Gli Orwells pescano nel Garage Rock

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Al Magnolia la band di Chicago per presentare Disgraceland

I giovanissimi Orwells destano l’interesse della stampa musicale nel novembre 2013, quando gli Arctic Monkeys li scelgono per aprire il loro tour americano, ma guadagnano la fama internazionale con l’esibizione al David Letterman Show del gennaio scorso, quando il cantante Mario Cuomo inciampa nel monitor e ha la prontezza di trasformare una goffa caduta in un’epica contorsione sul pavimento. All’indomani di una performance a metà fra il divertente e lo sconcertante fioccano richieste di interviste, e gli imberbi Orwells vengono catapultati dai sobborghi della natia Chicago ai palchi dei festival più hip di mezzo mondo, come SXSW e Reading.

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La band si esibisce al Magnolia in un piovoso 5 novembre per presentare Disgraceland, il loro secondo album uscito a giugno per la Canvasback/Atlantic. Priva del bassista, propone una scaletta di poco più di un’ora che pesca a piene mani dal garage rock revival dei Duemila: Strokes, Hives, White Stripes, Black Kids e Ty Segall sono i nomi da cui gli Orwells prendono ispirazione per inserirsi in un filone che da qualche anno non sforna più contributi degni di nota. Dirty Sheets apre il concerto e mette subito in chiaro le cose: «From the east coast to the west, we ain’t the worst, we ain’t the best». Who Needs You e The Righteous One, omaggio esplicito ai Raconteurs, sono i due episodi meglio riusciti del concerto (nonché i più conosciuti dal pubblico), oltre a Blood Bubbles e In My Bed che dal vivo suonano sorprendentemente vicine al power pop dei Weezer.

Cuomo ostenta sicurezza, ma i compagni hanno lo sguardo preoccupato di chi sa che non sta giocando in casa. La band funziona bene nei festival, di fronte a un pubblico accalcato, possibilmente già sudato e in uno stato di coscienza alterato dall’alcool quel tanto che basta da impedire di porsi domande sui loro testi, tutti sbronze, ragazze facili e rabbia giovanile. Difficile quindi regalare una performance convincente a un pubblico esiguo composto all’80% da adolescenti e al 20% dai loro genitori, che di fronte alle provocazioni alla Iggy Pop del frontman non sa bene come reagire.

Gli Orwells per il momento non aggiungono nulla di nuovo al panorama musicale, ma la giovane età li giustifica. Li aspettiamo al varco del prossimo album e del prossimo live.

Orwells al Magnolia

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