L’arte salverà il mondo (e vincerà la Grande Guerra)

In Arte

Alle Gallerie d’Italia di Milano arte e artisti vanno al fronte per raccontare la miseria, l’ignoranza, la corruzione e la fame del Paese, in un miracolo di equilibrio.

La mostra La Grande Guerra. Arte e artisti al fronte, alle Gallerie d’Italia di Milano, è un grande racconto storico, realistico, tragico e politico. Il timore era quello di trovarsi di fronte a una celebrazione della nostra unica “vittoria” in guerra, con qualche possibile controcanto socialista; invece, la scelta degli ottimi curatori Fernando Mazzocca e Francesco Leone è di portarci dentro i mille rivoli della storia e delle sue rappresentazioni complesse e articolate, senza proporre un’interpretazione univoca.

Nella prima sezione, 1890-1914. Il lato oscuro della Belle Époque, vediamo contadini affamati, operai laceri, stazioni pullulanti di gente disperata. Dietro le magnifiche sorti e progressive delle nuove fabbriche, della rete ferroviaria, dell’Impero Coloniale, dietro le scintillanti immagini del Ballo Excelsior e del Liberty, ci sono lo scandalo della Banca Romana, gli scioperi e la strage degli operai a Milano ordinata da Bava Beccaris, i settemila morti di Adua. La fame, la pellagra, la malaria decimano la popolazione; perfino la natura si rivolta nelle devastanti eruzioni del Vesuvio e dell’Etna; un’Italia «di bruti morti brutalmente» – commentava d’Annunzio –, spaccata, misera, ignorante, corrotta, affamata.

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Lorenzo Viani, La benedizione dei morti del mare, 1914-1916, Viareggio, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo Viani. photo: Giuliano Sargentini

La benedizione dei morti del mare di Lorenzo Viani è un gigantesco pannello con un cerchio di donne scure e affrante che portano in braccio neonati in fasce, pronti al sacrificio; al centro un crocefisso tempestato di pietre preziose e sullo sfondo un mare più cupo della notte solcato da fragili barche. La stilizzazione delle forme richiama Klimt, e espressioni e pose sono di una ieraticità bizantina: una tragedia greca di poveracci, deformata dall’Espressionismo tedesco.

A uno a uno Morte li prepara
E tutti vanno verso l’abisso.
– scrive Sergio Corazzini in Toblack, che è il nome di un centro per malati di tisi.

Nel bronzo la Pleureuse Libero Andreotti fonde le diverse sensibilità: la modella è Eleonora Duse, avvolta in un manto, con le braccia protese in avanti; la materia consunta, non finita, toglie ogni retorica al gesto.

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Giulio Aristide Sartorio, Sulla strada di Giavera durante il bombardamento, 1918. photo: Marcello Leotta / Osservatorio C.S.A.

Il grandioso salone centrale delle Gallerie, dall’altissima volta in vetro-ferro, su cui si aprono a raggera le sale dell’esposizione, è attraversato, come da fregi classici, da dieci monumentali pannelli de Il poema della vita umana di Giulio Aristide Sartorio, il pupillo di Gabriele d’Annunzio. La sua pittura ciclica filtra il linguaggio della statuaria classica, la potenza plastica di Michelangelo, con lo stile preraffaellita. Intrichi di corpi tra colonne greche e pampini rappresentano «l’energia virile che sorregge la grazie e l’arte».

Tornando alle sale laterali, troviamo la sezione In Guerra. Realtà e rappresentazione. Vediamo Sartorio in qualità di pittore-soldato. Molti bozzetti sono celebrativi, altri sono cupi, violenti: i soldati in trincea sembrano ragni. Accanto abbiamo i disegni scoppiettanti ed esplosivi dei futuristi Balla e Marinetti, poi i soldati e cannoni cubisti di Sironi. Il sentimento di quelli che erano a casa è espresso dall’incredibile La Donna e l’Armatura di Felice Casorati: una giovane se ne sta seduta in un angolo, nuda, le braccia incrociate in grembo e lo sguardo fisso. Dietro di lei incombe un’armatura futurista; i panneggi e la luce sono quelli di Piero della Francesca.

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Mario Sironi, Vittoria alata, 1935

Una sala che poteva essere un disastro di retorica, è invece un prodigio di equilibrio. Su una parete ci sono, tutti in fila in una teca di vetro, una decina tra bronzetti e gessi di Ettore Xiemenes che raffigurano i grandi generali, da Diaz a Cadorna. Di fronte, un’altra sfilata di militari su cui incombe Emanuele Filiberto di Savoia, alto il doppio, di Eugenio Baroni.

La parete in fondo è dominata dalla magnifica Vittoria Alata di Mario Sironi, Angelo/ Missile dai riflessi d’oro e di piombo, il segno geometrico denso di forza e di disperazione. Sul lato opposto, ecco lo spettacolare trittico simbolista L’Eroica di Gaetano Previati: in un vortice di colori, tra greci morti, templi, bighe di cavalli, l’Eroe viene cremato su una pira.

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Gaetano Previati, L’Eroica, 1907, Roma, Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra. Photo: Giuseppe Schiavinotto

La Grande Guerra. Arte e Artisti al fronte, Gallerie d’Italia, Piazza Scala, fino al 23 agosto 2015

Foto: Mario Sironi, Scena di guerra, 1917-1918

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