En attendant Saverio

In Weekend

Una scommessa impegnativa: cinque buone ragioni per non mancare il nuovo spettacolo di Saverio La Ruina dedicato alla violenza maschile tra le mura di casa

Saverio è Saverio La Ruina. Attore calabrese, Scena Verticale la sua “famiglia” artistica, un tot di premi (Ubu, Hystrio) in carniere. Nella sua casa di Castrovillari, in questi giorni ogni minuto è prezioso: ultime rifiniture e poi, con Jo Lattari, le prove in teatro, per mandare in scena Polvere, prima nazionale a Milano, all’Elfo Puccini, il 20 gennaio. Interno domestico, un tavolo, qualche sedia, i due attori a raccontare il potere e la violenza  psicologica dentro una coppia, le parole che “progressivamente e inesorabilmente destrutturano l’altra”, partendo dall’assunto che la questione della violenza contro le donne è questione maschile ed è lì che bisogna guardare.

La prima buona ragione dunque per aspettare con interesse questo debutto: Polvere arriva a completare il percorso cominciato da La Ruina con Dissonorata e proseguito con La Borto, spettacoli premiatissimi, lui in scena da solo a dar voce, gesti e lingua – il dialetto calabrese aspro e a tratti ironico delle sue parti  – a due donne, in uno spostamento teatrale di grande efficacia. Dissonorata e La Borto (che verranno riproposti dopo Polvere, in una personale dedicata a lui) sono dunque l’ottimo biglietto da visita di un attore entrato con grande profondità e delicatezza in vite femminili che sono iscritte dentro un codice patriarcale, ma cui  ha restituito intere forza, pazienza ed ironia. Fortissime vittime, se ci si passa il paradosso.

Ma Polvere è anche un’altra cosa e insieme una scommessa difficile – ed è la seconda buona ragione -perchè stereotipate sono spesso le narrazioni intorno alla violenza contro le donne e incalzante è la cronaca dalla quale La Ruina vuole stare lontano e che ogni giorno rilancia storie di donne uccise da uomini che avrebbero dovuto armarle. «Cercavo una storia, l’ho trovata. Un anno di lavoro non facile, ho letto moltissimo, ho fatto molte interviste a donne e uomini fino ad approdare ad un centro genovese dove gli uomini violenti affrontano percorsi di recupero. Devo dire che le donne hanno saputo meglio restituirmi i climi e la psicologia maschile, negli uomini prevale comunque l’autogiustificazione, il continuare a dirsi ‘mi ci ha portato’. L’unico che non si è nascosto è un giovanissimo, che ha riconosciuto la sua totale incapacità di gestire la rabbia nella relazione con l’altra. Scrivendo questo testo, ho voluto stare alla larga dal cadere nella cronaca e dal costruire una figura mostrificata, dalla quale come uomini potessimo con facilità prendere le distanze, pensare di essere immuni e lontani».

Polvere ha richesto un notevole lavoro sul linguaggio: stavolta non dialetto calabrese, ma italiano e registri quotidiani sui quali la Ruina ha lavorato di cesello. «Rispetto a Dissonorata e La borto il linguaggio è  cambiato: negli altri lavori c’era visionarietà, grottesco, toni a volte surreali. Qui invece il linguaggio è quello di ogni giorno e ho dovuto lavorare sul dialogo tra i due perché fosse insieme credibile, ma non stereotipato e superficiale e  provocasse lo spostameneto che è l’essenza del teatro». Non semplice e capire se e come c’è riuscito è la terza buona ragione  per aspettare con curiosità questo debutto.

La quarta buona ragione sta appunto nel ruolo che La Ruina avrà nello spettacolo e che incuriosisce: semplificando (assai) stavolta è il carnefice, non più la vittima… «Come sto in questi panni? Non completamente a disagio, perchè mi porto comunque dentro Vittoria (protagonista de La Borto) e la Dissonorata e perché uscirò dalle aspettative  che il  pubblico nutre nei miei confronti. E’ stato anche un bel processo di autonalisi: ti rendi conto di quanti atteggiamenti del genere abitino anche il tuo quotidiano, di quanto pervasiva sia la cultura che stabilisce rigidi ruoli di genere sin da piccoli. Sono cresciuto nei vicoli di Castrovillari, dove c’era il mito della forza, dove la gerarchia si stabiliva in base a quella. E se penso quanto volte ho pianto davanti a una donna, mi dico forse solo una volta. Hai una gabbia intorno che ti rende incapace di gestire la tua fragilità, perché è come se dovessi sempre riconquistare le posizioni..».

L’ultima, la quinta buona ragione, è la domanda alla quale Saverio La Ruina oggi non sa rispondere e che è affidata a chi vedrà lo spettacolo. Indica Polvere una vita d’uscita possibile, una speranza che questa dinamica di coppia non sfoci necessariamente in un esito violento, ma invece in un diverso parlarsi tra uomini e donne, come anni fa, con le donne di Usciamo dal Silenzio, avevamo intitolato un incontro con La Ruina, a margine dei suoi La Borto e Dissonorata?  «Non so dire se c’è una risposta, non è un lavoro a tesi… So che però dentro questi rapporti ci sono anche cose bellissime e uomini capaci di farle ed è anche questo che crea agganci e dinamiche molto complesse e contraddittorie. Forse già soltanto nell’avere raccontato una storia sfaccettata, non a tutto tondo, si intravede la possibilità per quest’uomo di un’autocritica vera e di un diverso destino».

Foto Le Pera

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