Operazione crudele e ferocemente egocentrica quella di scegliere un paio di titoli a testa tra i tantissimi pubblicati. Ciononostante anche quest’anno ci siamo sottoposti con divertita impertinenza al “gioco della torre”. In attesa di tuffarci, noi con voi, nella musica del 2024
Nick Campbell Destroys, Christian Euman, Jacob Mann – Live For The Highest Bidder
Una scelta particolare, ammetto. Non certo tra i nomi più in vista della scena jazz internazionale ma forse proprio per questo degni di nota, i tre musicisti in questione hanno registrato dal vivo un album davvero unico nel suo genere. Ascoltate le sonorità uniche, timbri elettronici e assoli da paura. Originalità è forse la parola che meglio si associa a questi brani che non vi lasceranno più andare già dopo il primo ascolto. (G.B.B)
Tan Dun – Buddha Passion
Un doppio CD di un’opera contemporanea di enorme importanza. Il compositore Tan Dun è ben più che noto per gli appassionati ma riesce a sorprendere ancora in questo lavoro spettacolare, ricco di ogni tipo di influenza che possiate immaginare. Lavori di questo respiro e ambizione non nascono certo tutti i giorni ma, come se non bastasse, anche l’esecuzione è notevole da ogni punto di vista, i cantanti sono in ottima forma così come l’orchestra. Un viaggio nella musica, nella spiritualità, che magia! (G.B.B.)
Emerson Quartet– Infinite Voyage
Raffinatissimo e per nulla scontato disco d’addio dello storico Quartetto Emerson, dopo quasi cinquant’anni di attività. L’ensemble, nato a New York nel 1976, si è sempre distinto per la vivacità delle esecuzioni, oltre che per la vastità del repertorio affrontato. Infinite Voyage include Melancholie op. 13 di Hindemith, ovvero quattro Lieder per mezzosoprano e archi, il Quartetto op. 3 di Berg, la struggente Chanson perpétuelle op. 37 di Ernest Chausson e il mistico Quartetto n. 2 op. 10 di Schönberg, che si chiude in un’atmosfera rarefatta con la voce di Barbara Hannigan che dichiara: “Io sento l’aria di un altro pianeta”. (M.L.P.)
Orchestre de Paris diretta da Klaus Mäkelä – Stravinsky The Firebird. The Rite of Spring
Lo stroncatissimo primo disco del giovane Klaus Mäkelä con l’Orchestre de Paris – il New York Times lo liquida addirittura con “dreadful” – è in realtà una curiosa, forse ingenua, ma brillantissima lettura delle due più importanti pagine stravinskiane, vale a dire La sagra della primavera e L’uccello di fuoco. Al giovane finlandese non si perdona la mancanza di violenza, di spregiudicatezza, e il fatto che in effetti nel Sacre restituisca la rappresentazione del rito più che il rito vero e proprio. Ma la nitidezza e trasparenza raggiunta nell’Uccello di fuoco rendono la suite smagliante e persino destabilizzante nella sua iper-razionalità. (M.L.P.)
Rolling Stones – Hackney Diamonds
Alla fine tocca agli eterni Rolling Stones la segnalazione come miglior album: solidi, sulfurei, ironici e soprattutto sempre a tempo nonostante gli ottanta anni di Jagger e Richards. Certo, molti pezzi sono recuperati dai cassetti pieni di inediti, è da Tattoo you che fanno i dischi così. Ma la meravigliosa consapevolezza di chi non ha niente da perdere e ride di sé stesso e il mondo merita rispetto e piacere. Da non perdere Rolling stone blues, solo voce, armonica e chitarra dei due meravigliosi gemelli luccicanti. Rivendicare la propria gioventù dopo sessanta anni di carriera ed essere credibili, questo sono gli Stones oggi. E io che speravo si sciogliessero nel 1982….. (E.B.)
Baustelle – Elvis
Li avevo persi, mi hanno ritrovato e riconquistato. Elvis è il male di vivere moderno e milanese, è la rabbia lucida e rassegnata (fino in fondo?) per questo inizio di decennio senza aria e senza tregua. Sono canzoni sincere e precise fino al fastidio come Andiamo ai rave, oppure la storia senza sconti di Jackie, così dura che vorresti non fosse vera. Coerenza e sguardo obliquo, che è tornato a Bianconi dopo altri viaggi in altre terre d’autore. Ma ritrovarli Contro il mondo è una bella compagnia. Siamo stati meno soli, in questo 2023. (E.B.)
The Lemon Twigs – Everything Harmony
The Lemon Twigs sono essenzialmente i fratelli D’Addario, originari di Long Island, ma con evidenti origini italiane, che nel 2018 dettero alla luce il felicissimo Go to School e poi a seguire Song for the General audience. Il terzo disco, quello in questione, si chiama Everything Harmony, e contiene pezzi artigianali, cesellati, accurati. Ballad sentimentali si alternano con scioltezza ad autentici brani folk. Un lavoro di ottimo livello. Da ascoltare assolutamente: In My head, What You Were doing. (M.L.)
Juan Wauters – Wondering Rebel
Recensito il 15 novembre, riproposto in questa rassegna per la grande sincerità e onesta della sua musica. Pezzi principalmente in spagnolo, per l’artista di Montevideo. Brani magari semplici, ma sempre caratterizzti da una sincerità cristallina e accompagnati da sonorità accattivanti. Da ascoltare: Milanesa al Pan, Mensaje Codificado. (M.L.)
Vinicio Capossela – Tredici canzoni urgenti
Tredici canzoni urgenti è il miglior disco d’autore dell’anno. Istantanee inquiete del nostro oggi. Sprechi e guerra, femminicidi e partigiane, salutismo e razzismo, armi e galere. Folie cinquecentesche, valzer, jive, ballate, reggae e cha cha cha. Vertice la bellissima La crociata dei bambini. «Ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati». (R.C.)
