Mistero, magia, natura, ma anche religiosità, romanticismo, redenzione, purificazione. Questi i temi impegnativi delle due partiture (Nobilissima visione del compositore austriaco e la sinfonia n. 4 del musicista tedesco) che il direttore d’orchestra ha affrontato con la Filarmonica della Scala
Era in uno stato di grazia la Filarmonica della Scala che si è presentata al suo pubblico lunedì 19 marzo, sotto la direzione di Daniele Gatti, con un programma impegnativo che ha affiancato la Suite tratta dal balletto Nobilissima visione di Paul Hindemith – ormai di raro ascolto nelle sale da concerto – e la colossale Sinfonia n. 4 di Anton Bruckner, lavori che portano in rilievo il complesso rapporto dei due autori con il Sacro.
Quando Paul Hindemith iniziò a lavorare a Nobilissima visione era il 1937 e le difficoltà sembrano non dargli scampo. Accusato (paradossalmente, lui che era un moderato) dal regime nazionalsocialista di “bolscevismo culturale”, il compositore si era appena dimesso dalla cattedra di Composizione alla Hochschule di Berlino e si stava preparando a lasciare la Germania per la neutrale Svizzera, mentre la guerra si avvicinava a grandi passi.
Nonostante le difficoltà – o forse proprio per queste, se “dal caos nasce una stella danzante”, per parafrasare il pensiero di Friedrich Nietzsche – la vena creativa del compositore era in straordinario fermento e stava lavorando con il celebre ballerino e coreografo Léonide Massine a un balletto sulla vita di San Francesco, da cui il compositore elaborerà una suite nell’estate del ‘38. Un’opera che parla di redenzione e purificazione, come si segnala sin dal titolo, dove la Nobilissima visione è quella data dall’apparizione di Umiltà, Castità e Povertà, che cambiano la vita di Francesco.
Un percorso di riconciliazione con il mondo che si realizza attraverso la ricerca di un linguaggio musicale «terso, libero da ogni pesantezza» – per citare Marco Moiraghi nella sua monografia dedicata all’autore tedesco –, come si è potuto sentire nel dialogo tra gli archi e i legni scaligeri nel primo movimento. Hindemith si rifà alla tradizione del passato, come emerge sin dalle forme musicali usate dall’autore – Rondò nel primo movimento, Pastorale nel secondo e Passacaglia nel terzo – e dall’utilizzo del linguaggio armonico tonale con influssi modali e alcuni arcaismi, particolarmente evidenti nella parte centrale del secondo movimento, la più lirica, dove gli archi, raccontano delle apparizioni che sconvolgono la vita di Francesco, quasi una danza nelle mani di Gatti. La composizione di questo lavoro succede di qualche anno a Mathis der Maler, capolavoro del catalogo di Hindemith, ed è chiara la sua influenza nella Passacaglia finale della suite, costruita sul tema esposto dagli ottoni, veri protagonisti di quest’ultimo movimento, in venti variazioni.
Se il tiepido pubblico scaligero applaude con scarso convincimento la prima parte del concerto, il pezzo forte della serata deve ancora arrivare. Dopo l’intervallo, Gatti torna sul podio per dirigere la Filarmonica in una “Romantica” Quarta Sinfonia di Anton Bruckner. Romantica di nome e di fatto, infatti, caso più unico che raro tra le sinfonie di Bruckner, quell’aggettivo era stato scelto proprio dal compositore e apposto alla sinfonia insieme ad alcune vaghe indicazioni programmatiche.
Quando Bruckner iniziava a lavorare a questa composizione – su cui sarebbe tornato, nei successivi vent’anni, soprattutto sul Finale – era il 1874 e Richard Wagner imperversava sulle scene europee dai moti del ‘48.
Il termine “romantico” per Bruckner richiama idealmente l’universo del Lohengrin wagneriano, ovvero “religioso, misterioso e libero da tutto ciò che è impuro”, come il compositore avrebbe scritto in una lettera a Gertrude Boll-Hellmund nel 1893. Ma non solo. Per Bruckner il termine “romantico” si ricollega anche al mondo magico e suggestivo del Franco cacciatore di Anton von Weber, ovvero quella sintesi di mistero, magia e natura.
È un mondo quello bruckneriano che affascina sin dall’attacco, poderoso e brioso nelle mani di Gatti, ben diverso da quello più delicato scelto da Abbado nella storica registrazione coi Wiener Philharmoniker. Nel primo movimento siamo suggestionati da immagini di una città medievale che svetta all’alba e di una natura che incanta, immagine quest’ultima che nella musica si realizza con un’idea affidata agli archi, nelle cui frasi musicali si coniuga l’equilibrio tra la gestione dei volumi e la curata esposizione dei materiali musicali, cifra stilistica dell’esecuzione di Gatti.
Se nel secondo movimento, indicato da Bruckner a Paul Heyse come “Lied”, il trattamento della melodia riporta alla memoria dell’ascoltatore il tardo romanticismo di Mahler – di cui il direttore milanese è grande esperto –, nel terzo movimento ripiombiamo nella natura con evocativi paesaggi di caccia, che musicalmente fanno riferimento all’universo wagneriano con la rielaborazione del tema “della Natura”. Tra i paesaggi idilliaci potrebbe attuarsi una catarsi, una rinascita, come quella di Lohengrin.
Resta da rilevare per amor di cronaca che questo concerto è l’occasione per fare un test di ripresa 4K ed è stato trasmesso in diretta streaming gratuita sul sito della Filarmonica. Questa novità si unisce alla pubblicazione sul web delle registrazioni dal vivo della Filarmonica e la prossima uscita dell’app per dispositivi mobili.