Suonare positivo: le melodie solari dei Fleet Foxes

In Musica

Soave e poetico “Shore”, l’ultimo disco della band di Seattle capitanata da Robin Pecknold, ci regala un po’ di calore e positività. Speriamo beneaugurante

I Fleet Foxes, gruppo folk/rock formatosi a Seattle nel 2006 e capitanato dal cantante/paroliere Robin Pecknold, ha raggiunto la notorietà nel 2008 con l’omonimo disco.

L’essenza del loro nuovo album, Shore, uscito nel settembre scorso in occasione dell’equinozio, è rimanere fedeli a se stessi, essere coerenti con l’immagine che la band si è costruita. Del resto il gruppo suona più o meno come 13 anni fa, senza però dare la sensazione di ricostruire suoni o temi del passato. L’album ricorda a tratti la solarità delle loro prime canzoni, così come i momenti più leggeri dell’ultimo lavoro Crack-Up del 2017 e conta 15 brani per una  durata complessiva di 55 minuti circa.

La splendida cadenza della traccia di apertura, Wading in the Waist-High Water, ci accoglie calorosamente. Nel comporre alcune delle musiche più vibranti della sua carriera,  il cantante Robin Pecknold si apre anche come scrittore, tornando un po’ al pensiero naturalistico/trascendentalista dei suoi primi lavori mentre trasforma i suoi versi poetici in veri e propri riflessi dei suoi pensieri. 

Nel secondo brano Sunblind, Pecknold condivide il suo amore per i suoi autori e musicisti preferiti, tra cui Richard Swift, John Prine, Bill Withers, Judee Sill, Elliott Smith, David Berman, e Arthur Russell. Ciò che è ancora più sorprendente è il coro audace e volenteroso, in cui canta apertamente della gioia di fare musica sulle orme di questi grandi artisti, usando la sua voce potente per trasmettere la sua profonda gratitudine in un raggio di pura bellezza radiosa. In Sunblind ritroviamo la missione di Shore: restituire un po’di positività a quel mondo musicale che gli ha dato tanto piacere. Nell’ampia dichiarazione rilasciata prima dell’uscita dell’album, infatti, Pecknold scrive di come volesse fare qualcosa che onorasse i suoi eroi musicali scomparsi.

L’interessante brano Jara prende il nome da Victor Jara, attivista-musicista cileno che fu ucciso quando gli Stati Uniti fecero cadere il governo democraticamente eletto di Salvador Allende nel 1973.

Il cantautore continua con la sua scrittura ispirata in A Young man’s game: “Potrei passare da erudito ma è un gioco da giovani”. Coinvolgente e “catchy” è poi la bella folk ballad I’m not my season.

L’apprezzamento di Pecknold per la vita e la sua gioia nonostante le figure oscure si nota nel brano Maestranza  in cui afferma: “Questi ultimi giorni / I truffatori hanno controllato il mio destino”.

In Shore il gioco delle stagioni e l’influenza degli elementi è sempre presente. “E con amore e odio in bilico”, canta Pecknold nel bellissimo pezzo centrale Featherweight, “Un ultimo modo per superare la malizia, un giorno caldo è tutto ciò di cui ho veramente bisogno.” Qui troviamo un pianoforte jazz che ripropone velatamente le armonie dei Beach Boys.

Chiude degnamente Shore. La canzone che dà il titolo all’album dopo l’inizio in cui uno splendido pianoforte incede lento si apre strumentalmente con dinamiche e suoni in background di alto livello.

Un bel disco e come suggerisce il titolo, per carpirne meglio l’essenza, è preferibile un ascolto sulla riva di mari o fiumi. 

Il 24 marzo, per chi fosse interessato ci sarà un concerto live streaming del cantante, visibile solo per i possessori del disco. Per saperne di più www.fleetfoxes.co

Fleet Foxes Shore (Anti- Record)

Immagine di copertina: Robin Pecknold (Foto di Emily Johnston)

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