Due ore di suspense nella escape room del super-malvagio Hugh Grant

In Cinema

Scott Beck e Bryan Woods, efficaci registi sceneggiatori in coppia, hanno realizzato “Heretic”, che porta in primo piano l’attore inglese stavolta non in un ruolo leggero. Anzi, in un horror dalla tensione progressiva, che pur in gran parte senza elementi davvero spaventosi riesce con uno script efficace e senza cali a tenere in ansia lo spettatore. Partecipe della sorte di due missionarie che finiscono sequestrate nella magione sinistra di un prototipo della banalità del male, che delira di teologia

Può un film, più o meno horror, riuscire a tenere incollati alla poltrona per due ore senza mostrare alcun elemento spaventoso o quasi? La storia del cinema dice di sì, dai thriller psicologici di hitchcockiana memoria, in cui obiettivamente succedeva ben poco, a capolavori come The Others di Amenábar. Si aggiunge con merito alla lista Heretic, escape room cervellotica con una spruzzata di atmosfere sovrannaturali, ma soprattutto con una solida scrittura, capace di mantenere un clima di tensione costante per tutta la durata della proiezione. Impresa tutt’altro che semplice, considerato che almeno la prima metà del film si sviluppa quasi come una pièce teatrale, in cui si parla tanto (e bene) e si fa poco o nulla. Merito sicuramente in buona parte di trama e dialoghi ben scritti e ben tradotti su pellicola dalla coppia di sceneggiatori e registi Scott Beck e Bryan Woods, già autori dello script del primo A Quiet Place, ed esperti di film di paura a budget relativamente ridotto. Merito anche di una casa produttrice che, per quanto indipendente, è ormai garanzia di sicuro successo: la newyorkese A24, capace in passato di sfornare ottimi prodotti come i pluripremiati Everything Everywhere All at Once (sette Oscar tra cui miglior film) e Moonlight (tre Oscar, anche lui miglior film), o il più recente e dirompente Civil War.

Ma questa nuova incursione nel terrore da parte di Beck, Woods e soci, ha soprattutto il faccione inquietante di un Hugh Grant invecchiato ad arte e quasi all’esordio in un ruolo da cattivo, anzi cattivissimo. Sì, perché un conto è maltrattare gli orsacchiotti in CGI nella celebre serie british Paddington, un altro è vestire i rassicuranti panni della banalità del male. Maglioncino a scacchi, occhialoni da vista e sorrisetto imperturbabile, conditi da grandi classici dell’immaginario americano come villetta di campagna, poltrone imbottite e torta di mirtilli in forno. Grant sfodera tutto il suo immutato carisma in una nuova forma, arricchendo il personaggio di fascino, sfumature e campanelli d’allarme suggeriti con furbizia e mai gridati davvero. Una prestazione capace di fruttargli la settima nomination della sua carriera come miglior attore ai Golden Globes 2025, la prima in un ruolo non comico o “leggero” sul grande schermo.

Una curiosità: le due giovani co-protagoniste Chloe East e Sophie Thatcher, che nel film interpretano le malcapitate missionarie porta a porta prigioniere del malvagio Grant, hanno entrambe un passato da mormoni, che ha permesso loro di contribuire attivamente alla scrittura del copione nella sua versione definitiva. Copione che, pur contenendo ancora qualche perdonabile strafalcione sul piano strettamente teologico, a detta dei registi ha richiesto quasi dieci anni di studi. Tempo decisamente ben speso: nonostante possa sembrare a tratti prolisso, Heretic riesce a non annoiare mai, in un gioco di bluff, bugie, provocazioni e astuzie dove niente è ciò che sembra davvero, a cominciare dall’esplorazione dei suoi soli tre personaggi e di ciò che ognuno di loro nasconde.

Anzi, forse è proprio la pressoché totale assenza di classici jump scare il vero segreto del successo di pubblico e critica ottenuto fin qui da Heretic. Laddove sarebbe lecito aspettarsi il solito slasher movie, con la casa-prigione, il maniaco di turno e le immancabili, giovanissime “regine dell’urlo”, ecco invece disquisizioni di mitologie comparate e violenza psicologica anziché fisica, a scandire una partita a scacchi verbale dal ritmo lento e costante. L’orrore, quello vero, viene fuori poco a poco senza esplodere (quasi) mai, accompagnando lo spettatore in una discesa agli inferi non soltanto metaforica, senza concedergli tregua praticamente fino agli ultimi fotogrammi, e lasciandogli, come è giusto, più domande che risposte.

Heretic di Scott Beck e Bryan Woods, con Hugh Grant, Chloe East, Sophie Thatcher, Topher Grace

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