In “Hammamet” Gianni Amelio racconta gli ultimi anni di un leader malato, nel momento dell’esilio e dell’abbandono. Il talento mimetico di Pierfrancesco Favino, alla guida di un cast che comprende Omero Antonutti, Renato Carpentieri, Claudia Gerini, Silvia Cohen, Giuseppe Cederna e i giovani Luca Filippi e Livia Rossi, dà grande forza a un ritratto in bilico tra verità storica e pamphlet brechtiano
Ha un bel dire Gianni Amelio che il suo Hammamet non è un film sul politico Bettino Craxi, il cui nome non si sente pronunciare nemmeno una volta nel corso di 126’, ma un film sul finale di partita di un uomo potente che assapora amaramente, esule e in fuga, la sconfitta morale e materiale. Certo, il nucleo forte del racconto è come un soliloquio di Craxi, le president come lo chiamano reverenti i tunisini, le visite dall’Italia, i suoi fantasmi, il male alla gamba quasi in cancrena per il diabete, infine i sogni e le sue memorie di bambino discolo, e perfino un viaggio sulle guglie del Duomo.
Se il film di Amelio, non nuovo a temi di impatto sociale come Colpire al cuore e Lamerica, riprende il tema del rapporto padre-figli, il cuore pulsante dell’operazione è la presenza di Pierfrancesco Favino in un’operazione mimetica straordinaria, che non può non ricordare le grandi performances di Gian Maria Volontè. Ma anche Favino, già Bartali e Di Vittorio in tv e Buscetta nel Traditore di Bellocchio al cinema, comincia ad avere le sue medaglie e la raffigurazione del grande politico perdente che abbiamo visto invece trionfante al “suo” congresso all’inizio, non è solo trucco e imitazione studiati sui video, ma un’adesione interna alle sofferenze di un uomo ferito a morte, con molte colpe in merito, ma che Amelio guarda mentre si allontana dal mondo.
Però il racconto è zeppo di allusioni e commenti all’epoca di Tangentopoli, ai magistrati, al carcere, alle confessioni obbligatorie, al patrimonio che lascia in eredità e alle corruzioni più o meno inevitabili della politica, che vent’anni dopo, cioè oggi, si sono moltiplicate a dismisura, invadendo ogni campo. Dove Amelio sbaglia un poco la mira, soprattutto mescola le carte, è quando inserisce a scopo didascalico la figura inventata di un giovane ragazzo che viene a far visita e che testimonia la degenza umana di Craxi, ascoltandolo e infine impazzendo. Sono di contorno i familiari, e ci si chiede perché chiamare la figlia Anita (a meno che non fosse un lessico familiare legato alla passione craxiana per Garibaldi) quando tutti sanno che si chiama Stefania, così come sono pleonastiche le apparizioni dei politici collusi e di una delle sue bellissime amanti che si spinge a fargli visita nella villa di Hammamet dove Craxi è morto vent’anni fa.
In bilico tra la verità storica, tanto che i famosi giovani forse non capiranno tutto subito e la voglia di fare un pamphlet brechtiano, Amelio sta nel mezzo e trova il registro giusto, senza mai eccedere in emotività quando è a tu per tu col suo protagonista. Così come trova il modo di far apparire, per caso in tv, spezzoni di film di registi amati come Mann, Tourneur, Sirk.
Hammamet, di Gianni Amelio, con Pierfrancesco Favino, Omero Antonutti, Renato Carpentieri, Claudia Gerini, Giuseppe Cederna, Luca Filippi, Silvia Cohen, Livia Rossi