Le Brugole tornano a Milano con il loro pezzo forte: attualità e nuovi inizi per una famiglia come tante…
Un nuovo inizio. A trent’anni, ottenuta un po’ di stabilità, due persone che si amano scelgono di formare una famiglia, costruirsi una quotidianità. Nel pieno di questo momento comincia Modern Family 1.0: tra i cartoni del trasloco in una casa nuova non ancora svuotati, quando si invitano gli amici per cominciare a vivere lo spazio, e si finisce con gesti dal sapore antico che non si esita a classificare come noiosi, anche se in fondo non si osa ammettere che ci si emoziona: ad esempio, guardare le diapositive.
Uno dopo l’altro scorrono i volti di parenti strambi e storie d’amore dalle alterne fortune, famiglie dalle più varie composizioni, che aprono la strada a quella che si è costituita sulla scena: la famiglia di Annagaia e Virginia, a cui le interpreti prestano il nome.
Uno sguardo all’indietro che offre l’occasione a un fuoco di fila di risate e di gag nel perfetto stile di una compagnia, Le Brugole, che ha nella comicità la propria cifra distintiva, e che da tempo si occupa di portare sui palcoscenici, col sorriso, le donne che amano le donne.
Anche in questo testo la comunità lesbica e gay è raccontata prendendosi in giro, giocando intelligentemente coi clichè e col preteso senso comune: l’immagine stereotipica dell’uomo femminilizzato e della donna rude, il modo di vivere le relazioni degli uni e delle altre, le caratteristiche che frettolosamente attribuisce anche chi vuole offendere vengono stravolte in leggerezza. Mostrandone i paradossi si può ridere insieme. Si ottiene così un duplice effetto: cementare il senso di comunità da un lato, e dall’altro evidenziare l’insensatezza della divisione fra le pretese famiglie tradizionali e le famiglie arcobaleno.
Anche se, come scrive Alan Bennet “ogni famiglia ha un segreto: che non è come le altre famiglie”, dubbi, incertezze, speranze sono gli stessi. Inclusa quella di poter allargare la famiglia e avere un figlio.
Nello spettacolo drammaturgicamente più strutturato dell’intera produzione della compagnia non c’è infatti solo spazio per l’ironia: la seconda metà della pièce, pur senza perdere in coesione cambia registro. Annagaia e Virginia si confrontano con ciò che l’Italia vieta loro, con la paura dalla quale anche le militanti più orgogliose faticano a liberarsi e che le spinge a vivere alla luce del sole con alcuni e nel silenzio con altri. A confrontarsi anche con i dubbi sull’opportunità di appagare il proprio desiderio di genitorialità, sulla difficoltà che una scelta di questo genere porta inevitabilmente con sè, anche di ordine pratico.
Senza smettere di sorridere si riflette su cosa definisce quella che chiamiamo famiglie, sui motivi per i quali alcune persone si trovino ad essere cittadini di serie inferiore perchè amano una persona del loro sesso. Non si cade mai però nel mero posizionamento politico: sono storie di vita, quelle portate in scena, persone. Ed è insieme alle due donne che il pubblico è coinvolto, portato a ridere e a emozionarsi, innervosirsi anche.
Giovanna Donini firma con le autrici un testo in cui toni e registi coesistono, che si regge su due interpreti che ben sostengono entrambi gli intenti del testo: la comicità esplosiva di Annagaia Marchioro trova nella nuova leva Virginia Zini un’efficace sodale, su cui il ruolo della dottoressa posata ma paradossalmente molto più decisa si attaglia con precisione. Due donne diverse, come lo sono spesso due persone che si amano, portate dalla vita a confrontarsi con se stesse, anche con quelle che non si aspettavano. Per arrivare a capire che è dove c’è amore che nasce una famiglia, capace di crescere insieme.
Modern Family 1.0, Teatro del Buratto fino all’8 ottobre