La 26esima edizione del Festival Milano Musica rende omaggio a Salvatore Sciarrino, uno dei compositori più rappresentativi (e criptici) del nostro tempo
Se non ora, quando?
Se non qui, dove?
Se non tu, chi?
Questo dice la mia musica
a chi l’ascolta.
Dice un incontro e un invito:
apri la mente, prendi coscienza.
Salvatore Sciarrino
Già il titolo L’eco delle voci del Festival Milano Musica ci introduce nella poetica sciarriniana e ci avvicina all’opera Ti vedo, ti sento, mi perdo, vero e proprio zenit della manifestazione, che sarà presentata in prima assoluta alla Scala (14 novembre). Nell’opera – dedicata alla figura del compositore barocco Alessandro Stradella – uno dei temi è il canto delle sirene. «Perché l’eco delle voci? Perché in realtà le sirene nella nostra letteratura non si sentono mai cantare: qualcuno si fa tappare le orecchie, qualcuno si fa legare all’albero della nave. Le pietre stesse, gli scogli stessi delle sirene – dice Sciarrino – hanno assorbito l’eco delle voci… il segnale non si ripete ma rimane un’eco ancora più struggente. La traccia del canto delle sirene, l’eco, è più seducente del canto stesso, si prolunga dentro di noi». La musica è una forza evocatrice che risuona in noi stessi, sembra ricordarci il compositore, e attraverso la sua eco, ognuno di noi se ne appropria attraverso modi ed esperienze diverse.
La musica del compositore palermitano nasconde dentro di sé molteplici universi, che il Festival cerca di mostrare attraverso quattro percorsi tematici: Waiting for the wind, L’isola delle voci, Spazi inversi, Infinito nero.
Waiting for the wind esplora la sua produzione per flauto, lo strumento che forse più si avvicina alla voce umana: «dentro al flauto si può introdurre, estranea, risonanza di canto». Si comincia sabato 21 ottobre all’HangarBicocca con l’esecuzione di Un capitolo mancante per flauto solo (2016) – commissionato da Milano musica – e Studi per l’intonazione del mare (2000) per un organico strumentale di grandi dimensioni, ovvero voce, quattro flauti, quattro sax, percussione, orchestra di cento flauti, orchestra di cento sax.
«Tutto è intonato, anche ciò che appare vasto e indistinto. Come si intona il mare?» si domanda il compositore. Tutto comincia con un’impercettibile deformazione del riflesso di un’anonima pozzanghera. Una vibrazione si propaga ed ecco nascere le onde: nascono, si deformano, si moltiplicano e ritornano. Un viaggio senza fine.
Allo strumento “secondo Sciarrino” vengono dedicati inoltre due concerti monografici: il flautista Matteo Cesari, con il quale il compositore ha stretto un rapporto proficuo di collaborazione, è il protagonista dei concerti dell’11, 12 novembre alla Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale.
Attorno alla voce – strumento umano – si snoda il percorso de L’isola delle voci. L’immaginaria isola sciarriniana è popolata da numerosi personaggi: Euridice, i priori dell’Ospedale degli Innocenti, le voci che popolano i madrigali.
Il mitico personaggio di Euridice – sposa del cantore Orfeo, il quale tenterà inutilmente la discesa agli Inferi per riportarla alla vita – è la protagonista del concerto inaugurale alla Scala del 22 ottobre (Anna Radziejewska soprano, Tito Ceccherini direttore).
Il mito orfico ha affascinato per secoli compositori e letterati, a partire da Jacopo Peri, anticipatore della rivoluzione monteverdiana del melodramma. Il mito continua ad affascinare, e Sciarrino rivede la storia mitica attraverso il testo e la lente novecentesca del poeta Rilke, del quale utilizza i testi Orpheus Eurydike Hermes e An die Musik, da lui stesso tradotti. La vicenda è quindi rivisitata attraverso altri filtri. Orfeo secondo l’Autore «è un trasgressore. […] Eppure, durante la risalita alla luce, la sua audacia crolla, le mani si rattrappiscono, inerti alla musica, fors’anche un po’ di morte gli s’è attaccata addosso. Rilke non dona un volto a Orfeo, né lo guarda in faccia […], semplicemente ci rende partecipi dei suoi deliri». E dov’è Euridice, protagonista del titolo? Euridice è la ragione del viaggio e del delirio. Euridice è l’altra faccia dello stesso pianeta.
