Bellissima, intelligentissima, coltissima, ambiziosa. Eppure scrive pochissima musica, e non dirigerà mai un’orchestra. Ma viene desiderata – e amata – da tutti i cervelli più brillanti della Vienna della Secessione. Musa, moglie, amante, Alma Mahler rivive nell’indagine che Françoise Giroud costruisce per il suo, intatto mistero: essere stata il motore mobile di tanti geni del suo tempo (da Werfel a Kokoschka) e averli abbandonati tutti.
Françoise Giroud dedica una biografia imperiosa a una delle donne più amate e ammirate del Novecento, Alma Mahler, o l’arte di essere amata, che esce per la casa editrice Beat.
L’incipit del libro è una citazione da Jacques Lacan: “La donna non esiste”, che sconcerta e ben calza in questo caso, perché, nonostante una documentatissima indagine, ci rendiamo conto di non conoscere la vera Alma, quella che sta dietro l’immagine riflessa dai suoi molti amanti.
Quale segreta malia nascondeva questa donna (seppur bellissima, intelligentissima, coltissima), che costringeva i più grandi ingegni del suo tempo a prostrarsi ai suoi piedi come una dea, a restare di volta in volta amati, traditi, maltrattati, eppure sempre legati a lei, sempre adoranti, sempre imploranti?
Alma non esercita le efferatezze della belle dame sans merci, non fa del male per il piacere di farlo, anche se spesso è crudele, ma per lo più dona tutta sé stessa all’amato del momento, che sceglie con infallibile istinto, attratta dal genio, dalle sue capacità magari ancora latenti, inespresse, e gli dà la forza, la consapevolezza di poter creare l’opera d’arte.
Una specie di Pigmalione al femminile, la nostra Alma, che poi, quando ha esaltato al massimo le capacità della sua creatura, quando ha svelato al mondo quel che lei aveva intuito da subito, molla quel che era stato il suo idolo: ormai è un giocattolo vecchio che non la diverte più. La vediamo allora abbandonare con gentilezza, con qualche rimpianto, poiché ormai la passione è spenta, lei si annoia, e già da un po’ è attratta da una nuova scoperta. Vien da dire che è una predatrice che, anziché distruggere, fa nascere, esalta l’ingegno.
Ma loro, geni a questo punto compresi e osannati, si sentono persi senza di lei: era Alma a dar loro la consapevolezza del proprio valore, a spingerli a osare, a sfidare il mondo; lei si annulla per farli grandi, li introduce in società, li presenta a mecenati e ad altri intellettuali, organizza feste, ricopia – infaticabile – manoscritti, tiene il salotto più esclusivo e trasgressivo di Vienna, è generosa e disinteressata, poi qualcosa si incrina e la bella falena è attratta da una nuova fiamma, da una nuova Arte.
Musica, Architettura, Pittura, Letteratura, Filosofia.
Ma Alma è una falena molto speciale: non si brucia mai, anche se ci va vicinissima; che Alma non sapesse amare col cuore, ma solo col corpo e con la testa? Capirlo è impossibile, poiché dei suoi sentimenti non trapela nulla, mai.
Proviamo a guardare da vicino il più famoso, il più fatale dei suoi amori, Gustav Mahler: l’uomo di cui, nonostante altri successivi matrimoni, manterrà sempre il cognome.
Abbiamo decine di lettere del 1901, l’anno del loro incontro. Dopo le convenzionali dichiarazioni d’amore, le descrizioni del suo impegno a comporre ‘per contribuire al patrimonio comune dell’umanità’, Mahler, che è di una prolissità insopportabile, le chiede di diventar sua moglie:
D’ora in poi il tuo compito è uno solo: rendermi felice. Mi capisci Alma? So bene che devi essere felice (attraverso di me) per potermi rendere felice; ma in questo spettacolo, che potrebbe diventare una commedia tanto quanto una tragedia (e né l’una né l’altra delle due possibilità sarebbe giusta), le parti devono essere ben distribuite e quella di ‘compositore’, di quello che lavora, spetta a me. La tua è quella della compagna affettuosa, del camerata comprensivo. Pensi che possa appagarti?.
E, con Manzoni a proposito della Monaca di Monza, tocca dire: La sventurata rispose.
Dalla più talentuosa ragazza di Vienna, esordiente compositrice, ammirata e corteggiata da tutti, di una bellezza sfolgorante, divorata da fantasmi di gloria, ci si sarebbe aspettato un destino ben diverso che quello di essere la copista delle partiture di suo marito.
Mahler le proibisce di comporre e lei si sottomette, ma il prezzo è altissimo.
Scrive la Giroud:
di sicuro esistono sacrifici voluttuosi, per chi ne ha la vocazione, ma nessuno meno di Alma era fatto per la virtù dell’abnegazione. Servire un genio, e gratificarsi così, non è il ruolo che si era assegnata: la condanna perciò a uno strato di frustrazione, talora di disperazione perché, ironia della sorte, Alma consuma il suo sacrificio per un uomo di cui non ama la musica.
Chi può dire se l’arte non abbia perduto qualcosa di eccezionale?
Tra i suoi amanti e mariti troviamo gli esponenti più raffinati dell’élite intellettuale austriaca: Klimt, Mahler, Gropius, Kokoschka, Werfel sono solo alcuni tra i tanti che son caduti in sua malia; uomini che hanno segnato l’arte del loro tempo.
Di lei rimane solo l’immagine fascinosa e fatale di una musa della Secessione viennese e il senso di una ribellione, o di una negazione, abnorme per un cervello incatenato in un corpo cui la società del tempo non ha concesso, di fatto, libertà espressiva.