Torna in libreria, per Fazi, “Giuliano” di Gore Vidal, ritratto appassionante di un imperatore
Quando Gore Vidal inizia a scrivere la vita di Giuliano l’Apostata aveva la stessa età dell’imperatore quando fu ucciso a trentadue anni. La tentazione di trovare una qualche di identificazione nella scelta di un personaggio così trasgressivo è forte. Per avere la giusta distanza, per non sovrapporsi al suo personaggio, Vidal compie un lavoro di ricerca di documentazione e bibliografia imponente, cui dedica cinque anni della sua gioventù.
Ma, a differenza di suoi insigni colleghi, come Robert Graves che esibisce una interminabile bibliografia come prefazione al Divo Claudio per farsi accettare dagli accademici, non si prende mai sul serio. Eppure nelle poche pagine della prefazione riesce a proporre una sua originale teoria letteraria impietosa nei confronti delle correnti dominanti e irresistibile per la sua efficacia e per il suo fascino.
Ora, come sanno benissimo anche gli sciocchi, il romanzo storico non è storia e neppure un romanzo. Storia significa note a piè pagina, citazioni accurate di altri specialisti in materia, mentre il romanzo “serio” parla della vita quotidiana di persone che insegnano a scuola e commettono adulterio…
È strano, ma al giorno d’oggi, nei romanzi, non si apprezza molto l’immaginazione.
Secondo Gore Vidal, fino al secolo scorso il filone principale della letteratura di immaginazione si era sempre occupato degli dei, degli eroi, dei re. Era di loro, di quello che succedeva intorno alle loro regge che narrano i grandi autori, da Eschilo a Dante a Shakespeare a Tolstoj. Poi, intorno al 1840, il romanzo è precipitato nel quotidiano, come fa notare un personaggio nell’Herzog di Saul Belllow,.
Gore Vidal torna quindi ai grandi personaggi, agli imperatori romani semi-divini, ma ne sceglie uno quasi sconosciuto, secondario, noto quasi solo per l’infamante epiteto di apostata, e ce lo fa conoscere, ne riscatta l’immagine e soprattutto ce lo fa amare, come si ama il protagonista di un grande capolavoro letterario, come amiamo il principe Amleto di Shakespeare, il principe Andrea in Guerra e Pace di Tolstoj, l’imperatore Adriano di Marguerite Yourcenar.
Scrivere romanzi storici, anziché testi di storia, è paradossalmente un’operazione di onestà intellettuale, perché quando si ha a che fare con epoche così lontane, si ricorre comunque in modo massiccio all’immaginazione… Inoltre, senza l’immaginazione storica, anche la storia convenzionale è priva di valore. Infine, c’è l’emozione che si prova quando comincia a emergere uno schema.
Gore Vidal struttura la narrazione alternando la corrispondenza di due vecchi filosofi, maestri e amici di Giuliano, che commentano, precisano le pagine del suo diario, interrotto dalla morte prematura e drammatica. Tale struttura permette all’autore di inserire il suo inconfondibile tono un po’ ironico, un po’ scettico, che dà un frisson di modernità, di maggior empatia con un genere un po’ ingessato, un po’ serioso come quello del romanzo storico.
Da questo punto di vista, Vidal si permette diverse stoccate, non solo alla ferocia della setta dominante dei cristiani, ma contro la passione devastante per il bellissimo e stupido Antinoo, che ha rimbecillito il nobile Adriano e ne ha risucchiato le immense sostanze, con buona pace di Marguerite Yourcenar.
Conosciamo Giuliano da piccolo, ossessionato dalla sua famiglia di assassini, che si rifugia nello studio per non suscitare l’invidia di nessuno, è acuto, brillante, cerca la verità, è disinteressato al denaro, al potere, finché l’imperatore Costanzo, l’assassino di suo padre e di suo fratello, non lo nomina Cesare e lo manda a combattere in Gallia, con l’idea di far ammazzare quel giovane pusillanime. Ma Giuliano si rivela un abile condottiero e la riconquista, scacciandone i barbari. Sulle orme di Alessandro Magno si imbarca nella conquista della Persia per riconquistare all’ellenismo tutti i popoli. Nel 362, diventato imperatore, ribalta l’editto di Costantino che imponeva il cristianesimo come religione di stato e proclama la libertà di culto, ripristinando l’eclettismo di Roma. Combatte contro i cristiani per la loro ossessione per un Dio crudele, egoista, intollerante, ‘che si propone di rovesciare la civiltà nata al suono della lira del cieco Omero’.
Giuliano, insomma, ricrea con acume e spirito un intero mondo, un’età disperata, con tutti i suoi fermenti religiosi e politici, restituendoci un meraviglioso ritratto di un sovrano appassionato e appassionante.