Frottage. Un dispositivo socievole per riconnettere luoghi e persone

In Arte

Fino al 30 giugno Viafarini.work, lo spazio riqualificato in via Marco d’Agrate 33 a Milano, presenta la mostra Frottage. Un dispositivo socievole del duo artistico Premiata Ditta (Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà), un processo collaborativo, aperto e in parte imprevedibile, sviluppato dagli artisti nel Municipio 4, da cui hanno preso corpo questa mostra e un libro. Per realizzare i frottage gli artisti hanno appoggiato grandi fogli sui portoni trasferendo sulla carta le tracce di legni, serrature o ferri battuti con delle grosse matite scure. Il risultato di questa azione sono dei disegni-impronte che ci fanno percepire anche la tridimensionalità dei portoni. Un dispositivo di immagini e parole grazie al quale gli abitanti hanno avuto modo di riscoprire il proprio quartiere, di restituirgli unicità, anche dialogando tra loro. E in un certo senso i portoni si sono aperti.

Un acquazzone violento e improvviso, dal liquido tiepido e dal rombo suadente, si abbatte in pieno giugno a tarda sera sulle strade di Milano, Municipio 4, via Riva di Trento. La strada è deserta, il muro d’acqua accorcia la visuale e distorce la visione, i vestiti impregnati grondano, un senso di serenità e leggerezza metafisica. Ogni portone, nel film in bianco e nero che è diventato il paesaggio urbano, occhieggia dal suo alloggiamento murario, quasi sostenesse lui tutta la struttura di mattoni e cemento di cui portegge l’entrata, o impedisce l’uscita. Un varco, ogni portone, tra lontane dimensioni spazio-temporali. Nodo energetico in cui tutte le esistenze si incrostano. Quelle passate, quelle presenti e vive, quelle che saranno. Guardo ogni portone, dimentico della pioggia, cercando di afferrarne l’età e ricostruirne l’esistenza, scivolato in quest’indagine grazie allo stimolo carezzevole di Frottage, un dispositivo socievole, il progetto di Premiata Ditta, al secolo Anna Stuart Tovini e Vincenzo Carandà, che quei portoni hanno voluto per primi indagare, conoscendo e ascoltando gli abitanti di quei luoghi (portoni, palazzine, cascine, balconi) in un flusso collettivo entusiastico e vero.

Lontano dall’abuso strumentale di termini come inclusione, ibridazione, rigenerazione urbana, comunità di prossimità, quello che Anna e Vincenzo hanno innescato (generato, non creato) è un meccanismo partecipato e virtuoso. Vero. Un vero Dispositivo socievole, vezzeggiativo della socialità non sociologicizzata, fatta di persone reali, di associazioni, di mappe relazionali, di musica che fu e che è. Un progetto di riappropriazione nato nel buio del Covid, passato per il Municipio 3, che va da Porta Venezia all’Ortica passando per la zona universitaria, e per la Zona 2 con l’associazione Via Padova Viva, con i loro conflitti e le loro storie di integrazione e rigenerazione, con le loro memorie e le loro aspettative. “Abbiamo coinvolto gli abitanti nella realizzazione dei frottage perché sono stati loro a scegliere quali portoni farci raccontare, sapendo che l’avremmo fatto con il tratto sulla carta e attraverso le loro parole: incrociando la Storia alle storie.”


Poche ore prima, clima generoso, tempo dilatato, si passeggiava su quella stessa strada in senso inverso, partiti dallo storytelling dei portoni milanesi nella vicina Fondazione Galleria Milano, dove un buffet di parole e musica ha offerto un assaggio delle storie più significative- raccolte nel territorio e racchiuse nel prezioso libro che racconta il progetto. Da lì, accompagnati dalle signorine che te la danno, prima la buona sera e poi la mano schitarrate con maestria, ci si era fermati allo stesso civico, il numero 8, allo stesso portone coperto da pesanti lastre di ferro arrugginito, che nessuno lo apra, che nessuno entri o esca. Che adesso, con il filtro della pioggia e dei lampioni, è più portone di prima. Adesso la storia della famiglia che lo possedeva che poi si estinse ma lo diede in eredità a chi lo lasciò a qualcun altro che ora, cent’anni dopo, lo ha venduto, e lo abbatteranno, e c’era una trattoria col campo da bocce e una cascina, eccola lì, dietro a quel cancello, quel racconto è Cent’anni di solitudine riassunto in un portone, nella memoria di un foglio che ne ha raccolto le stimmate. Da quel corpo e molti altri, da Corso XXII marzo a Corvetto, da via dei Cinquecento al Ponte al Lambro a Rogoredo. Storie di vita e malavita, Nanni Svampa e Jannacci che girano in testa, nostalgia retroattiva e voglia di non perdere il filo. Di tener viva la fiamma per non adorare delle ceneri.


Viafarini work, il vicino spazio espositivo e di lavoro appena riqualificato, ultima tappa della passeggiata, ospita il risultato di queste molte esplorazioni collettive e partecipate di Premiata Ditta e degli abitanti dei Municipi milanesi. La mappa delle relazioni e sedici frottage, sedici storie che si diramano in altre storie in un potenziale infinito rizomatico, raccontate da quei grandi fogli al muro con i loro decisi e amorevoli segni di matita scura, sagomati dalla superficie sottostante di cui ora sono Sindone. Sudario, anche. Veroniche, Vere Icone, soprattutto. Tracce venerate di quel che era, di quel che al momento è e che, nel dispositivo socievole innescato, ancora sarà.

In copertina: Premiata Ditta, Frottage, Milano, 2024

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