Scelte opinabili. Sicuro. Di parte. Certamente. Ma scelte. Che anche per l’anno che volge al termine i collaboratori della redazione Musica di Cultweek hanno compiuto. E ora offrono al vostro giudizio perché le possiate condividere o no e sulle quali magari ragionare con amici e parenti durante queste feste. Con l’augurio di un 2025 di buone armonie per tutti
Cecilia Bartoli – Casta Diva
Una stanza dei tesori in cui perdersi, un’antologia del bel canto da sussurri e palpiti (Rossini, Donizetti, Bellini, Mozart, Pacini, Porpora, Handel), fior da fiore di Cecilia Bartoli ai suoi vertici (1992-2009). La copertina cita celebri pose in bianco e nero della “Maria” (Callas, se fosse necessario) per le lezioni di stile di una divina. (C.M.C.)
Giovanni Antonini, Il Giardino Armonico, Kammerorchester Basel – Haydn, Sinfonie
Il gioiello della Sinfonia La Sorpresa fa brillare l’album n.16 di un’integrale Haydn che a ogni passo non smette di stupirci. Ciclo mirabile che, insieme alla splendida ripresa de L’Orontea di Antonio Cesti alla Scala, in settembre, candida Giovanni Antonini a musicista dell’anno. (C.M.C.)
Richard Thompson – Ship to shore
Richard Thompson è uno dei segreti meglio custoditi della storia del rock. Fondatore dei Fairport Convention, strumentista eccelso (per Rolling Stone è 18° nella classifica dei guitar heroes) e autore non di rado in zona capolavoro (sentire almeno Crazy man Michael, Beeswing e The great Valerio), sulla soglia dei 75 anni congeda un album perfetto. Echi folk, impennate di quieto furore chitarristico, un umore cupo che ci accompagna nella terra desolata che è il nostro mondo in fiamme. (R.C.)
Beth Gibbons – Lives outgrow
Inglese di Exeter, sessant’anni, Beth Gibbons incanta con il suo esordio solistico. Prima è stata la cantante dei Portishead (ricordate il trip-hop di Bristol? Loro erano i grandi rivali dei Massive Attack). Dal 2008 a oggi si è concessa incursioni nobilmente eccentriche: per esempio è stata l’emozionante voce della Sinfonia n. 3 di Gorecki diretta da Krzysztof Penderecki. Oggi affronta il tempo che passa con una musica densa e stratificata, con un minimalismo sinfonico che incorpora post-folk cameristico e risonanze prog. Notevolissimo l’apporto ritmico dell’ex Talk Talk Lee Harris. (R.C.)
Winstons – Third
Una parte dal prog e dove arriva? Dove vuole, che domande. Questo terzo album del trio Gabrielli – Dell’Era – Gitto è bello vario e bello bello, forse il migliore fino a ora. Suonano giocando da ribelli a ogni forma convenzionale, ma alla fine tornano sempre a fare canzoni. Ascoltate Abie e ditemi se non vi sentite felicemente nei Seventies. (E. B.)
The Cure – Songs of a lost world
Non c’entra il fatto che ci hanno messo 16 anni a fare un disco nuovo: Robert Smith e soci hanno ritrovato la vena creativa dei tempi cupi, che per loro vuol dire i tempi migliori. Ancora oggi raccontano il male di vivere che ci attraversa da quando siamo adolescenti con una lucidità e una leggerezza uniche. Una spalla dark e dolce su cui piangere felici. (E. B.)
I Disinvolti – Vulnerasti cor meum
È il secondo disco della giovane formazione composta da alcune delle voci più interessanti nel panorama italiano della musica antica. Un disco che pone al centro il mistero del rapimento d’amore, partendo dal celeberrimo e straordinario verso del Cantico dei Cantici (Vulnerasti cor meum, tradotto dalla Vulgata con “Tu mi hai rapito il cuore”), ricercando nella musica del primo Seicento meno noto di Giovanni Banci, Ignazio Donati, Federico Malgarini, Leone Leoni o dell’epoca successiva Orazio Tarditi, Claudio e Cesare Monteverdi, le evoluzioni di un immaginario. Un disco che merita una menzione per la straordinaria intensità di sintesi di immagini e suoni di un’epoca mai sufficientemente conosciuta. (V.T.)
La Comitiva – La Comitiva
Disco artigianale dalla lunga gestazione, che coinvolge tre musicisti siciliani (Marco Castello, Stefano Ortisi e Luigi Orofino) ed Erlend Øye, instancabile factotum dell’universo musicale che, oltre ai Kings of Convenience e ai Whitest Boy Alive, è riuscito a creare quest’ennesimo progetto vincente. Si alternano brani inglesi e brani italiani. E non mancano rare perle strumentali. Da godersi davanti a un camino con vin brulè e castagne. (M.L.)
Crack Cloud – Red Mile
Un vero e proprio collettivo musicale (ha sede a Calgary nell’Alberta) ma un unico membro fisso, Zach Choi, batterista e cantante. In quest’album si respira un’anarchia punk dovuta alla voce di Zach ma condita con pregevoli trame musicali, arrangiamenti di gran gusto, strutture non banali. Disco ben assortito, che paradossalmente potremmo definire irriverente ma anche ragionato. Ottimo per una bella corsa all’imbrunire. (M.L.)
Philippe Jordan dirige il coro e l’orchestra dell’Opera di Vienna – Richard Wagner: Parsifal
La versione audio del Parsifal andato in scena a Vienna nel 2021 con la regia del russo Kirill Serebrennikov, diretto da Philippe Jordan con il coro e l’orchestra dell’Opera di Vienna, è una delle grandi prove wagneriane di questi anni, perché l’interpretazione punta sulla pura teatralità più che su eccessi di raffinatezze. Con il miglior cast possibile: l’eroismo sofferente di Jonas Kauffmann, il lirismo dell’Amfortas di Ludovic Tézier e soprattutto la forza della Kundry di Elina Garanča. (M.L.P.)
Alexandre Kantorow – Brahms, Schubert
Primo pianista francese a vincere il Concorso Čajkovskij di Mosca, il giovane Alexandre Kantorow (classe 1997) è uno dei pianisti del momento, con un suono aperto, sontuoso, quasi sfacciato per lo slancio, perfetto tanto per la giovanile Sonata per pianoforte n. 1 di Brahms, quanto per la schubertiana Wanderer-Fantasie, in cui si rimane sbalorditi dal senso del tragico che sa trovare nel secondo movimento. (M.L.P.)
Miles in France !963/64 – Miles Davis Quintet The Bottleg Series vol.8
Ancora, direte voi. Ma di Davis non ce n’è mai abbastanza, azzardo io. Provate ad ascoltare qualsiasi traccia di questo aureo cofanetto e sono sicuro che mi darete ragione. Si tratta delle registrazioni del Festival Mondial du Jazz di Antibes del 1963 e di quelle del Jazz Paris Festival del 64. Freschezza e fascino garantiti. (A.M.)
Maurizio Pollini, Daniele Pollini – Schubert
Semplicemente Schubert. Si intitola così l’ultima incisione che il grande pianista ha registrato assieme al figlio nel 2022 alla Herkulessaal di Monaco. Sicuramente tra i dischi dell’anno e un emozionante regalo natalizio (A.M.)