O quantomeno alcuni tra i più apprezzati dell’anno che sta per finire. Da noi di Cultweek musica
Meredith Monk – The Recordings
Non uno ma dodici album in un cofanetto bianco, purissimo come la sua musica. Per Meredith Monk – 80 anni in novembre – è l’antologia della vita, da Dolmen Music (1981) a On Behalf Of Nature (2015). Magie di una dolce sacerdotessa del canto che non ha mai tradito la Voce dell’Innocenza. Fidatevi. (C.M.C.)
Maurizio Pollini – Ludwig van Beethoven: Sonate Op. 101 e 106
Nel 1975 usciva un elegante box dal quale ci scrutava il ritratto più severo di Beethoven. Fece epoca: fermava in disco le visioni più “contemporanee” mai ascoltate delle ultime Sonate di “Ludwig van”. Pollini le rilegge nel 2022, ottantenne, per coglierci ancora di sorpresa: perfino più veloce e incalzante che nei suoi trent’anni. (C.M.C.)
Moor Mother – Jazz Codes
Difficile presentare in poche righe l’ultimo album di Camae Ayewa, alias Moor Mother. Compositrice e poetessa, si è sempre distinta per una sperimentazione volta a mischiare generi e codici molto diversi, creando spazi sonori spiazzanti e unici. Il jazz, il soul, l’elettronica e la recitazione di testi si sposano meravigliosamente in quest’album della durata di tre quarti d’ora fino a formare un’esperienza musicale imperdibile. (G.B.B.)
Jóhann Jóhannsson – Drone Mass
Il compositore islandese scomparso prematuramente nel 2018 ci ha lasciato un’eredità musicale preziosa. In quest’album è stata registrata per la prima volta quello che il compositore ha descritto come un “oratorio contemporaneo” per voci, quartetto d’archi ed elettronica. L’atmosfera di questa musica ricorda per alcuni versi il minimalismo dal sapore spirituale di autori come Pärt o Górecki, misterioso ed evocativo. Un album magico. (G.B.B.)
Francesco Guccini – Canzoni da intorto
Bello e commovente, una rivisitazione di motivi non suoi che Guccini ha cantato negli anni per gli amici. Inni anarchici, Della Mea e Jannacci, la stupenda Le nostre domande di Margot e Fortini che il Maestrone trasfigura in una delle sue canzoni più struggenti. (R.C.)
Paolo Angeli – Rade
Paolo Angeli è campione di un noise-folk che contamina musica sarda, Maghreb, flamenco, rembetiko, jazz, post-rock e colta contemporanea. Merito anche della sua chitarra sarda trattata a 18 corde che incorpora cello e batteria. Rade è puro incanto mediterraneo. (R.C.)
Editors – EBM
A quattro anni da “Violence” il gruppo di Tom Smith (voce strepitosa della band) è tornato con un album pieno di intuizioni a cavallo fra il rock rabbioso e l’elettronica. Potenti, eroici e disperati quanto basta, gli editors sono una colonna sonora perfetta per i nostri tempi bipolari. Quattro i singoli estratti, tra cui svettano la luciferina Heart attack e la potente Karma climb. Una segnalazione che è anche un premio alla carriera, se non li conoscete andate a scoprirli. (E.B.)
Fontaines DC – Skinty Fia
Essere giovani in questi anni è un bel casino se hai aspettative per il futuro. E i Fontaines DC sono ragazzi che hanno talento e incazzatura da vendere. Il loro album del 2022 è un tuffo cupo nell’energia post adolescenziale che colpisce per maturità e male di vedere lucido e duro. Cinque irlandesi poetici innamorati delle loro radici (titolo in gaelico), ma acidi e violenti il giusto, se vuoi lasciare il segno. (E.B.)
Big Thief – Dragon Warm Mountain I Believe in You
I Big Thief sono un gruppo di Brooklyn formatosi nel 2015.
Questo loro ultimo disco, quarto n assoluto, è, un disco artigianale di pregevole fattura, un doppio disco direi con venti brani, registrato In varie sessioni e in diversi punti degli Stati Uniti. Spicca la chiara connotazione folk, condita da spunti di elettronica, una vena poetica nostalgica, e da tanti colori e sfumature. Si denota inoltre un gran bella produzione di James Krivchenia. Bel lavoro (M.L.)
