Passata di mano la regia da babbo Ivan (autore dei primi due fortunatissimi titoli della serie, 1984 e 1989) al figlio Jason, già regista di “Juno” e “Tra le nuvole”, la saga degli acchiappafantasmi vira decisamente dall’horror demenziale alla commedia agrodolce. Un godibile esercizio di tenera rivisitazione, con buon ritmo e scene d’azione divertenti, e un notevole svecchiamento del cast
“E chi chiamerai?”: per dirla con le parole di Jason Reitman, già regista di Juno, Thank You for Smoking e Tra le nuvole, immaginate che i vostri genitori vengano a trovarvi al lavoro tutti i giorni, seguendo ogni vostra mossa ed elargendo consigli e critiche su tutto ciò che fate. Non stupisce allora che il nuovo Ghostbusters: Legacy, più che un seguito, sia un continuo, e a volte anche commosso, omaggio ai primi due film della saga. Film a cui forse aggiunge poco, ma senz’altro rendendogli onore, ben più del suo inguardabile (e infatti giustamente già rimosso dalla timeline ufficiale) precedente al femminile.
Questo nuovo capitolo del franchise è innanzitutto un’operazione non dissimile da ciò che era stato, almeno nelle intenzioni, il primo Star Wars: Il risveglio della forza di J. J. Abrams, ovvero il recupero di una fanbase ormai finita nel dimenticatoio, puntando tutto sull’usato garantito. Nel farlo, il regista 44enne ha potuto contare, volente o nolente, su un consulente d’eccezione: suo padre Ivan Reitman, già dietro la macchina da presa nei due film prototipo del 1984 e 1989, e probabilmente deus ex machina anche di questo restyling. Che poi, a voler guardare bene, restyling lo è fino a un certo punto, perché Ghostbusters: Legacy è anche lui per lunghi tratti un vero e proprio teen movie anni Ottanta, di quelli in cui tutto va dove deve andare, senza scossoni né colpi di scena, se non quelli prevedibilissimi e comunque attesi, un po’ come i regali la mattina di natale.
I personaggi, per esempio: c’è il piccolo genio asiatico (Logan Kim) con i congegni strambi che fa tanto Goonies; c’è l’adolescente impacciato, ribelle e disilluso (la star di Stranger Things Finn Wolfhard) ma innamorato della bella del paese (Celeste O’Connor); e c’è soprattutto la giovanissima e introversa inventrice (Mckenna Grace) che ha preso tutto da papà, e di più non si può dire per evitare spoiler. Basta tuttavia guardare il resto degli attori accreditati nel cast per rovinarsi, almeno in parte, la sorpresa: oltre all’infornata di nuove leve e ai due adulti ma non troppo Paul Rudd (ottimo) e Carrie Coon (decisamente meno ottima), ci sono tanti, tantissimi graditi e commoventi ritorni, e guai al fan di vecchia data che non verserà almeno una lacrima prima della fine dei titoli di coda.
In effetti Reitman è regista di commedie agrodolci, e si vede: il clima scanzonato e grottesco da horror demenziale lascia spesso e volentieri il passo a una maggior introspezione dei nuovi protagonisti, e a qualche momento da occhio lucido stile Pixar, introducendo con delicatezza tematiche “adulte” per il genere, come l’elaborazione del lutto. Lo svecchiamento c’è, è innegabile, ma è evidente anche lo sforzo per mantenere costantemente il film quanto più possibile sui binari dello spirito originale, guardando al cinema di quegli anni più con tenerezza che ruffianeria. D’altra parte, una pellicola capace di riscuotere l’esplicito endorsement di tutto il cast storico, a partire dal solitamente eccentrico Bill Murray, non può che partire con il piede giusto.
Ma non temano i neofiti della fantasmagorica epopea, perché il film di Reitman Jr. è tutto sommato un buon inizio pure per chi volesse percorrere a ritroso le orme degli acchiappafantasmi: spiega il giusto, ha un buon ritmo, suspense quanto basta e scene d’azione divertenti, senza mai esagerare con le montagne russe. Anzi, avrebbe potuto forse osare qualcosa di più, tanto negli effetti speciali (che sembrano, più che low budget, quasi volutamente sottotono) quanto nella trama, che si impegna a costruire nella prima parte più di quanto risolva un po’ frettolosamente nella seconda. Tanto che, complice l’ormai tradizionale doppia scena post-credits, ci si trova quasi a sperare almeno in un possibile sequel, e questo è sicuramente un buon segno. Se è vero che, ancora secondo Jason Reitman, “Ghostbusters: Legacy è un film per la famiglia, che parla di famiglia ed è fatto da una famiglia”, l’affetto mostrato in ogni inquadratura per chi di quella famiglia è stato, è, o sarà parte, farà certamente respirare aria di casa (infestata) a più di uno spettatore.
Ghostbusters: Legacy di Jason Reitman, con Mckenna Grace, Finn Wolfhard, Logan Kim, Celeste O’Connor, Paul Rudd, Carrie Coon.