Il kolossal n. 2 tratto dal primo romanzo di Frank Herbert sull’epopea degli Atreides, è un nuovo successo del regista canadese, che fa centro dove avevano fallito in passato Jodorowsky e Lynch. Questa volta con un surplus di azione e un cast raddoppiato, che mette insieme i protagonisti del premiatissimo (sei Oscar) primo episodio (Chalamet, Zendaya, Bardem e Brolin) e i “nuovi” Skarsgard, Rampling, Seydoux, Walken e Austin Butler. In attesa del conclusivo “Il Messia di Dune”…
About time, monsieur Denis, e scusiamo il ritardo. Previsto originariamente per lo scorso 3 novembre e rimandato a causa dello sciopero di attori e sceneggiatori hollywoodiani, arriva finalmente nelle sale Dune 2, conclusione (più o meno) del mega-kolossal di fantascienza tratto dal primo romanzo della saga di Frank Herbert. Visti anche il finale in sospeso e il successo del capitolo uno, sugellato da sei statuette alla notte degli Oscar 2022, non c’è da stupirsi se gli amanti del genere aspettassero la nuova, fatidica data d’uscita come bambini sotto l’albero in un’interminabile vigilia. Attesa in larga parte ben ripagata: Dune 2 mantiene praticamente tutto ciò che Dune prometteva, e anche qualcosa in più, accontentando chi due anni fa, all’apparire dei titoli di coda, avrebbe volentieri rinunciato a un pizzico di cura dell’immagine in cambio di un supplemento d’azione.
In perfetta linea con la fonte letteraria, infatti, se il primo capitolo aveva dalla sua la spettacolarità visiva di chi ha un intero universo da apparecchiare, stavolta non ci si ferma un secondo, tra duelli, battaglie e intrighi di palazzo che faranno la gioia dei fan del fantasy modello Game of Thrones. Anche troppo, a dirla tutta: ma era difficile fare meglio di così. Forte di un’esperienza nel genere sci-fi maturata con successo tra piccole gemme come Arrival e sfide alla mitologia del cinema come Blade Runner 2049, Denis Villeneuve era chiamato probabilmente alla sua prova più difficile. Ancora una volta il regista canadese decide di restare il più fedele possibile all’opera di Herbert, da cui eredita e trasferisce su pellicola pregi e difetti, compresa una seconda metà della storia in cui succede di tutto e tutto insieme, con una svolta sempre più mistico-new age davvero dura da tradurre in immagini per un prodotto comunque destinato al grande pubblico.
Ma se davanti a un simile ostacolo si erano arenati mostri sacri come Alejandro Jodorowsky (adattamento mai realizzato) e David Lynch (insuccesso commerciale e disconosciuto dal regista stesso), Villeneuve decide invece di attraversarlo con convinzione, forte di un comparto effetti speciali più che all’altezza e di un super cast di fedelissimi pronti ad assecondare ogni scelta di direzione, compresa quella di recitare una buona parte delle due ore e mezza nell’immaginaria lingua fremen, discutendo addirittura di accenti e dialetti. Un festival della geopolitica interplanetaria in cui, ancora una volta, a far la parte del leone è tutto lo zoccolo duro della puntata precedente, confermato in blocco: il principe guerriero Paul Atreides è sempre un Timothée Chalamet dalle fattezze finalmente un po’ più adulte, Zendaya torna a vestire (con una certa aggiunta di empowerment in confronto alla versione su carta…) i panni della ribelle Chani, Javier Bardem quelli del capo indigeno Stilgar; Rebecca Ferguson è l’algida Lady Jessica, mentre il redivivo Gurney Halleck ha ancora il volto e il carisma di Josh Brolin.
È invece sul fronte degli antagonisti, sempre più nutrito, che si registrano interessanti novità: accanto agli inquietanti membri della crudele casata Harkonnen Stellan Skarsgård e Dave Bautista, e alle infide sacerdotesse Charlotte Rampling e Léa Seydoux, ecco entrare in scena anche la famiglia imperiale composta da sua maestà Christopher Walken e dalla principessa Florence Pugh. Ma l’aggiunta più interessante è senza dubbio l’introduzione del perfido alter-ego di Paul, il giovane barone Harkonnen Feyd-Rautha, a cui dà vita con grande efficacia un Austin Butler dall’aspetto e dalle movenze di un serpente velenoso pronto a colpire. Tutto intorno, ovviamente, non manca il consueto campionario di vere location spettacolari (riducendo al minimo le correzioni in CGI) e scelte di fotografia e costumi da mozzare il fiato, capaci di costruire un universo insieme perfettamente coerente, incredibilmente variegato e tutto ancora da esplorare, anche dopo gli oltre trecento minuti di proiezione tra il primo e il secondo film.
Sarà per questo che l’unica modifica significativa apportata da Villeneuve rispetto al testo originale riguarda proprio il finale: laddove il romanzo d’esordio dell’epopea Atreides era perfettamente autoconclusivo, Dune 2 opta invece ancora una volta per un ultimo “cliffhanger”, che lascia un po’ l’amaro in bocca, ma anche (come più volte dichiarato dallo stesso regista) la porta spalancata a un ulteriore capitolo. Una nuova scommessa sul risultato al botteghino, dunque, che deluderà quella fetta di pubblico già pronta a godersi il classico happy ending del viaggio dell’eroe in stile Guerre Stellari. Per tutti gli altri, appuntamento ancora una volta rimandato alla trasposizione de Il Messia di Dune, seguito ancora più intricato della vicenda e, nei piani del regista, conclusione ideale della saga sul grande schermo.
Dune 2, di Denis Villeneuve, con Timothée Chalamet, Zendaya, Javier Bardem, Rebecca Ferguson, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Charlotte Rampling, Léa Seydoux, Christopher Walken, Florence Pugh, Austin Butler