Vedi alla voce: desiderio. “Legami”, di Eshkol Nevo.

In Letteratura

Una cosmogonia del desiderio, nelle sue manifestazioni più antiche e più bizzarre. Il tema guida (con variazioni) della nuova raccolta di racconti di Eshkol Nevo, pubblicata da Feltrinelli, è giustamente ambiguo fin dal titolo: “Legami”, con accento mobile. Dentro e fuori la famiglia (le famiglie) una riflessione in controluce su ciò che ci tiene vivi.

Legami si intitola l’ultima raccolta di racconti di Eshkol Nevo, uscito per Feltrinelli. Sulla copertina il busto di una bionda ragazza che si slaccia la camicetta. È forse ‘Légami’ che si deve leggere? Storie di sesso un po’ masochiste?
Proprio no, e mentre la lettura si inoltra nelle pagine, ci si rende conto che di quella copertina non si è capito tutto: che si stia, invece, rivestendo, quella ragazza? O che stia lottando con un bottone che non corrisponde, o non si vuole slacciare, o di cui non si trova più l’asola?

Eshkol Nevo dedica Legami ai suoi genitori ed è un regalo bellissimo, perché le sue storie raccontano di rapporti, relazioni (legami, appunto), tra madre e figlio, padre e figlio: amicizie, matrimoni, attrazioni. Alcune sono state interrotte per curiosità di altre avventure, altre per stanchezza, o per lavori che portano lontano, ma sempre resta il ricordo, il desiderio di riprendere un desiderio che, tra mille deviazioni e tempeste, è sempre dentro di noi. Sì, proprio dentro di noi, e non solo dei tormentati personaggi, perché Nevo ce li fa vivere dall’interno, ci immedesimiamo nei loro incerti tentativi, in delusioni e tenui speranze.
Siamo la madre di Meno drammi possibile, che ha abbandonata il figlio per inseguire il successo e che timorosa lo rincontra dopo quindici anni. Aspetta che lui le chieda: “Come hai potuto?” e tace. Lo psicologo le ha detto: “Meno drammi possibile”. Il figlio è gentile: anche lui tace, è educato. Nessun dramma. Un silenzio ovattato.
“Come ho potuto ?”. La madre dovrebbe ripartire, ma ha un piccolo incidente alla gamba. Il figlio la va a trovare. Si guardano prudenti, timorosi. Qualche volta sorridono per un niente. Lei guarisce. Lui l’accompagna all’aeroporto, lei gli chiede: “Forse verrai a trovarmi?”, la domanda peggiore che potesse fare, le aveva detto lo psicologo, e nel posto peggiore, un aeroporto. “Forse”, sorride lui. Lei pensa, spera, che sia più “Forse sì” che “ Forse no”.


Tema logoro sia in letteratura sia al cinema, quello dell’altalena di insofferenze e risentimenti di una vecchia coppia.
Qui il tono è asciutto, obiettivo, il clima spesso, opprimente.
Il ritmo è scandito da:
Lo faceva impazzire che lei mangiasse pop-corn al cinema
La faceva impazzire che lui parlasse continuamente.
Lo faceva impazzire che lei al cinema si sedesse nelle prime file. A lui veniva il torcicollo.
La faceva impazzire che al cinema lui criticasse sempre.
Insieme al cinema, mai più.
Nessuno dei due aveva più amici con cui andarci. O erano già morti, o non avevano più voglia di uscire.
Così l’idea salvifica: “Potremmo andarci separati” e prenota per lei in prima fila e per lui dietro.
Durante la proiezione si voltano, si cercano senza farsi accorgere. Un vuoto che non si può immaginare. Lei brancola nel buio per raggiungerlo, sente che è successo qualcosa. Lui ha avuto un colpo. Si ritrovano insieme in ospedale. Abbracciati.

Legami è una sinfonia di sentimenti, forse un’unica storia di amore negato, scovato, una specie di corrente carsica che dà vita alla vita.

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