Contro lo spettro della cosiddetta ‘teoria del gender’ si moltiplicano appelli, censure, manifestazioni. Qui si spiega da dove nasce la nuova crociata e perché proprio adesso
Uno spettro si aggira per l’Europa. E no, non è quello del comunismo che invita i proletari del mondo a spezzare le proprie catene, ma quello della teoria del gender, contro cui grava l’accusa di voler distruggere la famiglia e la naturale differenza tra i sessi.
Gender, però, non è altro che il corrispettivo inglese dell’italianissimo genere e una (o più) teorie su questo esistono almeno dagli anni ’50. La nozione di genere emerge con gli studi di John Money, psicologo e sessuologo neozelandese, che studia la transessualità e l’intersessualità e propone l’idea che vi sia un’identità di genere distinta dal puro sesso biologico. Ma potremmo risalire ancora più indietro, al celebre “donna non si nasce, si diventa” con cui Simone de Beauvoir mette in luce che la condizione delle donne è il risultato di norme sociali; o spingerci fino alla fine del ‘700, quando Mary Wollstonecraft riconduce la differenza femminile all’educazione ricevuta fin dalla più tenera età. Insomma, il genere è un concetto che si struttura nel tempo e che dà vita a diverse teorie, spesso in contrasto tra loro: perché, allora, tutto questo interesse adesso? Perché questo fiorire di appelli, manifestazioni, convegni e iniziative contro lo spettro della teoria del gender?
La storia della teoria del gender è molto più recente di quella del concetto di genere e si può rintracciare scorrendo i documenti pontifici e le prese di posizione dei Papi degli ultimi vent’anni. Tutto nasce, infatti, alla quarta Conferenza Mondiale sulle Donne organizzata dall’ONU a Pechino nel 1995, in cui, oltre a riconoscere che i diritti delle donne sono diritti umani a tutti gli effetti, ci si impegna a lavorare per l’uguaglianza di genere. Gli osservatori e le osservatrici della Santa Sede contestano subito l’uso della parola genere (parlando di gender perché le lingue ufficiali della conferenza sono inglese, francese, russo, arabo e spagnolo), tanto che il corrispondente dell’Osservatore Romano scrive: “forse la Conferenza di Pechino sarà ricordata come una grande occasione mancata, perché la battaglia per fermare i femminismi sostenuti dalle dominanti forze economiche ha impedito di raggiungere accordi più chiari sui temi della dignità delle donne e sulle risorse necessarie per un loro vero sviluppo e progresso”. Le preoccupazioni intorno all’introduzione nei documenti ufficiali del termine gender danno vita ad un intenso lavoro presso il Pontificio Consiglio per la Famiglia che porterà alla creazione del Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, pubblicato nel 2003. Questo volume dovrebbe servire ad orientare i cattolici nel mare di termini che “che possono occultare il loro reale contenuto e significato” (come sostiene il Cardinale Trujillo nella prefazione al volume) e che comprendono espressioni come: diritti riproduttivi, interruzione di gravidanza, pianificazione famigliare, ma anche discriminazione, famiglie al posto di famiglia, amore libero e, appunto, gender. Secondo il Pontificio Consiglio è necessario mostrare il vero contenuto di questi termini perché “la famiglia e la vita sono letteralmente sotto il bombardamento di un linguaggio ingannevole”, che mira a distruggerle. Queste preoccupazioni, riprese sia da Giovanni Paolo II, che da Benedetto XVI e Francesco, trovano il loro sbocco nelle piazze delle Manif pour tous francesi e delle Sentinelle in piedi italiane che si oppongono ai matrimoni omossessuali e ai progetti di educazione contro le discriminazioni. Quella che era pura teoria pontificia, così, a partire dal 2013 diventa una pratica politica di contrasto alle richieste di diritti di donne, omosessuali, bisessuali e transessuali. Nel momento in cui qualche spiraglio per dei diritti e per alcuni cambiamenti sociali si apre, la reazione della Chiesa diventa più visibile e pubblica, coinvolgendo parrocchie e associazioni, ma anche singole persone.
Mentre nel mondo si moltiplicano gli studi di genere, quindi, la Chiesa risponde proponendo l’idea che questi siano una teoria monolitica (o un’ideologia) che punta a distruggere la famiglia e, quindi, la società intera. Secondo Tony Anatrella, psicanalista e prete che ha collaborato al Lexicon, la teoria del genere “succede all’ideologia marxista, ed è al contempo più oppressiva e più perniciosa poiché si presenta all’insegna della liberazione soggettiva da costrizioni ingiuste, del riconoscimento della libertà di ciascuno e dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Tutti valori sui quali sarebbe difficile esprimere un disaccordo. A questo punto si rende necessario sapere se quei termini rivestano lo stesso significato che già conosciamo o se non servano, invece, a mascherare una concezione diversa che sta per essere imposta alla popolazione senza che i cittadini siano consapevoli di ciò che rappresenta.
Per Anatrella, infatti, tutti i corsi che si propongono di contrastare le discriminazioni di genere avrebbero invece come obiettivo quello di far scomparire la differenza sessuale in nome di una fantomatica possibilità di poter scegliere liberamente il proprio genere, il proprio sesso e il proprio orientamento sessuale, possibilità che farebbe scomparire la famiglia (quella formata da un uomo e una donna) per aprire al caos più totale. Per Anatrella e per la Chiesa, infatti, non siamo più in una società patriarcale e non ci sono discriminazioni da combattere (nonostante ancora molti/e omosessuali e transessuali si suicidino ogni anno proprio a causa di discriminazioni subite), ma “dobbiamo continuare a incamminarci verso una società fondata sulla coppia formata da un uomo e una donna impegnati pubblicamente in un’alleanza”. Tutto questo viene condito da grottesche rappresentazione dell’educazione contro le discriminazioni, che obbligherebbe a diventare omossessuali e insegnerebbe persino ai bambini e alle bambine a masturbarsi (come se ne avessero mai avuto bisogno) che fanno presa sulle paure di molti genitori.
Quello contro cui reagiscono la Chiesa e questi attivisti, non è lo spettro della teoria del gender, ma i corpi vivi di persone che incarnano, già ora, la possibilità di pensare gli intrecci tra corpo, genere e sessualità in maniera diversa, non in nome di un’astratta libertà a far tutto, ma a partire da sé, dal proprio desiderio, dalle proprie relazioni. E reagiscono contro un insieme di studi, che danno vita anche a progetti educativi, che difendono proprio questa libertà incarnata, che non è un soggetto neutro, ma molteplici soggetti, differenti come lo sono le esperienze umane. Se, come dice la Chiesa, la società si forma sulla base della famiglia, gli studi di genere ci permettono di immaginare molte famiglie diverse in cui trovare posto e, quindi, una società diversa, libera dalle discriminazioni che distruggono (quelle sì) la vita di molti.
Per saperne di più:
Pontificio Consiglio per la Famiglia, Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, Bologna, Edizioni Dehoniane, 2003.
Tony Anatrella, La teoria del “gender” e l’origine dell’omosessualità, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2012.
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