Galapagos, paradiso di pace e rinascita. Impresa impossibile anche negli anni 30

In Cinema

“Eden”, 28° film diretto da Ron Howard, riunisce in un’isola remota i fuggiaschi dall’Europa turbolenta, in cerca di amore e utopia. Ma siccome “l’inferno sono gli altri” (lo scriveva Sartre), falliranno i tentativi del medico/filosofo Friedrich di scrivere un saggio sui rapporti tra natura e cultura e quelli della bella amante/discepola Dora di curare la sua malattia degenerativa. Anche perché a sconvolgere tutti arriva la seducente baronessa Eloise, decisa a costruire un resort di lusso. Ottimo cast (Law, Kirby, Bruhl, De Armas) per un film che cambia troppi registri, dal grottesco al thriller, e finisce per girare un po’ a vuoto

Galapagos, anni Trenta. In fuga dall’Europa in preda alla crisi economica, dalla Germania nazista, da un modello di sviluppo e civiltà che mostra tutte le sue drammatiche crepe, un gruppo di persone si illude di costruire un paradiso, un idilliaco intreccio di utopia e rinascita sulla sperduta isola di Floreana. Ma naturalmente sapranno creare solo un inferno, a loro immagine e somiglianza. L’enfer c’est les autres, scriveva Jean-Paul Sartre, l’inferno sono gli altri, e i protagonisti di Eden di Ron Howard, sembrano tutti lì a dimostrare la tragica e incontrovertibile verità di tale assunto.

I primi a sbarcare sull’isola sono stati il medico e filosofo Friedrich Ritter (Jude Law) e Dora Strauch (Vanessa Kirby), sua amante e discepola. Lui intende approfittare dell’isolamento e del contatto intimo, senza filtri, con la vita selvaggia per scrivere il saggio definitivo sul rapporto tra natura e cultura. Lei si illude di poter trovare una cura alla malattia degenerativa che mina da anni il suo fisico già debilitato. Dopo pochi anni la loro scelta viene emulata dal veterano di guerra Heinz Wittmer (Daniel Brühl), insieme a un figlio adolescente malato di tubercolosi e alla giovanissima seconda moglie Margret (Sydney Sweeney). L’equilibrio non è facile da trovare, tra desiderio di solitudine e rapporti di buon vicinato, ma alla fine sembra a portata di mano. Finché sull’isola non approda la sedicente (e assai seducente) baronessa Eloise Wagner de Bousquet (Ana de Armas), con tanto di corteo di schiavi-amanti e l’ambizioso progetto di costruire su Floreana un resort di lusso. E la situazione non può che diventare rapidamente esplosiva.

Giunto al suo ventottesimo film, Ron Howard si è lanciato in un’impresa bizzarra, piuttosto lontana dai sentieri fin qui percorsi nella sua lunga carriera, iniziata nell’ormai lontanissimo 1977 con Attenti a quella pazza Rolls Royce. A partire da una storia vera, raccontata in modi specularmente diversi da due delle protagoniste, Margret e Dora, molti anni dopo i fatti, il regista americano sembra volersi prima di tutto interrogare sulla darwiniana capacità di adattamento degli esseri umani, ma anche, forse soprattutto, su ciò che rimane assolutamente invariato pur in mezzo ai più radicali cambiamenti ambientali, tra aspirazioni alla pace ad ogni costo e irrefrenabili istinti bellicosi.

Il risultato è un film ambizioso e imperfetto, che cambia di continuo registro, alternando il grottesco al mistero, il thriller al dramma, il pamphlet filosofico alla commedia di costume. Un po’ apologo in stile Il signore delle mosche, un po’ film-dibattito sul rapporto sempre cangiante e a volte tragicomico tra natura e cultura, un’opera che non si può dire risolta e pienamente riuscita, pur continuando a incuriosire e a mantenersi interessante fino alla fine. E questo nonostante una sceneggiatura che purtroppo da un certo punto in poi tende a girare a vuoto, senza riuscire a sfruttare appieno le potenzialità di un ottimo cast.

Eden di Ron Howard, con Jude Law, Ana de Armas, Vanessa Kirby, Daniel Brühl, Sydney Sweeney

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