Elezioni americane: pensieri della vigilia

In diarioCult, Weekend

Vivere in Italia e con ansia i giorni prima del voto e provare a spiegare qual è la posta in gioco e perché Hillary Clinton non è la meno peggio, visto chi c’è dall’altra parte

Mancano, mentre scrivo, cinque giorni. Dopo due anni di campagne elettorali, slogan, discorsi, confronti, articoli, foto, discussioni, recriminazioni, dita puntate, insulti, pubblicità televisive, batticuori e qualche lacrima (le mie), finalmente arriva il gran giorno. Io sono a Milano, ma partirò lunedì, il giorno prima del voto che darà un nuovo presidente agli Stati Uniti. Già mi immagino, andare ai seggi con l’adrenalina di chi va a fare una cosa importante, quasi storica.

Mi immagino le donne anziane sedute dietro un tavolo lungo, che si prestano volontarie ai seggi e che mi chiedono il nome, che poi cercano su quel grosso registro che hanno davanti e che poi mi danno la scheda. Mi immagino entrare in quella specie di box doccia con la tenda a strisce (senza stelle), dove trovo un piccolo scaffale con una penna, rigorosamente nera. Mi immagino riempire il cerchiolino sotto Hillary Rodham Clinton, e quello dei vari referendum (dieci, per la precisione) a cui noi del Massachusetts siamo chiamati a partecipare. Spero che: vinca la Clinton, legalizzino la marijuana, le galline possano girare tranquille nei loro praticelli e altro, le scuole pubbliche abbiano tutti i finanziamenti che hanno di diritto, e altre cose che non ricordo.

Ma sono ancora qui, a Milano, dove la percezione delle elezioni è molto diversa da quella che ho lasciato a Cambridge una settimana fa. «Beh, voterete la meno peggio», mi sento dire ogni volta (spesso) che si parla di elezioni americane. C’è, certamente, una parte di questa percezione anche oltre oceano, ma per motivi diversi. In America non piace Hillary perché non è carismatica, perché sembra legata fin troppo a Wall Street, ma non è la meno peggio: è la solita politica di Washington, né più né meno. Qui, invece, quando chiedo in che senso ‘la meno peggio’, la risposta è sempre la stessa: è una guerrafondaia. Difficile spiegare che l’errore tra i più gravi che Hillary ha fatto nella sua carriera trentennale e di cui si è pentita amaramente, era dettato da una situazione storica straordinariamente carica di tensione e di terrore, e che con lei la maggior parte dei democratici ha votato per l’orrenda guerra in Iraq. Fu una scelta presa su dati falsificati da Bush e dal suo entourage, che aveva stabilito che l’Iraq aveva delle armi di massa che avrebbero ammazzato milioni di persone. Non la scuso, ma da lì a dire che la Clinton è guerrafondaia ne passa.

Si parla meno qui del suo errore forse più grave, che sta mettendo a serio rischio una sua possibile vittoria, quello legato alle famigerate email, spedite da un indirizzo non governativo, per discutere questioni top secret. L’FBI, senza sapere esattamente il contenuto delle altre email trapelate in questo periodo, riapre enfaticamente il caso, con una lettera del suo direttore. A una settimana dalle elezioni. Anche Obama, spiega il New York Times, è incazzato come pochi e denuncia aspramente il fatto che questa lettera passerà alla storia come la prima volta in cui un’istituzione del calibro dell’FBI riapre un caso in modo così eclatante, a una settimana dalle elezioni, per di più su dati offerti da Wikileaks di Assange, legato in modo ‘sentimentale’ e politico a Putin. Denuncia il fatto che un Paese straniero (e poi la Russia!) possa in questo modo influenzare l’FBI e le elezioni. Comunque: in trent’anni di carriera sono solo due gli errori fatti da Hillary Clinton, e cioé pochissimi, il ché dimostra la sua professionalità e la sua dedizione alla causa, la sua, di migliorare questi Stati Uniti così tanto difficili da decifrare.

Donald Trump, invece, non ha mai partecipato alla vita politica: mentre lei lottava per i diritti delle donne e dei bambini, conduceva la trasmissione The Apprendice (quella che in Italia era condotta da Briatore, per dire). Mentre lei discuteva affari diplomatici con Iran, Russia e Medio Oriente, lui partecipava a Miss Universo. Mentre lei lottava per il diritto delle donne di abortire quando e come volevano, lui toccava il culo di tutte quelle che gli passavano davanti e diceva che avrebbe voluto toccarle tutte, anche lì sotto. Trump ha scoperto solo qualche mese fa che la Russia ha invaso l’Ucraina. Trump è l’unico candidato alla casa Bianca che non ha mai mostrato il suo pagamento delle tasse federali, e che infatti si vanta di non aver mai pagato. Trump è appoggiato dal KKK , è appoggiato dal NRA, l’istituzione di estrema destra che lotta perché tutti abbiano il sacrosanto diritto di avere un kalashmikov sotto il cuscino. Trump non ha mai incontrato un capo di Stato straniero, non ha mai votato per nessuna legge, non ha mai partecipato a nessun incontro politico. Trump, poi, è in ballo con due processi: uno che ha a che fare con la sua Trump University e l’altro con il fatto che abbia violentato una minorenne.

Tra cinque giorni si vota, e la scelta è tra una persona che ha scritto delle email usando un indirizzo non governativo e uno che non paga le tasse, violenta e ruba. La decisione non sembra molto difficile.

Guerrafondaia, che lei sia, o no.

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