L’ultimo ciclo dipinto, poco prima di morire, da Concetto Pozzati (1935-2017), è esposto per la prima volta a Bologna
Non è facile scrivere delle ultime opere di un pittore, lo è ancora di più se il pittore in questione è Concetto Pozzati e l’ultimo ciclo è l’inedito Vulv’are (2015-2016).
La difficoltà nel caso specifico non risiede unicamente nell’avvicinare un’attività terminale, neanche nel doverlo fare durante un appuntamento postumo, nemmeno nel tenere conto della ricerca sviluppata nel corso di una lunga e operosa vita culturale, il vero problema critico consiste nel fronteggiare a viso aperto le parole dell’autore.
La scrittura per Pozzati era fondante e fondamentale, precedeva, accompagnava e seguiva la pittura, senza mai sostituirla. Meccanismo svelato nella mostra in corso alla Gallleriapiù di Bologna, che grazie alla cura dell’Archivio Concetto Pozzati e alla collaborazione con il graphic designer Gabriele Colia costruisce un percorso serrato tra testi e immagini.
Come è possibile pensare di aggiungere anche solo una nota? Meglio, forse, provare ad affiancare scrittura alla scrittura tramite sovrapposizione, affrancare parola alla parola letteralmente, come il pittore usava fare pinzando carta su carta, per cercare di affrancarsi dalla ripetizione. Oppure ripetere a volte, ma differentemente.
«Vulva, vulv’are, complesso narrativo, organo genitale esterno della donna. Vagina che, nel “volgare”, si dice “fica” se non “figa”, “gnocca”, “passera”, “mona”, “berta”. L’aristocratico “fiore di carne” e “Origine del mondo” (Courbet) sono dedicati alla vulvocrazia».
Vulva come valva, quella del mollusco, che si presenta nella sua doppiezza, bivalva. Valva che dall’etimo rimanda ai battenti di porte e finestre, all’apertura di una soglia tra due mondi. La figura doppia è ambigua perché bifronte: dal singolo si sdoppia, poi triplica, quindi si moltiplica, utilizzando un asse di simmetria si specchia. Rispecchia e riflette, così mentre chi osserva pensa di guadare l’oggetto rappresentato non si accorge di esserne catturato.
È un gioco di riflessi, l’occhio nella vulva e la vulva nell’occhio, il pittore nella pittura e la pittura nel pittore. O, ancora, un gioco di ri-fessi (se intendiamo fesso come parzialmente o totalmente diviso da un taglio o da uno spacco). E allora ecco la fessa, passato prossimo di fendere, aprire una fessura per oltrepassare la superficie, per illudersi di superare il supporto, per vedere al di là del buco della serratura. Dischiudere un chiavistello per riconnettersi a un giro della toppa, dimenticato forse in un ciclo precedente.
Ecco la chiave! Il ciclo… «Il ciclo (pittorico) è una decisione (novità) che non ho mai anticipato ma, soprattutto annunciato». L’annunciazione, (quella biblica?), il nunzio di una nuova vita. Il ciclo è, per antonomasia, vitale, è un circolo virtuoso che ritorna su se stesso rifuggendo l’uguale per il variabile. Innumerevoli variazioni di un tema, fedeli all’origine e fedigrafe all’originale. È un ciclo generativo perché avanza come una ruota, riportando indietro i suoi raggi pur non tornando mai sui medesimi passi. È un ciclo mestruale, un flusso di (ri)creazione. È un ciclo lunare, un’ampia rivoluzione che si compie in un arco di tempo definito.
Un viaggio, un’avventura che riporta l’avventuriero al punto di partenza non prima di averlo cambiato, di averlo traslato sul piano per offrigli un nuovo punto di vista. «I quadri hanno gli occhi». (Ri)aprire gli occhi per osservare come mai prima. (Ri)aprire gli occhi per cercare un contatto, con-tatto. Praticare lo sguardo aptico attraverso il segno, il segno disegnato, il segno dipinto, il segno premuto, il segno digitato, il segno rovente.
«Tutto surreale, tutto disegnato, segnato, toccato, accarezzato… Tutto non visto ma incontrato, il fantasma è già arrivato». Disegnare per conoscere lo sguardo, disegnare per ruotare lo sguardo. Disegnare è pensare con le mani. Ricominciare a guardare negli occhi la Pittura. «Non ho un osservatore che mi aiuti, mi accontento, purtroppo, dell’auto osservazione».
Vulv’are, Archivio Concetto Pozzati in collaborazione con GALLERIAPIU, Bologna, fino al 18 dicembre 2021
Immagine di copertina: Concetto Pozzati, Vulv’are, 2016. Tecnica mista su carta, 56 x 76 cm.