“Gunman” del bravo Pierre Morel è un actionner hollywoodiano che solleva molti dubbi e critiche su multinazionali e ong. Senza però affondare troppo i colpi
In The Gunman di Pierre Morel, Jim Perrier (Sean Penn) è l’occhio mortale di un gruppo di sicari che devono assassinare il ministro delle miniere congolese. Armato di fucile, svolge il suo compito, pulito e illegale. Deciso poi a redimersi, si mette a lavorare per un’organizzazione umanitaria, ma anni dopo il fatto qualcuno tenta di ucciderlo, costringendolo a tornare sul suo passato per cercare informazioni dai vecchi compagni. E anche a riscoprire un antico amore, Annie (Jasmine Trinca) che ritorna così prepotentemente nella sua vita.
Aldilà di una vicenda che oscilla tra thriller e melò, la cui costruzione narrativa può apparire molto familare ai più, in The Gunman si legge un’intenzione portata avanti con forza dalle azioni di un protagonista in cui è facile riconoscere il piglio ideologicamente impegnato dello stesso Sean Penn, che presta il suo volto a un personaggio in lotta con la sua malsana moralità, deciso alla fine a denunciare i traffici illeciti delle multinazionali minerarie, le false coperture dietro cui si celano giganti dell’economia, imprenditori e associazioni umanitarie, tutte ispirate in fondo da un’esigenza meschina e ceca di potere e denaro.
L’abilità visiva del regista è innegabile: il francese Pierre Morel punta molto su un ritmo in continua tensione, ben gestito dalla fusione tra le immagini e la saggia colonna sonora di Marco Beltrami, in grado di tenere lo spettatore “sul filo” dall’inizio alla fine, disegnando il suono con toni cupi, pervasi da una tensione sempre sotto traccia. Ottima la fotografia di Flavio Martinez Labiano, particolare anche la similitudine tra l’attore sofferente e il toro, vittima della corrida, simbolo spagnolo per eccellenza, che si fa carico di colpe generali incarnando l’uomo ferito, il congolese oppresso, l’eroe afflitto da un male che è poi connaturato nel mondo.
Lo scarto forse non colmato dalla pellicola è che né l’impeto della critica sociale, né gli intrecci narrativi e l’approfondimento storico-psicologico dei personaggi, sono portati davvero a fondo: il binario dell’intrattenimento, omaggiato dai primi piani eroici di Penn che duettano col sorriso della Trinca, paiono correre in un’altra direzione rispetto alle tematiche anticolonialiste ed etiche verso cui un’altra parte del film, molto consistente, tende. La scrittura si addentra provocando, ma sempre un po’ a distanza, quel sistema verso cui punta il dito e l’happy ending strizza forse troppo l’occhio a Hollywood, pur lasciando l’amaro in bocca. Sembra che un braccio di ferro tra intenzione/produzione abbia consegnato un buon film nelle mani del compromesso, togliendo da una parte e dall’altra, dichiarando, sì, il suo obiettivo, ma lasciando poi un Sean Penn deciso ma con un fucile finto, meno parole forti anche se intense, e più azione all’americana. Un’opera interessante, ma questa volta trattenuta nel suo spirito perturbatore.
The Gunman di Pierre Morel, con Sean Penn, Jasmine Trinca, Javier Bardem, Idris Elba