempo si chiamavano pensionati, da affittare a prezzi più bassi rispetto a quelli scandalosi che oggi gli studenti sono costretti a pagare. (Gabriele Mazzotta, Edizioni Gabriele Mazzotta, presidente della Cineteca di Milano)
6)Expo ha fatto conoscere ai milanesi la stazione di Rho, il passante ferroviario, una metropolitana efficiente. Sarebbe un peccato perdere l’abitudine a tutto questo. D’altra parte un solo progetto difficilmente potrà occupare tutti gli spazi che rimarranno liberi. Mi auguro che una cordata di aziende, attività e promotori culturali possano usufruire di una zona di Milano diventata ormai una meta che si raggiunge volentieri. Magari tutto all’insegna di una promozione permanente delle eccellenze italiane nel campo della moda, dell’arte, dello spettacolo, della tradizione alimentare, del turismo. Un vero e proprio Parco a tema e il tema potrebbe essere: l’Italia e gli italiani. (Maurizio Nichetti regista, produttore, direttore artistico della sede milanese della Scuola Nazionale di cinema)
7)Direi di abbatterla e portarla a verde pubblico attrezzato alla luce delle tante esigenze per i bambini, gli adolescenti, gli anziani che una città mal governata, soprattutto da questa ultima giunta, non ha saputo realizzare troppo presa dalla cementificazione imperante in questo paese. Penso che Expo sia stato qualcosa di brutto e inutile sia nella lunghissima e imbarazzante fase di preparazione, che nella redazione dei bandi che spesso avevano dei “paletti” a favore delle multinazionali, sia in quella di apertura di questi mesi: una specie di enorme “festa della salsiccia” a prezzi carissimi di cui non si sentiva alcuna necessità e che ha messo in ginocchio tanti imprenditori che hanno creduto alla favola dell’indotto facendo investimenti seri mal ripagati, anzi spesso penalizzati dalla sconcertante scorrettezza dell’apertura serale a 5 euro. Insomma un enorme contenitore senza sostanza con grande spazio a troppe multinazionali: non credo che da una “bruttura” mal gestita, frutto di innumerevoli sprechi e utilizzi impropri possa nascere nulla di buono, a meno di un cambio radicale e reale di attitudine e destinazione, con la sola eccezione di Cascina Triulza il cui futuro spero sia lucente e positivo. L’arena per i concerti mi pare sia poco funzionale e poco confortevole; la nostra associazione di categoria Assomusica aveva offerto consulenza gratuita per evitare i soliti errori delle istituzioni quando si avvicinano al mondo della musica dal vivo, ma questa offerta non è mai stata neanche presa in considerazione. Non regge nemmeno il fatto che l’area Expo sia servita da metropolitana e treni, perchè a forza di portare fuori dalla città le cose belle alla fine ci troveremo Milano vuota e “finta”. (Claudio Trotta, titolare di Barley arts, agenzia di concerti ed eventi live)
8)Anche alla luce delle sollecitazioni che da più parti sono arrivate, credo che l’area Expo debba essere trasformata in una “cittadella della gioventù” che si sviluppi sui tre fronti: istruzione, cultura, sport. L’idea potrebbe essere quella di creare un polo dedicato alla ricerca e all’innovazione, sviluppando un progetto che coinvolga le diverse Università presenti sul territorio. Questo dovrebbe essere integrato con la creazione da un lato di un’area dedicata ad impianti ed associazioni sportive, dall’altro di un polo dedicato alla cultura e allo spettacolo di qualità, scommettendo dunque sulla decentralizzazione dell’offerta culturale. Questa scommessa può essere vinta soltanto se il progetto si basa sulla qualità e sull’eccellenza dell’offerta, nella logica di consentire all’area di vivere per l’intera settimana e di non essere soltanto un luogo di passaggio. Sono convinto che un progetto di questo tipo potrebbe dare continuità a quanto finora fatto a Milano, alimentando il processo che in questi anni ha reso la città capitale italiana della modernità. (Lionello Cerri, produttore, amministratore delegato Anteo Spa)
9)Mai vista tanta gente a Milano come in questi mesi: inserendo il discorso del successo di Expo nel contesto del turismo e della valorizzazione del patrimonio artistico-culturale di tutta Italia bisognerebbe trasformare l’area in questione in un polo in cui si incrementano le attività legate allo sviluppo turistico. Il turismo in Italia va già abbastanza bene, ma sicuramente è poco organizzato rispetto ai grandi valori artistici mobili e immobili, alle manifestazioni teatrali, musicali eccetera. Giuseppe Sala aveva accennato al fatto che il turismo è una delle chiavi del possibile sviluppo dell’economia italiana; a maggior ragione quindi si dovrebbe studiare il sistema di trasformare l’area Expo in un polo atto a dare un’organizzazione più sistematica e più coerente al complesso delle offerte turistiche di tutto il territorio italiano, anche per quanto riguarda la promozione su Internet, che così com’è è piuttosto frammentaria. Gli stand regionali sono perfetti per dare risalto ai beni locali, anche se poi deve esserci una corrispondenza tra promozione e accessibilità e tutela, dato che alcuni dei luoghi con maggiore potenziale lasciano meravigliati per la sporcizia e lo squallore in cui sono abbandonati. L’utilizzo che ho suggerito per l’area Expo può valere anche per gli altri paesi ospitati, che vi potrebbero trovare un’area di riferimento per l’autopromozione. Non bisogna dimenticare infine che uno dei temi portanti di Expo doveva essere quello della sostenibilità ambientale, quindi anche lo studio strategico dello sviluppo del turismo dovrebbe essere coerente con il discorso della sostenibilità, promuovendo una forma di turismo più moderna, equilibrata, e soprattutto meno piratesca, arrogante e dannosa. (Renato Sarti, Teatro della Cooperativa)
Foto © Alessandra Lanza