International Divertimento Ensemble Academy è l’iniziativa messa in piedi da Sandro Gorli per promuovere la crescita di giovani compositori, cantanti, strumentisti. Dal 12 al 14 maggio si sono avvicendati sul palco della sala Donatoni più di trenta artisti. In coda al primo concerto, durante il quale sono state presentate le loro opere per pianoforte, abbiamo scambiato qualche opinione con i partecipanti al Laboratorio per giovani compositori e con la pianista Maria Grazia Bellocchio che del Laboratorio è la responsabile
Nato nel 2017, IDEA di Divertimento Ensemble rappresenta un punto di riferimento per la musica contemporanea. A distanza di 6 anni, la missione rimane quella di sempre: attenzione ai giovani musicisti e alla loro crescita attraverso concorsi, corsi e masterclass, e alla loro evoluzione.
Da venerdì 12 a domenica 14 maggio, sono saliti sul palco della Sala Donatoni alla Fabbrica del Vapore più di 30 artisti selezionati per le attività formative dell’International Divertimento Ensemble Academy: compositori, cantanti e strumentisti che hanno avuto la possibilità di confrontarsi durante gli incontri con straordinarie professioniste come Maria Grazia Bellocchio, Alda Caiello ed Elena Casoli.
Il primo appuntamento di questo piccolo festival nel cuore del festival di contemporanea Rondò è stato tutto dedicato ai lavori dei partecipanti al “Laboratorio per giovani compositori ”sul pianoforte preparato, condotto da Maria Grazia Bellocchio. «Un piccolo seme per gettare curiosità verso uno strumento ancora dalle infinite possibilità», come mi ricorda la pianista dopo il concerto. Per gli allievi, IDEA rappresenta invece un “ambiente” privilegiato, «dove si può avere la massima libertà di azione e la possibilità di interagire con un grande interprete che dà vita al suono come lo si ha in mente» afferma il giovane compositore Marco Benetti, di Busto Arsizio, classe 1989. Questo seminario è l’occasione per sperimentare il mondo sonoro del pianoforte preparato. Ci sono molti modi per preparare lo strumento, «e questi non solo creano suoni unici, ma apportano anche interessanti aspetti visivi alla performance, che regalano al pubblico un’esperienza insolita» aggiunge Hangrui Zhang che con Minetti condivide oltre alla passione per il pianoforte l’anno di nascita.
Sandro Gorli
Concerto bagnato, concerto fortunato. La pioggia primaverile accoglie la soirée dedicata ai giovani compositori che hanno sperimentato le loro idee sul pianoforte preparato. Nel contesto raccolto e accogliente della sala Donatoni, sembra quasi di entrare in un’altra dimensione, dove le parole di presentazione del padrone di casa Sandro Gorli e dei giovani musicisti si mischiano alle note dello strumento di Maria Grazia Bellocchio, o meglio «dello strumento che ogni compositore inventa (nella dimensione più pura di inventione, ndr)», come mi ricorda la pianista, non dimenticando i compositori che hanno saputo giocare e sperimentare con il pianoforte preparato, da John Cage a Marco Momi.
In questa session ogni compositore viene messo di fronte a una sfida inedita: inventare un nuovo suono attraverso gli oggetti che vengono coinvolti nello sfregamento della cordiera del pianoforte.
Tra i compositori protagonisti del concerto, colpiscono in particolare i due musicisti asiatici, Hangrui Zhang e Minzuo Lù, per lo sguardo nuovo che sanno portare, diverso da quello occidentale. Essi inseriscono un elemento di diversità, di maggiore libertà rispetto allo strumento preparato, perché, chiosa Bellocchio, «hanno saputo giocare di più con i materiali coinvolti, in modo più vario, mentre alcuni colleghi italiani hanno scelto di costruire il loro pezzo a partire dall’immagine di un suono che avevano in mente», come quello di Paolo Cipollini che promuove e cerca una pluri-narratività.
Maria Grazia Bellocchio
Rimango colpita dalle straordinarie possibilità di sviluppo che il pianoforte ci consente e ne parlo con i giovani compositori presenti in sala, Marco Benetti, Giuseppe Franza (1995) e Paolo Cipollini (1989).
Pianoforte preparato o non preparato?
Avendo una storia recente, «il pianoforte preparato rimane uno strumento ancora dalle immense possibilità», ci ricorda Marco Benetti, che attraversa una fase di esplorazione della tastiera per un suo percorso interno contrario alla pratica usuale dei suoi colleghi compositori. Secondo il toscano Paolo Cipollini il pianoforte è uno strumento che ha ancora molte potenzialità, soprattutto per la sua componente rumoristica. «Certamente – dice – la preparazione permette una palette timbrica più allargata». Di sicuro fondamentale per la creazione di un mondo sonoro legato alla drammaturgia di un immaginario, come nel caso di Cipollini, che a IDEA ha presentato Dove fuggite alla vista di un uomo?, una riflessione in musica sul libro Straniero del filosofo Umberto Curi. Ben diverso è l’approccio del salernitano Giuseppe Franza (classe 1995), che parte da una visione più astratta – e quindi da una necessaria preparazione dello strumento – per affrontare il contrasto tra illusione e realtà. «Per il brano Spotting illusions – racconta il compositore – ho immaginato uno spazio acustico in cui si delineavano due oggetti: un gesto lento e costante da un lato, e delle apparizioni violente e fugaci dall’altro».
Per tutta la serata ricorre un tema, sottolineato dalle parole di Sandro Gorli e nel dialogo con i musicisti: la forza straordinaria dell’invenzione (sempre affermativa) e la nascita della musica.
Suono o idea, dove nasce la musica?
Secondo Marco Benetti «il punto di partenza per un brano è cangiante ogni volta. Può essere un aspetto tecnico, un’idea sonora, un’intuizione extra-musicale, come la lettura di un libro di astrofisica», per Alessio Bernardini (Civitavecchia, classe 1997), invece, «l’approccio compositivo parte da un’idea generale e dal modo in cui questa può essere meglio espressa dagli strumenti per cui mi trovo a comporre.» Per Paolo Cipollini, il punto di partenza è l’idea che può essere tecnica o meno ma è dopo averne tratteggiato i confini che arriva il suono.
In copertina: i compositori Paolo Cipollini, Giuseppe Franza, Marco Benetti (foto Alberto Panzani)