Il Festival n. 69 (3-13 agosto) ricorda due registi amati dal suo pubblico e da poco scomparsi, Abbas Kiarostami e Michael Cimino. E omaggia anche Jane Birkin e Roger Corman. Tra il film più attesi “I, Daniel Blake” di Ken Loach, fresca Palma d’Oro a Cannes e il quarto titolo del serial “Jason Bourne” di Paul Greengrass con Matt Damon, “The Girl with All the Gift” di Colm McCarthy, horror atipico con Gemma Arterton e Glenn Close e il trionfo bollywoodiano “Mohenjo Daro” di Ashutosh Gowariker.
Il Festival di Locarno edizione n. 69 (dal 3 al 13 agosto) rende omaggio a due maestri recentemente scomparsi, protagonisti negli anni passati della manifestazione ticinese: Michael Cimino e Abbas Kiarostami. Il geniale regista statunitense era stato insignito lo scorso anno di un meritatissimo Pardo d’onore alla carriera. Il regista iraniano, consacrato come grande autore da una palma d’oro a Cannes nel 1997 per Il sapore della ciliegia, è stato una vera scoperta di Locarno a partire dal 1989 (direzione artistica di David Streiff) quando aveva presentato Dov’è la casa del mio amico aggiudicandosi diversi riconoscimenti. Kiarostami è poi stato omaggiato anche con una retrospettiva nel 1995 e con un Pardo d’onore nel 2005.
Comprensibile e condivisibile quindi la dedica di un’edizione che intende proporsi proprio con lo spirito che aveva caratterizzato la gestione Streiff: andare alla ricerca di nuovi talenti ancora sconosciuti. Su questa linea guida il festival si è poi rilanciato grazie alla gestione di Marco Muller, Irene Bignardi, Frédéric Maire e Olivier Pére, e si è consolidato consegnando a Carlo Chatrian, attuale direttore artistico, un’occasione magnifica per rinverdire la vocazione esploratrice.
Diciassette sono i film in concorso, di cui otto diretti da donne (“Abbiamo quasi raggiunto la par condicio”, sottolinea scherzosamente il direttore) da seguire con attenzione. Cosa che da anni fa il pubblico che affolla il Festival, rispondendo con un entusiasmo che suona eccentrico per molte altre manifestazioni, che si sognano tale partecipazione, perché non è facile portare migliaia di spettatori (la maggior parte paganti) a proiezioni di registi spesso sconosciuti e provenienti da diversi angoli di mondo. Presidente della giuria che assegnerà il Pardo 2016 è il regista messicano Arturo Ripstein.
Altro momento di forti suggestioni, per certi versi immagine del Festival, sono le proiezioni in piazza Grande. Uno schermo colossale, con un impianto audio fantastico, in una piazza che verso sera viene chiusa e in cui l’accesso è consentito solo ai possessori di biglietti o di tessere. E anche in questo caso si compie il miracolo, arrivando a far convergere anche 8mila persone per assistere alle proiezioni. Quest’anno (dopo un prefestival con Lo chiamavano Trinità dedicato a Bud Spencer e Gotthard di Urs Egger) si inaugura con The Girl with All the Gift di Colm McCarthy con Gemma Arterton e Glenn Close, che non mancherà di stupire per il suo taglio: un film di genere quasi horror eppure capace di prospettare nuovi positivi orizzonti. Sempre in piazza approderà Ken Loach con il suo I, Daniel Blake, premiato con la Palma d’oro a Cannes e ancora con il quarto episodio dell’intrigante serie Jason Bourne con Matt Damon diretto da Paul Greengrass, senza dimenticare il trionfo bollywoodiano di Mohenjo Daro di Ashutosh Gowariker.
Nell’ambito di “Cineasti del presente” da segnalare almeno il lavoro di Douglas Gordon I Had Nowhere To Go, con Jonas Mekas che interpreta il suo testo gettando quasi un ponte tra la sperimentazione del New Cinema statunitense degli anni ’60 e i giovani registi contemporanei. Fuori concorso, tra i Pardi di domani l’intrigante documentario Une jeune fille de 90 ans diretto da Valeria Bruni Tedeschi con Yann Coridian.
La retrospettiva è dedicata al poco analizzato cinema della Germania Occidentale del secondo dopoguerra, dal 1949 al 1963. Molti i riconoscimenti a personalità, anche assai diverse tar loro, da Bill Pullman a Jane Birkin, dal produttore David Linde al compositore Howard Shore, da Mario Adorf al poliedrico Roger Corman. E già si ragiona sulla prossima edizione, quella dei 70 anni tondi.