Alvvays – Blue Rev
Terzo album della band canadese capitanata dalla cantante Molly Rankin e con il chitarrista Alec O’ Hanley, la tastierista Kerry Maclellan, Abbey Blackwell al basso e Sheridan Riley alla batteria. Complice anche la performance live a Kexp Seattle ho apprezzato le chitarre distorte e le voci riverberate puro stile anni 80. Il disco Blue Rev conta vari brani convincenti quali Many Mirrors e Easy on Your Own? E come disse un tale una volta:” io ascolto la musica che mi procura buone emozioni” Beh questa è essenzialmente la motivazione per cui le ho scelte. (M.L.)
The Weeknd – Dawn FM
Collaborano all’ultimo lavoro di Abel Makkonen Tesfaye, in arte The Weeknd, grandi nomi come Quincy Jones, Josh Safdie, Max Martin, Tyler, the Creator, Lil Wayne e Jim Carey. Quest’ultimo accompagna gli ascoltatori come voce di una stazione radio fittizia (quella 103.5 Dawn FM che dà nome all’album) attraverso un viaggio per trovare la pace: “God knows life is chaos but he made one thing true: you gotta unwind your mind, train your soul to align and dance til you find that divine boogaloo. In other words: you gotta be heaven to see heaven. May peace be with you.” dice in chiusura. È un album maturo, ben costruito, che si ascolta con piacere. (S.B.)
Harry Styles – Harry’s House
Dopo lo scioglimento della band, l’ex One Direction sentiva il bisogno di dimostrare al mondo di non essere solo (o più) il membro di una boyband, ma di essere un artista completo e di meritare attenzione anche se da solo sul palco. Questo percorso complesso è passato attraverso diversi aspetti, dal lavoro sullo stile personale, al tentativo di crearsi una carriera cinematografica, ma soprattutto la prova più temuta e più attesa era in campo musicale. E anche questo terzo album solista di Styles segue il filone dei primi due, dimostrandosi un ottimo prodotto pop, che strizza l’occhio a un pubblico giovanissimo con canzoni estremamente orecchiabili che si trovano ovunque anche sui social, ma anche a un pubblico più adulto, che apprezza la musica pop fatta bene. (S.B.)
Rebecca Saunders – Skin
La compositrice britannica Rebecca Saunders – figura di spicco nel mondo della contemporanea e da anni residente a Berlino – presenta in un nuovo album della NMC tre dei suoi lavori più significativi, frutto di una ricerca personale sul suono e sul lavoro a stretto contatto con gli interpreti. Void per duo di percussioni e orchestra, Unbreathed per quartetto d’archi e Skin per voce ed ensemble sono in bilico tra suono e silenzio, movimento ed immobilità, nell’immaginazione di un’artista che il Guardian ha definito “una delle figure di spicco della musica europea del nostro tempo”. (C.M.)
Andres Mustonen – Valentin Silvestrov: Requiem per Larissa
Sicuramente nel 2022 sono usciti molti dischi più importanti di questo. Eppure il requiem del compositore ucraino, che quest’anno ha compiuto 85 anni e vive a Berlino, è tutt’altro che banale. Composto nel 1997, e dedicato alla moglie morta diversi anni prima, ha un impianto solido e un respiro commovente. A dirigere l’orchestra della Radio di Monaco l’estone Andres Mustonen, coadiuvato da un coro di prim’ordine. (A.M.)
Lisette Oropesa e Dresden Philharmonic Orchestra diretta da Corrado Rovaris – Donizetti&Rossini: French Bel Canto Arias
Il secondo album inciso dal soprano americano Lisette Oropesa, oggi una delle artiste più richieste dai teatri di tutto il mondo, ripercorre arie di opere di compositori italiani scritte appositamente per il pubblico parigino. E così Poliuto diventa Les Martyres, Maometto II Le Siège de Corinthe, ma anche la Lucie de Lammermoor, assai diversa dalla versione italiana. (M.L.P.)
Herbert Blomstedt e Leipzig Gewandhaus Orchestra – Schubert: Symphonies Nos 8 & 9
Ascoltare lo Schubert del direttore svedese Herbert Blomstedt, 94 anni, è oggi una delle esperienze musicali più straordinarie che si possano fare. Le sue versioni dell’Incompiuta e della Grande restituiscono una visione cartesiana e romantica insieme, e la freschezza di suono del Gewandhaus di Lipsia fa il resto. (M.L.P.)