Sono due fratelli che più diversi di così non potrebbero essere, i protagonisti di “Euforia”: Valerio, insegnante di poche ambizioni con un matrimonio sfasciato alle spalle, e Riccardo, sfrontatamente ricco e gay, che passa una vita spericolata tra feste, alcol, cocaina e avventure. Ma quando il primo è colpito da un male davvero grave, i loro destini si riuniscono, in un modo intenso e complicato, che Golino racconta con onestà e misura, valorizzando le doti e le abilità di due ottimi attori
Sono due fratelli i protagonisti di Euforia, secondo prova da regista di Valeria Golino. Due fratelli lontani, quasi estranei, riavvicinati di colpo da un evento imprevisto, di quelli che fanno irruzione nella vita provocando sconvolgimenti profondi. E irreversibili. Comunque andrà a finire, niente sarà più come prima. L’evento in questione è una malattia grave che colpisce Ettore (Valerio Mastandrea), il maggiore, insegnante di provincia dalle piccole ambizioni che ha alle spalle un matrimonio sfasciato, senza troppa convinzione, nel tentativo di inseguire un amore giovane (che ha il volto di Jasmine Trinca) e una possibile vita nuova. Un uomo silenzioso, prudente, introverso, che all’inizio sembra non apprezzare affatto l’improvviso interessamento per la sua sorte da parte di Matteo (Riccardo Scamarcio), il fratellino parecchio più giovane e del tutto diverso da lui.
Felicemente gay, ostentatamente ricco, Matteo è un imprenditore di successo e vive a Roma in una casa da sogno, conducendo un’esistenza all’insegna del lusso e del divertimento continuo, fra feste ad alto tasso alcolico, cocaina e avventure. Godendo inoltre di ottima salute, non trova di meglio per buttare soldi (e frequentare medici di cui non ha bisogno) che farsi mettere due protesi per rimpolpare i polpacci ritenuti troppo magri. Raccontato così potrebbe sembrare un personaggio esagerato, fin troppo incline alla macchietta; invece, grazie anche alla felice interpretazione di Scamarcio, quello che vediamo muoversi sullo schermo è un carattere sfaccettato e credibile, pieno di contraddizioni e di umana fragilità, ma anche di autentica generosità. E il suo gettarsi allo sbaraglio nel tentativo di impedire a ogni costo che Ettore scopra la gravità della sua malattia ci appare assurdo a tratti, ma al tempo stesso perfettamente plausibile.
Procede per ellissi, Valeria Golino, e sembra ad ogni passo interrogarsi su quanto sia opportuno mostrare, su cosa sia meglio non dire, in generale sui limiti (morali) di un racconto che vuole accostarsi alla malattia e alla morte con rispetto, ma soprattutto con uno sguardo limpido, profondamente onesto, capace persino di leggerezza. Un dramma mostrato sotto forma di commedia, stando addosso ai personaggi, raccontando il quotidiano senza giudizi e tanto meno pregiudizi, inseguendo le emozioni e le paure, senza il timore di farci sperimentare la compassione ma tenendosi lontano dai territori del patetico.
Ettore non diventa un essere umano meraviglioso solo perché ha scoperto di avere il cancro, e Matteo non si trasforma in un eroe solo perché decide di occuparsi del fratello malato accogliendolo in casa sua. Però l’irrompere della malattia e l’ombra della morte che si allunga cambia le cose, incide sulle relazioni, apre la possibilità di nuovi sguardi. E proprio questo è il terreno perlustrato dal film.
Mastandrea e Scamarcio sono entrambi ottimi interpreti, e sono molto diversi anche come stile attoriale: il primo lavora principalmente di sottrazione, il secondo ci ha abituato a una recitazione che rischia sempre di andare sopra le righe e trova di solito il suo equilibrio nell’accumulo e nel movimento. Anche per questo è stata brava la Golino a dirigerli, mettendo insieme le loro diverse abilità e creando una chimica perfettamente convincente, e spesso commovente.
Euforia, di Valeria Golino, con Valerio Mastandrea, Riccardo Scamarcio, Isabella Ferrari, Jasmine Trinca, Valentina Cervi