Michel Houellebecq in “Sottomissione” fa dall’islamofobia un credo politico affidando la guida della République al presidente Ben Abbes alla guida di un partito musulmano solo apparentemente moderato
Se il fondamentalismo è sprovvisto di senso dell’umorismo, Michel Houellebecq non è da meno. Chi leggerà Sottomissione (in uscita per Bompiani il 15 gennaio) si renderà conto di come il narratore cerchi a ogni costo di fare del sarcasmo che, tuttavia, lascia sistematicamente il lettore in un silenzio imbarazzato. Probabilmente Houellebecq fa ridere solo sulla copertina di Charlie Hebdo.
Certo, la coincidenza lascia interdetti: il giorno della strage parigina è anche quello dell’uscita in Francia di un libro che dell’islamofobia fa un credo politico. La storia infatti si svolge in un futuro molto vicino, in cui lo scrittore immagina la crescente influenza di un vero e proprio partito musulmano nello scenario politico francese. La prima metà del libro riporta le settimane che precedono le elezioni presidenziali, con gli errori di valutazione di socialisti e conservatori che si alleano con il partito islamico, apparentemente moderato, per evitare la vittoria di Marine Le Pen (citata esplicitamente). Ma nella seconda parte del romanzo il paese dovrà fare i conti con la prevedibile durezza dell’immaginario presidente Ben Abbes, che impone il velo alle donne e trasforma la Sorbona in un’università islamica.
Il personaggio principale è François, misogino professore universitario ossessionato da Huysmans e dedito a continue “sveltine” con studentesse che si alternano a solitarie sessioni di Youporn. Il grande interrogativo che il lettore è chiamato a porsi è se il cinico e odioso protagonista cederà all’obbligo di conversione istituito dal governo neoeletto.
François – appare chiaro fin dall’inizio – non è che un debole riflesso dell’autore. E come se si trovasse al bar, non ci risparmia nulla di tutto ciò che gli passa per la testa in merito a questione islamica, rapporti di coppia, letteratura francese di fine ‘800. Il libro è pertanto il lungo stream of clichés di Houellebecq, che si smaschera in un profluvio di stereotipi senza precedenti nella sua produzione. La sua è una sottomissione al luogo comune e alla superficialità, pericolosa non tanto per la xenofobia che genera, quanto per l’esempio proposto di cattiva ricerca storica. In Sottomissione i cinesi sono attenti e laboriosi, le ragazze fragili e innamorate, gli intellettuali ampollosi e poco reattivi. «La letteratura è una cosa seria» fa dire Houellebecq al suo protagonista, ma è il suo stesso romanzo a contraddirlo.
Che si tratti di una fiaba politica – come ha scritto Libération –, di un racconto moderno che gioca con sottigliezza sulle paure dei francesi, è evidente. E palese è anche quanto la risonanza nel mondo mediatico e politico sia elevatissima. Ma l’intellighenzia culturale francese si era già mossa per tempo a prendere posizione su Houellebecq – «Mauvais Houellebecq ou bon Houellebecq? Nihilisme irresponsable ou simple satire littéraire?» – e Emmanuel Carrère, voce solitaria, ha definito il romanzo niente meno che sublime e ha ribadito che quello trattato è un problema reale che molti intellettuali sembrano ignorare.
Un buon romanzo però non si può costruire a tavolino: esibendo in questo modo il suo scopo, Houellebecq diviene schiavo della sua trovata. E se anche la critica internazionale non si risparmia paragoni con Orwell e Huxley, il libro si disperde in banali tentativi di accattivarsi il lettore. Limitandoci anche solo all’aspetto umoristico, siamo lontani dall’efficacia delle esilaranti vignette di Charlie Hebdo: Gesù bambino che nasce “sparato fuori” dalla Madonna o una donna nuda che “indossa” un burqa nel sedere. L’essenza dell’Illuminismo, del Candido di Voltaire, della stessa libertà di espressione sta proprio qui: il motto di spirito propone una verità senza imporla, nascondendola nell’inflessione di una risata.
Se l’attentato del 7 Gennaio e le reazioni seguite confermano le interpretazioni che vedono il XXI secolo indugiare nell’oscurantismo religioso, la soluzione di Houellebecq pecca di povertà di analisi ed è quindi tanto lontana dall’Illuminismo quanto ciò che denuncia. Anch’essa diventa espressione di quella lenta agonia dell’anima laica, indipendente e critica che il Settecento francese aveva avuto il merito di consegnare al mondo occidentale.
“Sottomissione” di Michel Houellebecq (Bompiani, pp 256, 17,50 euro, e-book 9,99). Disponibile dal 15 gennaio
Foto di Belal Khan