Giovanna ha tutte le carte in regola per stare bene: una famiglia agiata, un ambiente benestante, un mondo dorato. Crescere, per lei, significherà fare i conti con la realtà delle cose: a partire dai rapporti che più le stanno a cuore. Nell’ultimo libro di Elena Ferrante, un romanzo di formazione in piena regola. Di nuovo in una splendida Napoli.
L’ultimo romanzo di Elena Ferrante, La vita bugiarda degli adulti, appare diverso dalla famosa quadrilogia dell’Amica geniale che ha portato l’autrice al successo mondiale.
Ferrante riesce sempre a stupirci: seppur l’ambientazione sia infatti la stessa, Napoli, il punto di vista è assai differente, anche se rimane qualche costante, a partire dal sesso della narratrice.
Ferrante si è infatti dimostrata una maestra del mondo femminile, già a partire da L’amore molesto a I giorni dell’abbandono.
La vita bugiarda degli adulti può essere annoverato nel genere dei romanzi “di formazione”, in quanto la protagonista-narratrice all’inizio della storia è nell’età di uscita dall’infanzia, attraversa quindi nel corso della narrazione gli anni duri dell’adolescenza, per arrivare nel finale ad una sorta di “iniziazione” al mondo adulto, che la narratrice si impone quasi come una prova obbligatoria da superare.
Il titolo è in questo caso assolutamente adatto e sintetizza la chiave di lettura del romanzo.
La differenza fondamentale tra il mondo narrato da Elena de L’amica geniale e quello di Giovanna, la protagonista de La vita bugiarda degli adulti, è che quest’ultima appartiene alla medio-alta borghesia di Napoli ed inoltre il tempo in cui è ambientato il romanzo è quello a noi contemporaneo.
Giovanna, cresciuta nell’ambiente lussuoso del Vomero, non conosce il popolino che abita il “ventre di Napoli”, ma con esso viene in contatto grazie a una parente che le era sempre stata tenuta lontana dai genitori e per la quale sente una forte anche se strana attrazione.
Cresciuta in un mondo ovattato e apparentemente perfetto, Giovanna a un certo punto scopre, anche grazie alla zia Vittoria, che dietro a tanta perfezione si nasconde anche tanta falsità, fino a che tutte le certezze che aveva avuto fin allora non crollano di colpo. Giovanna è forte (e in questo ricorda Elena) ma lo stridore tra apparenza e realtà e il dolore lancinante seppur inesprimibile che prova la portano a sentire il bisogno di “sporcarsi” nella vita vera e di inoltrarsi sempre più in quel mondo della Napoli povera dei “bassi”, sicuramente degradata ma forse meno falsa dei luccichii della “Napoli bene” e di certo necessaria per la crescita della protagonista.
Un elemento che salta all’occhio e che risulta caratteristico dello stile della Ferrante è la struttura chiusa e con pochi personaggi. Tutto il romanzo ruota infatti intorno a un mondo molto ripiegato su sé stesso, di cui fanno parte solo due o quattro famiglie. Ho scritto due o quattro con intenzione, perché le famiglie appaiono come “doppie” e questo è uno dei temi più originali e interessanti di quest’ultima opera.
La famiglia di Giovanna è infatti legata a doppio filo con la famiglia delle sue due migliori (nonché uniche) amiche, e la famiglia della zia è allo stesso tempo la famiglia del defunto amante di quest’ultima.
Troviamo doppie madri e doppi padri, colpi di scena che fanno vedere sotto una luce totalmente opposta i personaggi, in continuazione, in un gioco di tranelli, menzogne e punti di vista che solo Giovanna potrà districare, da sola, senza l’aiuto di nessuno, perché chiunque, alla fine, nasconde segreti e bugie che potrebbero capovolgerne il giudizio.
Tra i modelli narrativi, sia per il tema del doppio sia per quello della menzogna, non può che non saltare alla mente Menzogna e Sortilegio, il capolavoro di Elsa Morante, con cui il nome della nostra autrice ha fonicamente molto in comune e, forse, non per caso.