Il musical di Webber e Rice sbarca in Italia con una protagonista d’eccezione: Malika Ayane
Non è mai troppo tardi. Evita di Webber e Rice, i due mitici e miliardari sir autori dei titoli più famosi del musical moderno, basti citare Jesus Christ Superstar, nativi nel West End più che a Broadway hanno scritto e prodotto Evita 38 anni fa, ma la prima edizione italiana a cura di Massimo Romeo Piparo arriva solo oggi.
Se ne era vista una in inglese e poi si era favoleggiato a lungo sulla difficoltà di trovare l’interprete, stesso discorso di Sunset Boulevard per cui ci vorrebbe Mina. Oggi finalmente il Vangelo secondo Evita approda presso il nostro pubblico e tra l’altro l’Italia è stato uno dei paesi di riferimento di donna Peron che venne ricevuta da Pio XII anche se questo spezzone, in genere presente, nella edizione odierna manca.
Per il resto Piparo si è attenuto al format di uno spettacolo riuscitissimo che mescola il vento argentino, le cadenze della sua musica, brutti ricordi populisti (mai tramontati, anzi…), volate di tango. I rinomati Webber e Rice, raccontano nel famoso musical la resistibile ascesa di donna Eva Duarte umile ballerina che seduce non solo Peron, ma poi gli argentini tutti in nome del populismo cantando dal balcone di casa Rosada Don’t cry for me Argentina che è la song dello show che tutti hanno nelle orecchie e che viene ribadito nel finalissimo.
Un melò destino crudele uccise Evita a 33 anni nel ‘52, come noto: martirio? Il bel musical che sfiora l’attualità carismatica del potere, è raccontato (si diceva allora brechtianamente) dal Che, nel senso di un prototipo Che Guevara, ieri vestito ad hoc e subito riconoscibile, oggi invece bisogna leggerlo sulla locandina altrimenti nessuno collega. Lui narra questa storia di potere e di illusioni ed è l’anima contraria ma complice della lugubre e seduttiva eroina cui Malika Ayane, vera star in prestito al musical, offre potenza vocale anche se obbligata in una maschera terrea con i lineamenti del viso marcati, mentre ci vorrebbe più scioltezza e seduzione.
Lo spettacolo, che non rinuncia neppure al tocco psichedelico, è un poco rimaneggiato da Piparo rispetto alla versione storica di Harold Prince (oltre a togliere l’incontro col Papa e il gioco dei 4 cantoni, aggiunge la Santa Giovanna di Dreyer), vanta una funzionale scenografia mobile, pur in un allestimento non fastosissimo, e venti ballerini sedotti dalla contagiosa, bella partitura e dalle sue calde ventate di tango e di morte. Ma la sorpresa è Filippo Strocchi che interviene e cuce le anime del racconto inserendosi come coscienza storica, un Che meno folk di ieri ma con doppie doti vocali ed una portentosa agilità fisica e soprattutto una presenza di attore che ne fanno infine la vera star.
Foto di Flavio&Frank
Video di proprietà di televisionet
EVITA di Webber e Rice al Teatro della Luna fino al 27