“Gli anni amari” di Andrea Adriatico ricostruisce tra il ’68 e gli anni 70 la vita e la militanza del primo grande pensatore del movimento gay italiano. Dalla gioventù milanese all’incontro con il Liberation Front inglese, alla nascita del Fuori!, c’è stato lui in molte battaglie per sconfiggere, superare il potere “etero” e maschile. Fino all’emergere dei demoni interiori che lo portarono nel 1983 al suicidio
Diretto da Andrea Adriatico e interpretato da un incantevole Nicola Di Benedetto, Gli anni amari è un intenso mosaico sulla vita e la personalità di Mario Mieli, fondatore del movimento di liberazione omosessuale italiano, e insieme un viaggio nell’Italia degli anni ’70, tra contraddizioni e stille di cambiamento. Gli “anni amari” sono, secondo la lettura del regista e degli sceneggiatori Grazia Verasani e Stefano Casi, quelli che vanno dall’inizio delle contestazioni dal ’68, alla fine del decennio seguente: è il periodo in cui si sviluppano il pensiero e le azioni di Mario Mieli , rampollo di buona famiglia nato nel 1952 a Milano e morto tragicamente suicida nel 1983; fu intellettuale, scrittore, attivista, performer, provocatore, ma soprattutto pensatore e innovatore dimenticato.
La pellicola segue la storia di Mieli passando in rassegna gli eventi cardine che hanno contribuito a forgiarne lo spirito ribelle e anticonvenzionale: l’adolescenza al liceo classico Parini di Milano, la gioventù trascorsa nei locali gay milanesi, il viaggio a Londra e l’incontro fondamentale con l’attivismo inglese del Gay Liberation Front, il ritorno in patria e l’adesione al “Fuori!”, prima associazione del movimento di liberazione omosessuale italiano e la fondazione di “Collettivi Omosessuali Milanesi”. Fino alla pubblicazione del saggio Elementi di critica omosessuale e la popolarità mediatica.
Grazie a un accurato lavoro di ricostruzione e ricerca emerge un’esatta rievocazione storica e sociale di quegli anni di lotte ed euforia, in cui il mondo sembrava finalmente sull’orlo dell’inevitabile stravolgimento di ogni regola e imposizione. Gli anni amari mostra le contraddizioni di quell’Italia, divisa tra nuove esigenze, voglia cambiamento e “riflussi” che poi si attesteranno nella decade successiva. Anni turbolenti, di rottura e speranza, ben evidenziati dal film, grazie all’ambientazioni, i molti dettagli e una colonna sonora che spazia dalle hit italiane – Raffaella Carrà, il primo Ivano Fossati, Banco del Mutuo Soccorso – ai grandi successi internazionali.
Nella ricostruzione di quell’atmosfera “rivoluzionaria” vengono messi in luce anche i limiti e le ambiguità: gli omosessuali, ghettizzati dalla società eteropatriarcale e spesso anche dagli stessi movimenti di sinistra che allora predicavano uguaglianza e giustizia, divengono gli alleati naturali di donne e femministe, lesbiche, travestiti/e, militanti transgender, accomunati dalla lotta alla “norma” imposta dall’educastrazione, come la definiva Mieli, e verso la liberazione dal dominio maschile.
Di Benedetto regala una performance commovente e delicata, lavorando su gestualità, espressività e fisicità. Ciò rende l’interpretazione degna di nota e restituisce potenza e verità a quella che fu in fondo la quintessenza della ricerca – politica, esistenziale, estetica – di Mario, il suo nucleo fondante: il corpo queer come mezzo in sé di rottura e rivoluzione. Gli anni amari è l’agiografia essenziale e disincantata di un genio che ha osato sfidare i dogmi di una società incline all’esclusione, in un’epoca storica dove essere diverso significava, purtroppo, essere “malato”. Ma il film è anche il ritratto intenso e introspettivo di un ragazzo che aspirava alla propria libertà e a quelli di tutti gli uomini, ma che ha dovuto scontrarsi con l’indifferenza e la meschinità di un mondo non ancora pronto ad accettare la bellezza della diversità. E che alla fine è stato schiacciato dai suoi demoni interiori.
Gli anni amari, di Andrea Adriatico, con Nicola di Benedetto, Sandra Ceccarelli, Antonio Catania, Tobia De Angelis, Lorenzo Balducci