Dal testo della Nöstlinger De Capitani mette in scena un monologo interessante e interpretato da una grande Cristina Crippa
“Tutti gli adulti sono stati bambini. Ma pochi di essi se ne ricordano”, scrive Antoine de Saint-Exupéry in uno dei suoi passi più conosciuti e abusati. Eppure, talvolta (giusto per passare da una citazione iperpopolare ad un’altra), è sufficiente che il sapore di una madeleine inzuppata nel tè sfiori il nostro il palato per risvegliare il ricordo dell’infanzia e sprigionarne con forza tutta la magia.
Assistere alla messa in scena de Il bambino sottovuoto, fiaba moderna e scanzonata di Christine Nöstlinger, ha lo stesso effetto. Dopo pochi minuti dall’inizio del monologo diretto da Elio De Capitani, la realtà comincia a rarefarsi. La quotidianità, con il suo scarico di scadenze e responsabilità, si avvia oltre il portone del teatro per andare a farsi un giro e lasciarci in balìa della nostra fantasia, liberi di riscoprire la poesia dell’incanto.
il compito di narrare gli accadimenti è affidato a Berta Bertolucci, l’eccentrica protagonista della storia. Nei suoi coloratissimi panni, Cristina Crippa si muove perfettamente a suo agio. Disordinata, anticonformista ed esuberante: l’improvvisata mamma del piccolo Marius è una forza della natura. Scende dal palco per avventurarsi tra le fila della platea, intona scurrili canzonette dall’alto di una sedia e rinfresca l’anima degli spettatori con una frizzante ventata di irresistibile leggerezza.
Accanto a lei, non fisicamente presente sul palco ma rievocato dalla voce e dai gesti dell’attrice, c’è il piccolo Marius: un bimbo sottovuoto, realizzato e confezionato per essere obbediente e perfettamente educato. È la sorte, che spesso si diverte a sovvertire l’ordine naturale delle cose per regalare alle vite esiti inaspettati, a farli incontrare. In un surreale quanto esilarante scambio di ruoli, i due imparano a conoscersi e ad amarsi. Lui, diligente e incapace di trasgredire le regole, osserva con curiosità lo strampalato stile di vita della sua nuova mamma. Lei, entusiasta per un dono prezioso che non sperava più di ricevere, impara a prendersi cura di quel figlio tanto inatteso quanto desiderato.
Quando in sala le luci si riaccendono l’incantesimo del ritorno all’infanzia lentamente svanisce ma, tra gli spettatori più grandi del monologo, si fa spazio la consapevolezza di aver assistito semplicemente a una fiaba ma di essere stati conquistati da un ritratto inconsueto e profondo della genitorialità. L’amore che si prova verso un figlio non nasce dalla somiglianza o da una decisione presa a tavolino: è quello che ci coglie di sorpresa e ci travolge nella sua spontaneità. Questo, insomma, non è uno spettacolo per bambini. O meglio, non è uno spettacolo solo per loro.
(Foto di Laila Pozzo)
Il bambino sottovuoto, di Christiane Nöstlinger, al Teatro Elfo Puccini fino al 22 gennaio 2016