Milano Classica ripropone in chiave moderna l’esperimento ottocentesco di Héxameron: sei pianisti improvvisano su temi dei Beatles
1837. Siamo in uno dei salotti mondani più ambiti della Parigi dell’epoca. In primo piano la bellissima principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso, sullo sfondo (si fa per dire), convocati come i cinque detective del cult anni ’70 “Invito a cena con delitto”, i sei compositori più à la page: Franz Liszt, Frédéric Chopin, Sigismund Thalberg, Johann Pixis, Henri Herz e Carl Czerny. Parte tutto quasi per gioco: ognuno si mette al pianoforte e improvvisa sul tema della marcia dei “Puritani” di Bellini. Il risultato sarà un unicum nella storia della musica: la stesura di un brano musicale a sei mani, Héxameron.
2015. In occasione di Expo, un gioco di parole fa venire l’idea a Michele Fedrigotti, direttore artistico di Milano Classica: Héxpameron. E così ci ritroviamo all’interno della Palazzina Liberty in attesa di un concerto che ha tutte le premesse per essere il déjà vu dell’esperienza ottocentesca, riletta in chiave contemporanea. I temi su cui improvvisare sono infatti i beatlesiani Let it be, Imagine e We can work it out.
Come allora, anche oggi sono sei i pianisti, tre generazioni a confronto. Massimo Bianchi apre con un’improvvisazione su Imagine dalle sonorità minimaliste per poi replicarsi in una delle performance più eclettiche della serata: la sua We can work it out alterna momenti alla Prokofiev dove risalta la componente percussiva dello strumento a suggestioni eteree dal mondo jazz con uno sguardo alla contemporanea.
Interessanti le trascrizioni di Alessandro Lucchetti proposte da Antonio Ballista, arrangiamenti che offrono una chiave di lettura nuova su brani straconosciuti della band di Abbey Road. Con Michele Fedrigotti e Danilo Macchioni torniamo invece a quell’ottocento da cui trae ispirazione la serata, con armonie e moduli di accompagnamento tipici del romanticismo.
Nota di merito al giovanissimo Diego Petrella, vincitore di una borsa di studio al conservatorio di Milano nel 2014. Il Liszt della serata è lui, con un’improvvisazione disinvolta che mette insieme il minimalismo contemporaneo e il virtuosismo ottocentesco più spinto, con numerose svolazzatine sulla tastiera che ricordano tanto quelle delle parafrasi.
Ma se il déjà vu non fosse bastato, allora ecco Ruggero Laganà che, con il suo preludio e fuga sul tema di Let it be, compie l’operazione più avventurosa della serata, citando esplicitamente il primo preludio del clavicembalo ben temperato di Bach.
Sorridente e soddisfatta in prima fila la Cristina di Belgioioso della Milano odierna, a cui Fedrigotti dedica la serata, con una poesia
E noi..improvvisiamo, e sia ben detto..!
cerchiamo i suoni forti e genuini,
che dei diritti umani abbiam rispetto,
a rallegrar Candida Morosini!