Al controtenore barocco Jake Arditti e all’Arditti Quartet viene lasciato il compito di dare voce a Cosa resta per quartetto d’archi e voce, commissione di Musica Viva Munich e del Festival d’Automne di Parigi, nel concerto del 30 ottobre al Teatro Elfo Puccini. Si tratta del terzo movimento di un lavoro più ampio dal titolo Immagina il deserto. Concepito come una vanitas – un genere di natura morta che andava di moda nel Seicento – è basata sull’inventario dei beni del pittore rinascimentale Andrea Del Sarto letto dai priori dell’Ospedale degli Innocenti.
È ben chiaro che passato e presente sono in costante dialogo tra di loro nella musica di Sciarrino: a partire da Alessandro Stradella, protagonista dell’opera Ti vedo, ti sento, mi perdo, al bellissimo Esercizio delle stravaganze – Studi per Quartetto d’archi a partire dalle Sonate scarlattiane, fino ai 12 madrigali, raccolta del 2007 in cui si esprime a pieno la ricerca del compositore in ambito vocale. Tre dei dodici madrigali di Sciarrino vengono eseguiti nel concerto del 25 novembre al Teatro Gerolamo, scrigno prezioso tra le sale milanesi, a fianco dei madrigali di Stefano Gervasoni e alle musiche di Monteverdi e Giaches De Wert.
Fanno parte di Spazi inversi, il ciclo più sperimentale del festival, I mille fuochi dell’universo del collettivo /nu/thing eseguito da mdi ensemble e Guai ai gelidi mostri di Luigi Nono per un organico più allargato, comprendente anche due contralti, tuba e live electronics (28 ottobre, HangarBicocca).
Il 6 novembre all’Elfo Puccini sarà la volta di IRCAM, l’istituzione fondata nel 1977 da Pierre Boulez, con un concerto che affianca musiche per pianoforte ed elettronica di Giulia Lorusso ed Emanuele Palumbo, due giovani compositori che hanno avuto la possibilità di lavorare con Georges Aperghis nel progetto Laboratorio Musica della Fondazione Spinola-Banna per l’Arte, a Dans le mur di Aperghis e alla Sonata n. 32 di Beethoven.
Infinito nero, percorso dedicato al tema della notte e del misterioso, è l’ultimo capitolo della rassegna.
In Morte di Borromini per orchestra e lettore, uno dei lavori più celebri di Salvatore Sciarrino (13 novembre alla Scala, con Fabrizio Gifuni, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e la direzione di Cornelius Meister), i personaggi sono gli artisti e gli abitanti dei miti, con la loro tensione di passioni mai sopite. E così il personaggio di Borromini è perfetto nella sua grandezza di artista solitario e visionario, talvolta attanagliato dalla sua fragilità umana. Come è nello stile del compositore palermitano, la narrazione avviene in una dimensione tutta mentale. Nella Morte di Borromini vengono raccontate le ultime ore di vita del grande artista barocco, basandosi su un testo del 1667, dettato dall’architetto al medico che lo vegliò nelle sue ultime ore di vita.
Per Sciarrino la forma del quartetto è sempre stato un luogo privilegiato in cui sperimentare nuove soluzioni compositive. È proprio questo genere musicale il protagonista del concerto del 22 novembre di nuovo al Gerolamo con i quartetti n. 7 e 9, dal titolo evocativo Ombre nel mattino di Piero, eseguiti dal Quartetto Prometeo, che con il Maestro ha instaurato una lunga e proficua collaborazione e sinergia creativa.
Si chiude il ciclo che indaga il lato più oscuro dell’umano con il Libro notturno delle voci per flauto e orchestra, dedicato a Mario Caroli che l’1 dicembre lo esegue assieme a laVerdi diretta da Marco Angius. Concepito come un trittico, nell’ampio lavoro il compositore cerca di dare un carattere vocale agli strumenti.
A completare il quadro la mostra dal titolo, non casuale, Salvatore Sciarrino. Il segno e il suono che l’Archivio Ricordi in collaborazione con la Fondazione Paul Sacher inaugura il 23 ottobre a Palazzo Reale. In esposizione ci saranno diversi materiali relativi al lavoro creativo e preparatorio dell’artista, quali diagrammi musicali, bozze, appunti e disegni caratterizzati dal particolare tratto grafico di Sciarrino. Oggetti che ci raccontano di come il segno (o il sogno?) si trasformi in suono.
«Mi trovo sempre a lavorare coi miti e cogli incantesimi» scrive il compositore, e la musica è proprio questo: incanto e trasformazione.
Festival Milano Musica Salvatore Sciarrino L’eco delle voci (21 ottobre – 3 dicembre)
Fotografia di Luca Carrà © RaiTrade