Sanremo, (d)istruzioni per l’uso di un ex autore

In Musica

Il festival com’era, il festival come non è più nei ricordi e nei giudizi di un addetto ai lavori che l’ha frequentato e anche scritto

(D) istruzioni per l’uso, ovvero pensieri sparsi sul festival di Sanremo e di quello che dovrebbe essere e che invece è veramente. N.B. Chi scrive ne ha frequentati diversi di festival, compreso uno come autore nella (sciagurata) edizione 2006 condotta da Giorgio Panariello.

Cominciamo dalla domanda più ovvia: Sanremo è il festival della canzone italiana? No, nonostante il sottotitolo e la “mission” ufficiale, Sanremo non è da tanto tempo il tempio della musica. Basti pensare che il premio Tenco dedicato alla canzone d’autore nacque da una scissione dal festival proprio in quel di Sanremo nel 1972. Nei fatti Sanremo ospita tutti gli anni un certo numero di canzoni, tendenzialmente brutte e inutili, che servono alla Rai per fare spettacolo. Anni fa partecipare al festival dava ancora garanzie di notorietà e di serate nelle piazze della provincia italiana. Oggi nemmeno quello. Poi qualche canzone buona c’è sempre, ma quasi tutte si perdono nel mare di note inutili.

Il vero motivo per cui Sanremo continua ad esistere è il gigantesco business che muove a ogni livello (televisivo, pubblicitario, di potere politico e mediatico). Per la Rai è l’appuntamento dell’anno, tanto che il ribaltone dei direttori che saranno scelti da Campo dall’Orto (nuovo supermegadirettore generale) arriveranno dopo la fine del festival. Ma tutta questa importanza strategica non si trasforma magicamente in un lavoro preparato e professionale: ricordo con terrore le riunioni per decidere gli ospiti stranieri con personaggi degni di Bombolo e Cannavale che sparavano a caso nomi inglesi storpiati (vuoi Orlando Blum? damme ducentomila euro e ariva!).

Dallo scorso anno Sanremo (dicono) non è più in perdita in termini di bilancio economico. D’altronde la pubblicità in onda costa cifre notevoli (quest’anno la Rai spera di chiudere in attivo di sei milioni di euro su una spesa dichiarata di sedici milioni) e il comune di Sanremo titolare del marchio incassa cifre incredibili che poi non sa gestire. Infatti l’amministrazione sanremese è stata commissariata quattro volte dal 93 a oggi. Solo per il 2015 il comune ha incassato cinque e milioni e mezzo di euro, cifra già abbassata di molto rispetto a quelle precedenti.

Ma, a dispetto di tutto,  il festival resta “l’evento” mediatico per eccellenza in Italia. I motivi sono tanti: chi governa i media crede che il nazionalpopolare sia imprescindibile per tutti a tutti i livelli, anche se ormai (per fortuna) milioni di italiani fanno altro durante i giorni del festival. E perché Sanremo è ancora un luogo dove la sala stampa conta e ha potere, e quindi per niente al mondo i dinosauri vecchi e nuovi della critica musicale rinuncerebbero alla vetrina sanremese dove possono farsi vedere in conferenza stampa e poi bullarsi in redazione. Il fatto che sia un gigantesco niente musicale e spettacolare è ormai solo un dettaglio insignificante. Ricordo ancora che i dirigenti Rai informavano prima i giornalisti in sala stampa che noi autori su chi era stato eliminato nella varie serate…..

Un altro motivo della sua immarcescibilità è che Sanremo è l’unica rassegna “storica” rimasto in vita fra tutte quelle nate nei meravigliosi anni cinquanta e sessanta. Festivalbar non c’è più da quasi dieci anni, Cantagiro e Disco per l’Estate si sono persi chissà dove, altre “kermesse” non sono mai diventate qualcosa di veramente importante. E inoltre ha permesso (in anticipo sui maledetti talent) e permette alle nuove proposte di sognare un colpo alla Eros Ramazzotti o alla Laura Pausini: arrivano in riviera come dei pivelli e ripartono con addosso la fiducia di chi ha vinto fra i giovani e può sfondare nel mondo. Ma non dimenticate che Sanremo (proprio come i talent) ha i suoi “cadaveri”, ovvero vincitori – a vari livelli – che poi scompaiono nell’anonimato. Citando il festival 2006 che ho fatto come autore, sapete chi vinse? Povia con Vorrei avere il becco. Ecco.

Concludendo (come avrebbe detto Mike Bongiorno, decano dei presentatori del festival) perché Sanremo continua a essere visto da milioni di italiani e a muovere tutta questa attenzione? Perché la Rai senza Sanremo non avrebbe l’evento con la E maiuscola, attorno a cui si giocano le partite di potere più importanti della tv pubblica. Quindi investe il meglio delle sue risorse umane e tecniche per un show che deve essere perfetto nella forma e mediocre nei contenuti. L’importante è che si faccia ascolto, non importa più di tanto come. Può andar bene il perbenismo democratico di Fazio o la restaurazione pop di Conti, basta che Auditel dica bene il mattino dopo. E quindi per fare ascolto ci deve essere sempre il mix di mostri, brutture, personaggi da sepolcro, gnocche epocali e maschi alfa più o meno in attività… è il caravanserraglio di Sanremo bellezza, e tu non puoi farci niente. Se non cambiare canale. Click.

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