“Imprevisti digitali” dei francesi Benoit Delépine e Gustave Kervern è stato campione d’incassi in patria e Orso d’Argento a Berlino. Il solido cast e un tema di grande attualità contribuiscono alla doppia mission del film: far e ridere e riflettere sulla schiavitù dalla rete. Ma c’è qualche difetto
Collocatosi ai botteghini francesi appena alle spalle del colosso Tenet, Imprevisti Digitali della coppia Benoît Delépine e Gustave Kervern (entrambi premio speciale della giuria a Cannes nel 2012 per Le Grand Soir), ha in realtà ben poco della classica commedia patinata d’oltralpe: deve più, per certi versi, al cinema nordeuropeo degli ultimi anni, con il suo verismo fatto di camera a mano e primi piani sbilenchi, colori freddi, silenzi e poca o nessuna colonna sonora. Eppure, almeno nelle intenzioni dei due registi, il film (in originale Effacer l’historique, ovvero cancellare la cronologia, che poi è ciò di cui parla il film) è in effetti un’opera comica, composta essenzialmente da sketch in sequenza, di cui alcuni davvero ben riusciti.
Ma, vuoi per le scelte stilistiche, vuoi per la serietà dell’argomento trattato, non si ride mai a crepapelle, se non con un certo senso di disagio: i suoi protagonisti sono i nuovi Freaks digitalizzati, iperconnessi h 24 e tuttavia irrimediabilmente provinciali, vittime costanti di una tecnologia di cui non riescono comunque a fare a meno. C’è la madre separata (Blanche Gardin), le cui prodezze sessuali in stato di ebbrezza rischiano di finire in rete, c’è il single di mezza età (Denis Podalydès, membro della Comédie-Française), invaghito di una voce pubblicitaria al punto di seguirla in capo al mondo, e c’è la driver ex gilet jaune (Corinne Masiero) ossessionata dalle serie tv e dai giudizi online dei suoi clienti.
In realtà, a smorzare con effetto straniante l’umorismo già surreale e pungente del film, è proprio l’interpretazione del trio di protagonisti, apatica a tratti (o forse la colpa è del doppiaggio italiano, imbarazzante), ansiogena in altri momenti, e in ogni caso mai volutamente caricata per sottolineare la gag o spingere alla risata liberatoria. È, paradossalmente, il valore aggiunto di un film più furbo che efficace, costruito per giocare sull’attualità attraverso una serie di iperboli fin troppo scontate nella loro esagerazione, capaci di strappare un sorriso di tanto in tanto, ma con un vago e costante sapore di già visto, se non addirittura di pretenzioso e inutilmente moralistico.
Peccato, perché qua e là non mancano le intuizioni felici, e la qualità di un cast dal background teatrale più che solido avrebbe senz’altro meritato un livello di profondità che la scrittura del duo Delépine-Kervern lascia soltanto intravedere. Premiata comunque da pubblico e critica transalpini e non solo (Orso d’Argento all’ultimo Festival di Berlino), la pellicola arriva in Italia senza il traino della celebrità dei suoi registi e interpreti, che ne ha indubbiamente aiutato il successo in patria. Nelle nostre sale, più probabilmente, potrà forse riscuotere interesse e qualche risata, complici un tema scelto ad hoc e il rinvio a data da destinarsi, causa Covid, di buona parte dell’offerta cinematografica non indipendente.
Ma se l’obiettivo, a detta dei due autori, era davvero quello di “far emergere l’idea che, in un mondo sempre più individualistico caratterizzato da oggetti elettronici che tendono a isolare le persone, esiste ancora un senso di solidarietà fra gli individui”, Imprevisti Digitali riesce solo in parte nel suo intento. Troppo spesso la gag straborda, e troppo macchiettistici e sgradevoli risultano i personaggi, per i quali è quasi impossibile non provare, più che una naturale immedesimazione, una crescente antipatia, che sa tanto di meccanismo di autodifesa, ma di certo non giova alla causa del film.
Imprevisti Digitali di Benoît Delépine e Gustave Kervern, con Blanche Gardin, Denis Podalydès, Corinne Masiero, Benoît Poelvoorde, Vincent Lacoste, Bouli Lanners.