Torno con mia madre, dopo 12 anni, a un concerto di Fiorella Mannoia. L’emozione si rinnova. Alla fine i loro sguardi si incrociano: questione di attimi, eppure…
11 luglio 2002, Velodromo Vigorelli, Fiorella Mannoia in concerto con Pino Daniele, Francesco De Gregori e Ron: fu la prima volta che io e mia madre la vedemmo dal vivo e quella serata la ricordiamo ancora con una certa emozione. Dopo diversi anni, torniamo a sentirla al Teatro degli Arcimboldi: mamma elettrizzata – io, lo ammetto, un po’ scettico rispetto alle ultime produzioni. Eppure alla fine avrò modo di ricredermi.
Il pretesto del tour, accompagnato dall’uscita del doppio Fiorella, è la celebrazione dei sessant’anni (e non sentirli) della Mannoia, di cui quarantasei in veste di cantante e autrice. Il concerto del 6 dicembre diventa così l’occasione, per lei, di raccontarsi in un dialogo schietto ed empatico con il pubblico, e ripercorrere, attraverso aneddoti e arrangiamenti inediti, una carriera di successi e progressive metamorfosi.
La scaletta è un accorato omaggio alla Canzone Italiana, cui la sua voce, autorevole e graffiante, ha regalato interpretazioni uniche: da Un bimbo sul leone di Celentano, a La stagione dell’amore di Battiato, passando per i brani di Jannacci, Fossati, Ruggeri (ospite a sorpresa). Si farebbe prima a citare chi manca all’appello – mia madre, tra un pezzo e l’altro, bisbiglia compiaciuta: «Le so tutte!». La Mannoia calca il palco con eccezionale disinvoltura, il magnetismo sul pubblico è tale che anch’io mi abbandono a più riprese al coro collettivo.
«Negli anni ho dismesso quel rigore da suora laica, ho abbracciato la mia femminilità e ho preso il gusto di esibirla», si confessa Fiorella con autoironia, senza del resto rinnegare il suo impegno militante nella lotta per i diritti civili. Si giunge come previsto alla parte più intimista del concerto, in cui si celebrano le voci inespresse delle donne: dalle amanti tradite e violate, alle madri in apprensione per i propri figli in partenza (la mia, la sorprendo con la coda dell’occhio, tradisce un velo di commozione). Non c’è retorica, solo immediatezza e intensità.
Nei bis dedicati a Dalla e Conte, non paga di due ore e mezza di live, la Mannoia rompe gli indugi e raggiunge la platea. Sulle note di Vieni via con me la cantante e mia madre si incontrano tra la folla in un ballo fugace e spensierato: questione di attimi, eppure chissà quante cose si sono comunicate in quegli sguardi. Proprio allora realizzo qual è il vero ruolo dell’interprete musicale: medium di emozioni, messaggero di bellezza.
Fiorella Mannoia al Teatro degli Arcimboldi