“Let’s do it!!”: i giovani jazzisti milanesi si raccontano

In Musica

La premessa è una e indispensabile: il ritorno alla sostanza, alla musica come vera protagonista. Si dimentichino i lustrini, i talent, i corpi di ballo e tutti gli ingranaggi che regolano l’enorme macchina dello show business.

Se spesso ci siamo chiesti dove andare per ascoltare il jazz a Milano (e vi abbiamo dato qualche spunto proprio qui) ora pare essere arrivato il momento di domandarsi: chi si propone su quegli stessi palchi?

La premessa è una e indispensabile: il ritorno alla sostanza, alla musica come vera protagonista. Si dimentichino i lustrini, i talent, i corpi di ballo e tutti gli ingranaggi che regolano l’enorme macchina dello show business. Insieme ad altri generi, il jazz, nudo-e-crudo o “contaminato” che sia, mette alla prova i musicisti secondo quelle che sono le regole di un linguaggio, in cui tutti cercano di muoversi con rispetto della musica portandovi un poco della propria arte, e Milano si dimostra ancora un fertilissimo contenitore.

In questo scenario variegato gli artisti trovano la possibilità di collaborare con chi esercita il mestiere da un’intera vita o di suonare con i propri coetanei, di unirsi in gruppi fissi o addirittura in collettivi, cercando sempre di esprimere al meglio le loro suggestioni.

Si parte dalla proposta dalla giovanissima Marta Arpini, classe 1994. Nel suo modo di cantare c’è tutto il garbo e la cura richiesta dal genere (qualità per niente scontata!), e la sua costanza l’ha condotta a frequentare i Civici Corsi di Jazz di Milano e a vincere il premio del pubblico all’ultima edizione del Concorso Nazionale Chicco Bettinardi per i Nuovi Talenti del Jazz. «È stata un’esperienza emozionante», ci dice Marta, «perché significa dover concentrare le proprie potenzialità nei 20 minuti di esibizione. È un esercizio particolare perché durante i concerti si lavora nell’espressione diluita nel tempo, mentre in questo contesto si è trattato di incanalare le energie in quella singola performance». La cantante cremasca è al momento impegnata nell’interessante “supergruppo” di 16 elementi chiamato Deaf Kaki Chumpy, e nel “duo a distanza” con il vibrafonista Nazareno Caputo, con il quale si è recentemente esibita al Colibrì di Milano. Marta prosegue nella stesura dei suoi inediti con il supporto e la partecipazione di alcuni musicisti di fiducia, tra i quali lo stesso Caputo e il pianista Francesco Orio: tra tutti, Ascolta è un brano al quale è particolarmente legata, «nasce da giochi di melodie intrecciate con la loop station, è un tipo di composizione molto istintiva».

Di tutt’altro tipo è l’offerta musicale sulla quale si muove il quintetto “I AM A FISH”. Il loro repertorio, costituito principalmente da inediti che potrebbero concretizzarsi in un disco nel 2017, mira a sfruttare le sonorità dei vari elementi, stretti in una fortissima coesione: «questo gruppo nasce dall’esigenza di portare fuori la nostra musica e le melodie, farle parlare», ci dice Marco Carboni, chitarrista, «il nostro criterio fondamentale è la sincerità, i testi che facciamo sono stati scritti nell’arco di due anni, e sono testi legati a persone o a momenti particolari, la connessione tra questi due aspetti – di musica e realtà – è fortissima». Insieme a lui, Gianluca Zanello (sax contralto), Lorenzo Blardone (piano), Stefano Dallaporta (contrabbasso) e Andrea Bruzzone (batteria) partono da una matrice jazz sulla quale vanno poi a intrecciarsi svariate atmosfere musicali. A livello dei suoni, il quintetto milanese ama sfruttare la plasticità delle dinamiche, raggiungendo picchi di forte con il supporto del Fender Rhodes e della batteria ma anche momenti in cui il suono sembra svuotarsi fino quasi a suonare in trio, con atmosfere più rarefatte.

