Non sarà “stabile” – afferma il direttore milanese – ma una filarmonica “a programma” per approfondire un autore, per lavorare sul repertorio. Una compagine nata dall’incontro tra musicisti di esperienza ed età differenti. Il futuro? Lo deciderà il pubblico
A Milano è nata un’orchestra, LaFil, acronimo di La Filarmonica di Milano, che ha colto tutti di sorpresa. Nulla si sapeva del suo formarsi, quasi in segreto. Poi, in pochi giorni si è fatta ascoltare nella pienezza di una qualità anch’essa sorprendente, in due concerti, sabato 31 maggio e domenica 2 giugno, nell’”archeologia” Art Nouveau del Palazzo delle Scintille immersa in CityLife. Programma: le quattro Sinfonie di Schumann. In mezzo, sabato 1, giochi da camera dei musicisti, sciolti in gruppi, alle Gallerie d’Italia.
Non sarà stabile, LaFil, ma un’orchestra “a programma”: sulle Sinfonie di Schumann nella prima tornata conclusa, sulle Sinfonie di Brahms in autunno (25, 27 ottobre, 1 e 3 novembre, con corona il 17 per la conclusione di Bookcity). Orchestra formata da prime parti di Santa Cecilia, Filarmonica della Scala, Orchestra Nazionale della Rai, Maggio Fiorentino, Fenice di Venezia, Regio di Torino, Comunale di Bologna, Pomeriggi Musicali, Svizzera Italiana e da un bel gruppo di giovani che con queste orchestre hanno avuto e hanno rapporti di lavoro.
Sorpresa anche più notevole è che a prendersene cura sia stato Daniele Gatti, pronto ad accompagnarla in una vita parallela, disegnata su autori ogni volta diversi; terreni di coltura per la qualità di tutti. Dieci giorni di prove intense e l’orchestra è apparsa già con un profilo, una personalità, una sensibilità forti. “Lavorata” da un concertatore e direttore in stato di grazia (già evidente nel Mozart e nello Šostakovič con la Filarmonica della Scala il 13 maggio), inflessibile nello smontare e rimontare frase per frase le Sinfonie di Schumann, nel separare e riunire strumenti e famiglie, nello stimolare l’ascolto interno, nel trovare sempre un punto d’incontro musicalmente motivato.
Daniele Gatti, l’idea di questa orchestra quando e come nasce?
Un anno e mezzo fa, chiacchierando con Roberto Tarenzi, che è stato la mia prima viola all’Orchestra Stradivari, gli ho svelato un desiderio che accarezzavo da qualche tempo: formare un’orchestra che mettesse insieme le prime parti di formazioni diverse, dei teatri e delle realtà sinfoniche più rappresentative d’Italia. L’idea di una “nazionale” delle orchestre, che si potesse esibire una o due volte l’anno, in incontri legati a momenti e programmi precisi. Qualche settimana dopo abbiamo messo a parte dell’idea anche Carlo Maria Parazzoli, che è il primo violino all’Accademia di Santa Cecilia ma anche lui di Milano, con cui ho condiviso gli anni di studio. Di lì il progetto ha cominciato a prendere corpo, fin da subito avendo chiaro l’aspetto più importante: chiamare musicisti giovani attorno al nucleo di “anziani”; non diplomandi, ma musicisti che hanno finito gli studi e che già gravitano attorno alle orchestre italiane di cui fanno parte i solisti dello zoccolo duro.
Esperienza e freschezza combinate insieme.
Generazioni diverse che si incontrano. Non mi sono riproposto di “fare” una nuova orchestra, ma di riunire musicisti di esperienza ed età differenti in un percorso concentrato in un fine settimana; per approfondire un autore, per lavorare su un periodo, su un repertorio, uno stile preciso. Non solo: volevo che tra un concerto e l’altro, il sabato pomeriggio, si aprisse lo spazio di un lavoro cameristico per gruppi, alle Gallerie d’Italia. Perché alle Gallerie? Per inserire la musica da camera nella vita della città, offrirla a un pubblico che magari è lì per altro, per visitare un museo, per coltivare altre conoscenze.
LaFil poteva nascere in una città che non fosse Milano?
Sì, poteva. Ma noi tre, Tarenzi, Parazzoli ed io, siamo milanesi, abbiamo studiato insieme, siamo figli di questa città e ci è sembrato giusto che almeno la prima esperienza fosse consumata qui. Sentivamo di dover restituire alla città quel che ci aveva dato agli inizi delle nostre vite professionali.
Anche perché la Milano che oggi ha dato vita a LaFil – posso espormi io -, è una parte forte nei valori della città. Penso a Luca Formenton e al suo Saggiatore, una delle case editrici più attive e coraggiose anche nella musica.
Luca Formenton è un vero mecenate. Lo è stato in questa circostanza, ma aspettiamo anche altri amici. Diverse cose si muovono dentro questa realtà.
LaFil come offerta alla città, con quali prospettive?
Per ora è un’offerta gratuita, anche per conquistare un pubblico che non ha opportunità o abitudini con la musica sinfonica.
E coprire uno spazio?
Assolutamente no. Vogliamo solo arricchire l’offerta consolidata della città con un progetto profondamente diverso, che ha un “fuoco” preciso. L’anno prossimo potremo forse parlare di un “fine settimana con Haydn e con Mozart”, e così via.
I giovani come sono stati scelti?
Ciascuna delle prime parti ha selezionato giovani talenti fra le nuove leve che lavorano con le rispettive orchestre. Faremo probabilmente anche audizioni, in futuro, ma per ora la natura de LaFil è questa. Lo scopo non è “costruire” un’orchestra ma riunire le nostre esperienze per fare musica con un’altra generazione.
Sempre gratis e sempre qui, al Palazzo delle Scintille?
Pensiamo a un biglietto di ingresso pari a quello di un cinema. E speriamo che il Teatro Lirico possa diventare agibile non troppo tardi, ma questo Palazzo delle Scintille è davvero straordinario: una ricchezza che il Comune ci ha messo a disposizione e che ha diverse simbologie dentro di sé. Uno spazio storico dentro la città nuova.
Il futuro de LaFil?
Tutto dipenderà dalla risposta del pubblico, dalla simpatia che potrà nascere nei confronti dell’orchestra. Per ora ci sono solo Schumann e Brahms su cui lavorare al meglio. Poi, se fra vent’anni ci sarà un tempo per la nuova orchestra, noi non lo sappiamo.
Fotografie © Gianfranco Rota