Diario americano dedicato a lei, Hillary Clinton: attaccata da destra e da sinistra, che terrà lontani dal voto non pochi democratici che l’accusano di essere guerrafondaia e vicina ai banchieri di Wall Street. Ma non sarà che per le donne gli esami non finiscono mai e che quando arrivano al potere spaventano ? Se vincerà, però in tante sentiranno di avercela fatta
Ripenso spesso alla sensazione strana che ho provato, qualche mese fa, uscendo dalla cabina elettorale. Stupita e incredula di poter votare per un candidato presidenziale, in America, che parla di rivoluzione e di socialismo, mi ero fatta prendere dalla retorica e dalla compassione dei suoi discorsi, e ho messo la crocetta sul nome di Bernie Sanders, come ho raccontato qui. Sapevo che Hillary Clinton era una candidata più preparata rispetto all’anziano newyorkese, e sapevo anche che avrei comunque finito per votare lei, perché quasi sicuramente avrebbe vinto la nomination. Eppure, in quei sette minuti a piedi che ho fatto dal seggio a casa mi sono sentita un po’ in colpa per non aver scelto lei da subito: una donna, prima di tutto, e poi profondamente progressista, femminista, voce delle minoranze, animale politico da più di trent’anni, che conosce Washington e i suoi meccanismi machiavellici. Insomma, secondo me era molto più idonea alla presidenza di lui, anche se meno carismatica.
Hillary, non c’è dubbio, è una figura polarizzante: ci sono tanti democratici che non sono affatto convinti, e che anzi dicono che pur di non votare per lei, a novembre resteranno a casa. Per chiarirmi le idee, ho chiesto a due amici di spiegarmi le loro opinioni su Hillary. Ho interpellato Richard Bonanno, studioso di italianista e docente universitario presso uno dei tanti college prestigiosi dell’interland bostoniano, che è un amico fraterno da oltre trent’anni e non sopporta la Clinton, e Naomi Shulman, scrittrice e freelance per New York Times, Washington Post e altre testate importanti, mamma, femminista, amica e appassionata supporter di Hillary.
Richard mi spiega: «Non mi piace Hillary Clinton perché non credo che sia particolarmente sincera, perché non penso che abbia le qualità di leader che reputo essenziali per diventare presidente. È ambigua e opportunista». Dice anche che non le piace perché la famiglia Clinton fa parte di un’oligarchia politica di cui oggi si può anche fare a meno. «Ha anche supportato la guerra in Iraq, ed è una cosa che faccio fatica a perdonarle, come non ho perdonato Kerry, per non aver fatto il suo dovere per servire questo Paese”. Non perdona a Hillary neanche il fatto che abbia fatto l’occhiolino a Wall Street.
Sono, queste, critiche che si sentono spesso quando si parla di Hillary, e possono a tratti essere in qualche modo convincenti: anche io, come il mio caro amico, penso che Hillary sia opportunista, e che anche basta con i vari Clinton e i vari Bush. Ma, a differenza di Richard, non riesco a essere così categorica. Sono forse più aperta di lui e di altri che la criticano aspramente, a vedere cosa propone, ad ascoltarla. Una cosa è certa: essendo in campo da tanti anni, essendo una donna forte, essendo una vera leader (anche in questo non sono d’accordo con Richard) Hillary è stata attaccata sia da destra che da sinistra. È una donna scomoda, che non ha problemi a denunciare le ingiustizie sociali che ancora prevalgono in tutto l’Occidente, non solo in America. È una femminista di quelle dell’utero è mio e me lo gestisco io, per dire.
Mi sento di essere più d’accordo con l’analisi che ha fatto la mia amica Naomi, che mi racconta che anche lei all’inizio delle campagne elettorali era rimasta affascinata da Bernie: «Sono nata e cresciuta in Vermont, per cui lo conoscevo già bene, e, come lui, anche mio padre era un ebreo di New York, a cui sono morti familiari durante l’Olocausto. Anche lui si era trasferito in Vermont negli anni Sessanta…Insomma, ogni volta che sento Bernie parlare, mi sembra di sentir parlare mio padre…». «Ma», continua Naomi nella sua appassionata email, «Bernie is an ideal guy, but not a team player». Le chiedo come risponderebbe ai commenti di Richard, e cioé che Hillary non è sincera, e che ha votato per la guerra in Iraq e prende soldi da Wall Street. Rsponde senza esitazione: tutte le persone che fanno questo tipo di critiche non hanno, in passato, avuto problemi a votare per Kerry (che ha anche votato in favore della guerra) e Al Gore (che ha preso un sacco di soldi da Wall Street). Consiglia a chi tanto odia Hillary, di fare un minimo di ricerca e scoprire che dietro la retorica della campagna elettorale contro di lei, si scopre che the girl, come la chiama Naomi, è una delle più oneste: «Con tristezza mi accorgo che molte donne ambiziose vengono spesso accusate di essere poco piacenti e disoneste; alcuni studi fatti in proposito concludono che non siamo ancora abituati a vedere una donna ai vertici di potere». No, né lei né Richard credono che le persone a cui non piace Hillary siamo particolarmente maschiliste. «Non mi piacerebbe neanche se fosse un uomo, sono convinto che abbiamo bisogno di donne al potere», dice Richard, che infatti ammira molto Elizabeth Warren.
Certo è, e questo lo aggiungo io, che non si può togliere dal discorso politico anche il fatto che per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, si sia candidata una donna femminista e di sinistra (come diceva il grandissimo Dalla).
«La notte in cui vincerà Hillary», conclude Naomi, facendomi commuovere, «uscirò di casa, troverò mia mamma, mia nonna, e la mia bisnonna tra le stelle, e manderò loro un bacio».
Ecco, anche io, mia cara Naomi, farò lo stesso. A loro e a tutte le donne che sapevano, da generazioni, che un giorno sarebbero state rappresentate, in qualche modo. Poi andrò a baciare le mie due bellissime bambine e dirò loro: «Ce l’abbiamo fatta, ragazze. Lo abbiamo fatto anche per voi».