Tra le pubblicazioni più recenti, è assolutamente da segnalare Con Alma, album della talentuosa Simona Parrinello, che nel jazz sembra avere trovato la strada più congeniale per unire la sua sensibilità musicale all’intento narrativo proprio del cantautore. L’album, uscito lo scorso febbraio, si compone di undici tracce, tra standards e inediti, questi ultimi concepiti cercando di richiamare un’immagine attraverso un suono: «I brani nascono molto spontaneamente», afferma Simona, «Melancholia, ad esempio, anche se molto strutturato, quasi “classico”, nasce al mattino al piano, in un’atmosfera di pace particolare. Mi sono lasciata guidare da un ambito timbrico molto legato alle sensazioni e un certo tipo di umore. Inizialmente non pensavo di cantarlo, in un secondo tempo invece ho vocalizzato la melodia e infine ne è sgorgato un testo descrittivo dello stato d’animo. Ghosts, al contrario, è un brano più cupo e materico che parte da un’improvvisazione vocale su uno stralcio armonico». I mesi a venire vedranno Simona Parrinello impegnata nella promozione del suo disco e accompagnata da Gianluca Di Ienno, Marco Micheli e Alessandro Rossi, con un prossimo importante appuntamento il 4 settembre in occasione della manifestazione Il Jazz italiano per L’Aquila.

Altrettanto fresco di uscita è il lavoro della giovane Camilla Battaglia, Tomorrow – two more rows of tomorrow, rilasciato lo scorso aprile. Camilla, classe 1990, propone un album di 9 inediti più una inaspettata cover di The blower’s daughter di Damien Rice, affiancata dalla chitarra di Roberto Cecchetto, da Andrea Lombardini al basso, Bernardo Guerra alla batteria, Nicolò Ricci al sax tenore, David Binney al sax contralto e da Federico Pierantoni al trombone. Un disco arguto e ricco, che al sostrato melodico ancorato alla tradizione sovrappone gli espedienti originali degli intrecci ritmici sorprendenti e dell’utilizzo del kaos pad alla voce.

Nella schiera degli artisti legati all’etichetta Honolulu Records, oltre a Marcella Malacrida con Horses, si consiglia l’ascolto di Departures del Soares Quartet del chitarrista Marco Giongrandi: con lui, Nicolò Ricci al sax tenore, Pietro Martinelli al contrabbasso e Riccardo Chiaberta alla batteria basano il loro sostanzioso progetto su giochi di rimandi letterari che trovano un naturale corrispettivo in musica, soprattutto nella sua «funzione liberatoria», come afferma lo stesso Giongrandi: «i Soares non sono solo inquietudine ma hanno sicuramente un forte mood melanconico, di saudade, dalla quale si cerca di liberarsi alla fine di ogni brano: il pezzo è sempre visto come un percorso e il metodo compositivo riflette la tendenza a cercare una vera e propria catarsi», conclude. Tra gli inediti ispirati a Tabucchi (filo sottile di una trama che tiene coeso tutto l’album) spicca anche un adattamento dal sapore jazz di Please, please, please let me get what I want degli Smiths, che contribuisce a costruire un’atmosfera pacata e sognante.

Guardando ai prossimi mesi, attendiamo il disco del trio jazz guidato dal pianista Antonio Vivenzio, intitolato Canyon, con Claudio Ottaviano al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria: «l’album riflette molto titolo», afferma Claudio, «è un progetto molto aperto e visionario, cinematografico direi, sarà qualcosa di particolare. Antonio è un artista straordinario che ha trovato la sua chiave espressiva, guardando alla tradizione con massimo rispetto ma che è al contempo riuscito a trovare la sua voce, molto italiana e sensibile». Altrettanto presente sulla scena milanese, con due album all’attivo, dai titoli quasi complementari Notturno e Aurora, Claudio Ottaviano è un contrabbassista spiccatamente sensibile e dotato di grande versatilità: ha in cantiere un disco da cantante nei suoi prossimi progetti e ha una visione interessante del lavoro da compositore: «i miei pezzi non arrivano da una suggestione particolare, credo piuttosto nel lavoro di costanza e disciplina e nel sapersi soprattutto ascoltare per realizzare qualcosa di davvero personale».

Il muoversi in questo magma in costante divenire rende ardua l’impresa di descrivere la scena giovane del jazz milanese nella sua completa interezza, al punto che quello che possiamo concedere al momento non può essere che un piccolo spunto. Che dire? A Milano la scena jazz sembra essere particolarmente viva, non resta che saper ascoltare.

Immagine di copertina Jazz di Sharon Drummond

(Visited 1 times, 1 visits today)