Daniela Pes – Spira
Gallurese, 31 anni, polistrumentista e vocalist con una laurea in canto jazz, Daniela Pes ha vinto la Targa Tenco opera prima con Spira, lavoro di stratosferico talento e luminosa sperimentazione. Elettroacustica tra kosmische musik e primo Battiato, ma il paragone serve solo per fare capire da che parti stiamo. La semi-suite A te sola è una festa. I Radiohead di Kid A sbarcati in Sardegna, ha scritto Alberto Campo. Proprio così. (R.C.)
ARVO PÄRT – Tractus
Quieto restauratore dell’arte antica, Arvo Pärt dispensa con Tractus nuovi tocchi di saggezza in forma di musica. Otto brani, diversi dei quali inediti, che invitano a prendere le distanze dalla volgarità della vita. Pagine per voce e per coro che costringono a riflettere sulle cose che contano, ma anche gioielli di musica pura che trattengono lo spirito della preghiera. Il segreto è sempre lo stesso: riempire il tempo con un Suono che del silenzio condivida la profondità. (C.M.C)
Isabelle Faust, Giovanni Antonini e Il Giardino Armonico – Il virtuoso, il poeta
Deliziosa Isabelle Faust: virtuosismo e “consapevolezza storica” in lei sono tutt’uno. Dopo alcuni Bach e Mozart da podio, Isabelle decide di far suoi i Concerti di Pietro Antonio Locatelli, moschettiere della scuola che ‘600 e primo ‘700 schierava Corelli, Vivaldi, Geminiani, Tartini e imponeva in Europa una sola scuderia, l’italiana. Per sapere di quali bellezze sia capace insieme al meraviglioso Giardino Armonico di Antonini, c’è solo da aprire le orecchie. (C.M.C.)
Continua la collaborazione tra Il Giardino Armonico di Giovanni Antonini e la violinista Isabelle Faust, che nel disco il virtuoso, il poeta pone al centro la musica di un grande compositore del passato, Pietro Antonio Locatelli. Già solo per aver resuscitato dagli inferi la sua musica, questo disco merita la menzione d’onore, ma c’è di più: in questo piccolo gioiello riprende vita la musica di Locatelli nella dimensione e nella sintesi di “un virtuosismo diabolico e un’affezionata tenerezza” (per usare le parole di Cesare Fertonani nel bellissimo booklet del disco). (V.T.)
Víkingur Ólafsson – Goldberg Variation
Ci sono quelle monumentali di Gould, le classiche di Schiff e Perahia, e quelle di recente conio della talentuosa Beatrice Rana. Le ultime variazioni bachiane di rilievo sono firmate dal pianista islandese. Fredde come la terra che gli ha dato i natali ma tutt’altro che prive di personalità. Confrontare per credere. (A.M.)
Frank Zappa – Funky Nothingness
Ancora Lui? Sì, certo. Del geniale “facitore” di musiche di ogni genere, che passava con disinvoltura e abilità straordinaria dal pop al rock progressive sconfinando nella musica colta (celebri le sue collaborazioni con Pierre Boulez e Kent Nagano), non ce n’è mai abbastanza. Del 2023 questo triplo CD che resuscita inediti molto interessanti degli anni 69/70, il periodo di Hot Rats e Chunga’s Revenge per intenderci. (A.M.)
George Crumb and Yoshiko Shimizu – Works for Amplified Piano(s)
La cura con cui la pianista giapponese Yoshiko Shimizu affronta lo studio e l’esecuzione delle musiche di George Crumb era già stata resa nota grazie all’album che racchiudeva i primi tre volumi del Makrokosmos (2018). Quest’anno Shimizu ha deciso di affrontare una sfida ulteriore diventando di fatto la prima persona che abbia mai registrato realizzazioni “soliste” delle composizioni Celestial Mechanics, Zeitgeist e Otherworldly Resonances, opere scritte in realtà per due interpreti (se non tre, considerando che in Celestial Mechanics il voltapagine interviene in modo attivo nell’esecuzione). L’impegno di Shimizu e il lavoro a stretto contatto con Crumb sono frutto di una collaborazione intensa che è valsa alla pianista l’elogio del compositore statunitense: “La considero una delle mie migliori interpreti”. (C. M.)
Stefano Taglietti – SideReal
Un concept album di diversi linguaggi legati al vissuto dell’autore: dall’elettronica a rimandi jazz, dalle tecniche estese su strumenti acustici ai suoni digitali e analogici. Il disco è presentato come un “Concerto per pianoforte ed elettronica” in cui i sintetizzatori interpretano il ruolo di orchestra, con tutte le peculiari possibilità tecniche e timbriche a loro concesse. Il pianoforte invece allarga i suoi orizzonti collocandosi senza sforzo nello spazio sonoro elettronico grazie al fatto che viene utilizzato anche in veste percussiva, pertanto assume una duttilità coloristica che ben si sposa con le trasformazioni dei suoni sintetici. Il suo ruolo solistico è presente in ciascuno dei sette brani consequenziali che compongono il disco e si declina in maniera diversa in ognuno di essi, compiendo un percorso che è quasi una scoperta graduale della propria “voce” e della propria molteplice natura. Quella operata dall’ex allievo di Sylvano Bussotti è una commistione di generi che fluisce dalle esperienze anche di pianista in progetti con artisti del calibro di Dom Um Romão e Karl Potter. Esperienze in cui la dimensione improvvisativa è stata una componente influente nel suo pensiero artistico, tanto che ascoltando SideReal si ha quasi l’impressione di assistere a un concerto dal vivo. (C. M.)