Le note di Franco Battiato e la voce rauca e potente di Roberto Herlitzka ci guidano nei segreti di “I nomi del signor Sulcic”, l’ultimo film di Elisabetta Sgarbi, ambientato a Trieste. Si ricostruisce il passato di una donna morta nel 1992 attraverso foto e documenti inquietanti, anche legati al Terzo Reich. Tra testimoni e custodi sfuggenti, di una memoria che nessuno sembra voler conservare
Ivana (Ivana Pantaleo), protagonista di I nomi del signor Sulcic di Elisabetta Sgarbi, è una giovane ricercatrice dell’università di Ferrara che sta raccogliendo informazioni su una donna, Sara Rojc, morta nel 1992 e sepolta nel cimitero ebraico di Trieste. La sua memoria è custodita da Gionata Vivante (Adalberto Maria Merli), custode del cimitero e depositario delle sue ultime volontà, oltre che di una vecchia fotografia e di un inquietante e altrettanto antico documento: un passaporto del Terzo Reich. Seguendo questa labile traccia, Ivana riannoda poco a poco i fili che tengono uniti Irena Rupel (Lučka Počkaj), un’enigmatica donna slovena alla ricerca di un misterioso passato, e un uomo solitario di nome Gabriele (Gabriele Levada), che vive in una remota località all’interno del Delta del Po e sembra ad ogni costo volersi sottrarre all’abbraccio in apparenza morbido ma alla fine sempre aspro della memoria. Il loro legame affonda negli anni della guerra, in una storia di tradimento e abbandono, di violenza e cambio d’identità, lungo il confine fra Italia e Slovenia, fra passato e presente, oblio e ricordo.
L’ultimo film di Elisabetta Sgarbi si dipana come un percorso di ricerca che costeggia i territori del sogno e affonda le mani, la testa e il cuore nel grande serbatoio della storia, sulle tracce di lacerazioni fin troppo reali e sofferenze ancora vive. Un racconto affascinante, lirico e sospeso, costellato di momenti di grande intensità e guidato da un inesausto desiderio di scavare e riportare in superficie anche ciò che molti vorrebbero ormai abbandonare sulle rive dell’oblio, nelle pieghe del tempo e nelle anse di un fiume che scorre lontano dalla contemporaneità.
Un’idea di cinema austero, distaccato e rigoroso, che si nutre di immagini poetiche e parole dolorose, senza concedere praticamente nulla alla facilità di un discorso banalmente commovente intorno ai drammi della Seconda Guerra Mondiale. Immagini suggestive, frammenti di senso, sguardi potenti eppure intimamente fragili che trovano il loro fulcro in alcune sequenze enigmatiche e struggenti. Prima fra tutte, quel magnifico teatrino che vede protagonisti Claudio Magris e Giorgio Pressburger (morto poco dopo la fine delle riprese) nel ruolo di due scolari in un rifugio antiaereo di Trieste. Proprio a Magris la regista affida il compito di recitare un frammento del Vangelo di Giacomo: “I nomi sono un grande inganno, perché distolgono i cuori dalla verità. Eppure non è possibile apprendere, imparare senza i nomi”.
Insomma, anche sulla strada della verità abbiamo bisogno dell’inganno, sembra volerci dire questo film affascinante e ostico, che mescola passato e presente, documentario e finzione, appoggiandosi sulle note di Franco Battiato e lasciandosi guidare dalla voce rauca e potente di Roberto Herlitzka. Sulle tracce dell’identità multipla del signor Sulčič e dei fantasmi che si agitano intorno alla sua figura, ma anche e soprattutto della nostra identità, sempre più sfuggente di quanto vorremmo.
I nomi del signor Sulcic di Elisabetta Sgarbi, con Ivana Pantaleo, Lučka Počkaj, Roberto Herlitzka, Paolo Graziosi, Adalberto Maria Merli, Gabriele Levada,Elena Radonicich