Giovanni Veronesi ci regala il miglior titolo nostrano del Natale, tornando alle radici del classicone di Dumas e schierando una formidabile line up di commedianti d’oggi: Favino-Mastandrea-Rubini-Papaleo. Al servizio della regina Margherita Buy, ma con più di una frecciata al loro arco contro lo stato di cose presenti, razzismo compreso. Nonostante una simpatica coppia di protagonisti, fallisce invece il tentativo di Michele Soavi: la sua vecchia signora sulla scopa, star delle feste, annoia
Cavalcando di fantasia, Giovanni Veronesi ci regala Moschettieri del re – La penultima missione, il miglior film italiano di Natale, andando a ritrovare, come un ragazzo, le origini dell’avventura del romanzo di Dumas e cercando di adattarle ai nostri mostruosi tempi. Non è la prima volta che il nostro cinema si occupa dei Moschettieri (tre più D’Artagnan, che si aggiunge): ci sono stati kolossal storici di Cottafavi ma anche cult comici come quello di Bragaglia con Fabrizi, Taranto, Macario e Croccolo, una grande rivista con Lisa Gastoni soubrette.
Veronesi sta nel mezzo: da una parte rivive l’avventura in modo fastoso, concedendosi solo il lusso di cambiare Richelieu con Mazarino, dall’altra concede le redini dei cavalli e del gioco a quattro amatissimi attori della commedia di oggi, che qui sono davvero uno più bravo dell’altro: Sergio Rubini, Aramis, è un frate pieno di debiti; Pierfrancesco Favino offre a D’Artagnan accento alla francese, un grammelot di grande ilarità; Rocco Papaleo è Athos, un castellano lussurioso e molto bisex, mentre Valerio Mastandrea, un po’ fuori di testa, è un Porthos alcolico. Tutti insieme appassionatamente, con occhiali alla Men in Black, cullati dal rapper ante litteram di Celentano Prisencolinensinainciusol, del ’72, avanzeranno nella storia per soddisfare le esigenze della regina Anna Margherita Buy, straniante e brillante, che vuole fermare la strage degli Ugonotti, torturati ed espulsi dal paese come si addice anche al razzismo di oggi.
Dice Rubini osservando gli strumenti di tortura: “Ma questi sono deficienti, voglio vedere se nell’800 ci sarà ancora la tortura”. Il film è tutto dentro la malizia del suo impianto, quindi ha una doppia lettura, per ragazzi e oltre, ma anche come satira di costume traslocata all’oggi grazie alla bravura del cast. Non si può non pensare che una volta i ruoli sarebbero stati, metti con la regìa di Monicelli, di Gassmann e Mastroianni, Tognazzi e Manfredi: per una volta, però, si rimpiangono ma con misura, perché Veronesi ha scelto una sua vita all’avventura feuilleton che spinge all’action ma si riserva i momenti migliori nelle componenti patologiche caratteriali dei moschettieri, singoli o in gruppo, comunque visti come un club di anziani pensionati ma con voglia ancora di sfidare il mondo.
E poi ci sono invenzioni spiritose di pregio, nella scrittura e nelle situazioni clou, con la povera Valeria Solarino spedita
come guerriera e Matilde Gioli che fa la perfida Milady. Nei titoli di coda, la parola è a un song di Paolo Conte che viene subito dopo il gran finale in cui una macchina del tempo fa il suo dovere extra temporale iniettando nella macchina un sospetto brechtiano fra ieri ed oggi.
natale all’italiana 2 / cortellesi non salva LA BEFANA
Per queste feste di Natale i bambini italiani potranno lasciarsi catturare dal nuovo film di Michele Soavi La Befana vien di notte con Paola Cortellesi e Stefano Fresi. Da un soggetto di Nicola Guaglianone, il film racconta di sei ragazzini che devono salvare la maestra (alias la Befana), dalle grinfie di un perfido produttore di giocattoli, che trama da anni la propria vendetta nei confronti della vecchietta porta carbone. Paola (Cortellesi) vive in un bellissimo paesino del Trentino-Alto Adige ed è maestra di scuola; la sua vita apparentemente tranquilla nasconde un segreto: da mezzanotte alle otto del mattino lei si trasforma infatti nella Befana, la vecchiaccia dal naso adunco e le scarpe rotte che porta in dono ai bambini la notte del 6 gennaio qualche giocattolo, tanti dolci e a volte del carbone, se sono stati cattivi. Destreggiarsi tra tutti gli impegni non è facile, specialmente se ci si deve confrontare con Babbo Natale, elegante e iconico simbolo della più grande festa commerciale. Ma quando Paola verrà rapita da Mr. Johnny, i suoi alunni non esiteranno a correre in suo aiuto, in un’avventura nello stile dei cult anni ’80.
Soavi si lancia in un’impresa di buone intenzioni con tutti gli strumenti adeguati (attori capaci, uno scrittore di successo, la collaborazione con Grandi Giochi srl), per sfornare un film sì commerciale, diretto alle famiglie, ma dal taglio efficace; purtroppo però il risultato delude le aspettative: La Befana vien di notte risulta infatti un fiore non sbocciato, un film imprigionato nella sua stessa sceneggiatura, che non riesce a dare respiro ai protagonisti legandoli in battute banali e stantie e costringendo lo spettatore a concentrarsi su altro.
Eccessivamente calcato l’aspetto avventuroso della trama, si vanifica la capacità attoriale tanto che né la Cortellesi, né Stefano Fresi riescono a dare pienamente corpo ai loro personaggi, di base divertenti e interessanti. Mr. Johnny sembra un cattivo Willy Wonka, mentre la caratterizzazione della Befana Paola scade nell’insopportabile confronto/scontro di genere col “nemico” Babbo Natale. Merita invece di più la regia: le riprese sulle stupende montagne innevate e sul piccolo. caratteristico “villaggio” regalano allo spettatore molte emozioni e gli ricordano quanto meraviglioso sia il nostro Bel Paese.
Per i più piccoli La Befana vie di notte, risulterà uno spensierato racconto natalizio, l’occasione per passare un pomeriggio al cinema, per gli adolescenti invece rischia di essere troppo scontato, se non noioso.
(E scommetto che la mattina del 6 Gennaio troverò un enorme sacco di carbone sotto l’albero!)