Una narrazione audace e vivace mette a nudo quelle piccole grandi, sempre imbarazzanti, verità della vita di ogni giorno.La donna occidentale degli anni Duemila è vittima di una discriminazione meno manifesta e forse ancor più pericolosa. Con “Bastava chiedere” il tratto di Emma evidenzia il fallimento della divisione equa dei compiti fra uomo e donna.
Frammenti di una quotidianità troppo spesso taciuta sono urlati a gran voce nelle esilaranti vignette di Emma, fumettista, ingegnera informatica francese e autrice di Bastava chiedere, 10 storie di femminismo quotidiano. Dopo aver conquistato la Francia con numeri da capogiro, approda in Italia nel febbraio 2020 nell’edizione Laterza.
Una narrazione audace e vivace mette a nudo quelle piccole grandi, sempre imbarazzanti, verità della vita di ogni giorno.
Bastava chiedere rifiuta omissioni o giustificazioni, abbandona buoni propositi e difese inattendibili. Smaschera quegli stereotipi che, al di là delle apparenze, confortanti nella loro sicura illusorietà, continuano a essere le fondamenta della società d’oggi. La semplicità del testo non deve trarre in inganno: Bastava chiedere celebra, senza banalizzare, i capisaldi del femminismo contemporaneo, di cui diventa un improvvisato breve manuale.
Disegni stilizzati e battute concise custodiscono un’analisi politica della società che, come raro di questi tempi, non ha paura di prendere posizione.
Il titolo del fumetto richiama le abitudini di una società stanca e statica che fatica ad abbandonare quel modello bipolare, in cui ognuno dei due sessi è portato a seguire un copione logoro e decisamente inattuale.
Bastava chiedere evidenzia il fallimento della divisione equa dei compiti fra uomo e donna. Denuncia un equilibrio basato su uno squilibrio fatto a sistema: mentre l’uomo è giustificato, se non incoraggiato, a coltivare l’appagamento personale attraverso il lavoro e la carriera; la donna è la legittima incaricata della gestione e dell’organizzazione delle sfere famigliare e casalinga. L’uomo, destinatario privilegiato di questa pungente narrazione, si crogiola nel timido ruolo di esecutore, limitandosi a agire, con quantomai irritante passività, secondo le indicazioni gentilmente fornite dalla sua compagna.
Un gioco che si regge su errate interpretazioni delle naturali attitudini dei due sessi: sulla supposta propensione femminile verso l’accudimento dei figli e la cura della casa e sull’ipotetica propensione dell’uomo ad avventurarsi oltre le mura domestiche.
“Bisogna comprare le verdure per la settimana; Siamo in ritardo con il pagamento del portiere; Il bambino è cresciuto di 3 cm e non ha più pantaloni della sua taglia”
le grida silenziose delle donne oppresse da quello che Emma definisce “carico mentale”. Si tratta di quell’insieme di pensieri che fanno della donna l’obiettivo di uno stress psichico che appesantisce e mortifica la quotidianità al femminile.
Alla sbilanciata gestione delle fatiche, descritte in termini mentali quanto fisici, si somma il mancato riconoscimento del lavoro che, oltre a privare le donne di tempo prezioso ed essere estremamente pesante da gestire, non viene visto né apprezzato.
A un certo punto del testo, Emma introduce una distinzione sostanziale: quella fra lavoro produttivo e lavoro riproduttivo. Se il primo garantisce uno stipendio, riconosce uno status sociale e assicura una pensione, il secondo è gratuito e invisibile.
Attraverso il potere congiunto di parole e immagine, forte di un’ironia brillante e decisamente divertente, Bastava chiedere svela gli esiti inefficaci di un miglioramento della condizione femminile che si rivela solo apparente.
La donna occidentale degli anni Duemila è vittima di una discriminazione meno manifesta e forse ancor più pericolosa.
Un avvincente humor tragicomico caratterizza ogni sconcertante smascheramento: leggendolo, è impossibile smettere di sorridere. La pungente ironia e gli accuratissimi disegni della vignettista, caricati, nella loro estetica essenziale, di intensa espressività, ci parlando di noi stessi, delle nostre incoerenze e dei nostri fallimenti. L’immagine, forse ancor meglio della parola, mette a nudo i disagi dei due sessi: la donna, frustrata nel suo trascurato impegno, e l’uomo, incapace di rispondere in maniera autonoma alle proprie esigenze e a quelle famigliari.
La potenza del riso conduce il lettore a guardare, con nuova attenzione, una verità di cui è parte integrante, che conosce in ogni suo più spiacevole particolare. Leggere noi stessi nelle parole di Emma genera una riflessione rivelatrice che valorizza le vicende di cui tutti abbiamo quotidiana esperienza.
Capitolo dopo capitolo, ogni stereotipo viene smantellato. Che si tratti del lavoro come attitudine congenita del maschio o dell’educazione dei figli più affine alla sensibilità femminile, alla fine del libro, nessun luogo comune resta intatto.
L’ipocrisia e la mancanza di fondamento delle pratiche sessiste di cui la società si è fatta vanto, vengono mostrate attraverso un rivoluzionario ribaltamento delle prospettive. Con tanto di dati e informazioni dettagliate, la trentaseienne fumettista racconta la considerazione della donna da parte della società francese: il perno della vita domestica.
Le pagine di Bastava chiedere sono imbevute di quell’attivismo politico a cui oggi si guarda con sospetto. L’intelligenza del libro non si risolve in una critica sterile allo stato attuale, ma include soluzioni pratiche a problemi di comune interesse. Solo per elencarne alcune: il raggiungimento dell’eguaglianza fra uomo e donna nell’accesso ai diritti rispettivamente di paternità e maternità, il riequilibrio dei rapporti di seduzione e, la più importante in prospettiva, l’educazione delle nuove generazione al rifiuto degli stereotipi di genere.
Nel compiere questo programma di future positive opportunità chiama in causa gli studi di note femministe: da Élisabeth Badinter a Sara Farris, fino a Christine Delphy. Inclusivo fino a in fondo, il fumetto femminista si rivolge a tutti, donne e soprattutto uomini. Come ci ricorda Michela Murgia, nella sua prefazione, la voce di Emma non ha nessun vezzo di autoreferenzialità: «Mettetelo in mano a ogni singolo uomo che conoscete, perché la rivoluzione della reciprocità non sarà compiuta fino al giorno in cui ci metteremo a desiderarla tutti insieme».