Un disco singolare (e affascinante) questo della soprano Laura Catrani, versata in musica contemporanea, e di Claudio Astronio, musicista esperto di barocco per organo e clavicembalo. Monteverdi, Cage, Purcell, Glass, Solbiati, Handel, oltre naturalmente ai già citati Vivaldi e Pärt: le note di secoli diversi (e lontanissimi) si rincorrono in un gioco di contrasti e assonanze. Per ritrovarsi alla fine complementari
John Cage interrogava l’I-Ching o Libro dei Mutamenti prima di compiere determinate scelte nella propria vita: dopo aver lanciato in aria delle monete il celebre compositore americano osservava quante volte fosse uscito “testa” o “croce” e in base a questo deduceva una risposta adatta al suo quesito. Questo metodo divinatorio affonda le sue radici nell’antica filosofia cinese in cui yin e yang (le due facce della moneta) sono princìpi opposti ma interdipendenti. Lo stesso rapporto di naturale divenire che sussiste anche, per esempio, tra il giorno e la notte si ritrova nei brani del CD Highlands & Sea di Laura Catrani (soprano) e Claudio Astronio (clavicembalo e organo), prodotto da James Ross & Ulysses Arts a Londra. Quella del mare e degli altipiani è soltanto una delle coppie di opposti che caratterizza questo lavoro, interamente costruito intorno al concetto di complementarietà. Dalle profondità degli abissi cui allude l’aria di Vivaldi Fra le procelle del mar turbato si arriva al freddo paesaggio nordico di My Heart in the Highlands di Arvo Pärt seguendo un percorso ricco di sorprese e contrasti drammaturgici.
Per recensire questo CD ho avuto la fortuna di incontrare a Genova Laura Catrani in una mattina calda e assolata di questi primi di gennaio. Dopo esserci seduti al tavolo di un bar lei ha iniziato a raccontarmi del primo incontro con Claudio Astronio, proprio a Genova nel 2017. Si trovavano entrambi coinvolti nelle riprese del film La corda spezzata, musical barocco di Francesco Leprino sul compositore Alessandro Stradella: lui si trovava a proprio agio nell’interpretare l’antico compositore avvolto dalla sua musica d’elezione mentre lei percorreva una strada relativamente nuova, dovendo assimilare velocemente un repertorio con cui non era abituata a confrontarsi. Nonostante ciò capirono presto di avere un’ottima intesa musicale e personale, scoprendosi curiosi delle peculiarità dell’altro. Come lei mi ha spiegato Claudio è rimasto colpito non soltanto dalle sue qualità vocali ma anche dalla sua “testa”: l’approccio al fare musica che Laura ha coltivato cantando un repertorio contemporaneo è a dir poco affascinante. Secondo la Catrani la musica contemporanea richiede forse più di altre una messa in gioco totale dell’esecutore, che assume letteralmente il ruolo di interprete: le forti individualità compositive degli autori da lei frequentati l’hanno spinta a padroneggiare l’arte della recitazione. Le tipologie di arie e la standardizzazione dei personaggi che oggi associamo (seppur in modo sommario) al repertorio antico hanno lasciato spazio a una miriade di situazioni drammaturgiche differenti. Nel repertorio contemporaneo sono numerosi i brani “a solo” in cui l’elemento teatrale della musica è fondamentale e richiede un’abilità particolare; non è un caso che Laura abbia studiato anche alla scuola di teatro Paolo Grassi.
In effetti fin dall’attacco di Ohimè ch’io cado, ohimè di Monteverdi l’aspetto puramente tecnico della vocalità di Laura Catrani passa quasi in secondo piano rispetto alla carica emotiva che la voce porta con sé. Le note, gli intervalli, la musica è un veicolo di espressione, un mezzo e non un fine. A tale proposito Laura Catrani mi ha raccontato un aneddoto riguardo alla registrazione dell’aria Da chi spero aita, o cieli di Stradella. Tratta dall’oratorio La Susanna, l’aria in questione dipinge la disperazione della protagonista, condannata a morte per la sua bellezza. Alla fine del primo giorno delle registrazioni del CD ai due musicisti mancava soltanto questo brano ma, dopo la giornata di lavoro, Laura era stanca. Nonostante ciò decisero di provare a registrarla con la possibilità di riprenderla il giorno successivo, se non fosse riuscita bene: forse proprio per la stanchezza della cantante, la sensazione di disperazione e abbandono tratteggiata dalla musica venne fuori con una naturalezza e una forza intense e impreviste; la registrazione che ne scaturì fu tanto efficace da essere tenuta come la versione definitiva.
L’unicità di questo lavoro è d’aver messo a contatto due universi musicali solitamente tenuti a distanza l’uno dall’altro, quello della musica barocca e quello della musica contemporanea. Laura Catrani e Claudio Astronio infatti sono due grandi interpreti del loro repertorio, rispettivamente della musica moderna lei, e della musica antica lui. Dalle parole di Laura ho capito come per entrambi la fatica di esplorare qualcosa di nuovo sia stata un’esperienza ripagata da molte soddisfazioni e piaceri. La qualità del risultato ne è una prova lampante: bellissime non sono soltanto le esecuzioni barocche ma anche quelle dei brani di Cage, Pärt e Solbiati, in cui la collaborazione dei due musicisti nel repertorio contemporaneo è evidente. Nel CD ci sono infatti anche brani “a solo” sia per lei che per lui. A questo proposito sono notevoli l’esecuzione all’organo di Mad Rush di Philip Glass e Il mare antico per voce sola di Botter.
Splendido, in particolare, il brano di Cage The Wonderful Widow of Eighteen Springs. La sua apparente semplicità, l’incantarsi su tre semplici note, accompagnate da un ritmo dal sapore primitivo sembra collegare direttamente il passato con il presente ricordandoci la concezione temporale di Sant’Agostino da una parte e del taoismo dall’altra ed evidenzia ancora una volta l’armonia nelle differenze di questo album. Highlands and sea…
Laura Catrani, Claudio Astronio Highlands & Sea (James Ross & Ulysses Arts)