L’ottimo debutto da regista di Christy Hall, che parte da un testo teatrale, fa dialogare nel chiuso di un’auto una giovane programmatrice diretta a casa e un 60enne driver curioso del mondo e degli esseri umani che lo circondano. Si confidano le loro esistenze così asimmetriche in un intreccio di desideri e abbagli, coraggio e paure, lucidità e stordimento. Un film che riesce a stare in bilico tra malinconia e rabbia, gentilezza, ironia, memoria. Dakota Johnson magnetica, Sean Penn impeccabile
Una giovane programmatrice di computer (Dakota Johnson) è appena sbarcata a New York, all’aeroporto JFK. Prende un taxi per tornare a casa, a Manhattan, e per caso sale proprio sull’auto di Clark (Sean Penn), tassista curioso in vena di chiacchiere. Il tragitto, già di suo tutt’altro che breve, si allunga ulteriormente a causa di un incidente che paralizza il traffico, e tra i due protagonisti si instaura un bizzarro gioco di sguardi e rispecchiamenti, in un dialogo sempre più serrato, intimo, perturbante. Un incontro che in Una notte a New York cambierà le loro vite? Probabilmente no.
Clark sembra più che soddisfatto della propria esistenza, e la racconta con un certo cinismo, mentre ricostruisce amori e matrimoni con lo sguardo acuto di un sessantenne che ancora si diverte a osservare con curiosità il mondo che lo circonda. Lei è molto più giovane, trent’anni o poco più, e deve ancora capire quale vita vuole vivere, con chi, quali strade percorrere e quali eventualmente evitare. Non sarà un tassista invadente e loquace a svelarle il senso dello stare al mondo, ma forse proprio il dialogo con uno sconosciuto può rivelarsi spazio di libertà, luogo di parole non congelate, di riflessioni finalmente inedite. Insomma, un momento di svelamento, magari crudele ma necessario.
Molto meglio dell’ennesima seduta dal proprio psicoterapeuta di fiducia. Un lungo viaggio dentro la notte newyorchese che non ha la pretesa di farsi racconto morale e tuttavia riesce a mostrare con sensibilità e precisione il continuo farsi e disfarsi dell’esistenza umana in un intreccio inestricabile di desideri e abbagli, slanci e ripiegamenti, coraggio, vigliaccheria, lucidità e stordimento.
Un testo concepito inizialmente per essere rappresentato su un palcoscenico teatrale, diventato script cinematografico mantenendo del tutto intatta la forza affilata dei dialoghi, anche attraverso la scelta di conservare il focus su due soli personaggi, scoprendo il mondo esterno – nel presente come nel passato – soltanto attraverso i loro sguardi. Christy Hall, al suo debutto dietro la macchina da presa dopo aver firmato la sceneggiatura di It Ends with Us – Siamo noi a dire basta (non esattamente un titolo di vanto!), ha girato Una notte a New York in soli 16 giorni e ha avuto a disposizione due interpreti eccellenti, capaci di sostenere con grande disinvoltura anche i momenti in cui la tensione sembra calare per lasciare il posto al puro e semplice smarrimento. Dakota Johnson è seducente e magnetica, davvero sorprendente; Sean Penn forse è più prevedibile e un pizzico gigione, ma resta comunque impeccabile.
Di suo la regista/sceneggiatrice ci ha messo la capacità di costruire un piccolo universo claustrofobico dentro l’abitacolo di un’auto, sfruttando al massimo ogni dettaglio, il più piccolo movimento, il tamburellare delle dita sul volante, la superficie riflettente dello specchietto retrovisore per allargare il gioco di campo e controcampo. Il risultato è un piccolo film capace di splendere, che ricorda Locke di Steven Knight, ovviamente, ma riesce a non far troppo rimpiangere la mirabolante capacità del film inglese di sintetizzare una vita intera in una manciata di battute. Hall non arriva a tanto ma riesce a tenersi abilmente sul crinale tra malinconia e rabbia, gentilezza, ironia e memoria.
Una notte a New York, di Christy Hall, con Dakota Johnson, Sean Penn, Marcos A. Gonzalez, Zola Lloyd